InfoAut
Immagine di copertina per il post

L’esercito israeliano spegne i sogni di Dheisheh

Cisgiordania. Nel campo profughi laboratorio della sinistra palestinese si vive l’angoscia per le bombe che piovono su Gaza e la preoccupazione per le incursioni dell’esercito israeliano

Fonte: Michele Giorgio, DHEISHEH (BETLEMME), da Invicta Palestina

Khaled Seifi, 60 anni compiuti da poco, ha passato gran parte della vita a realizzare progetti per i giovani, in particolare quelli del suo campo profughi, Dheisheh, alla periferia di Betlemme. «Ho insegnato per 15 anni – ci diceva domenica scorsa – e quel periodo mi è servito a capire cosa pensano, desiderano e sognano i giovani. Ogni palestinese, giovane o anziano, vuole la libertà, poter vivere senza l’occupazione israeliana, però i giovani hanno più creatività, immaginano cose che un adulto non riesce più a vedere. Per questo, lavorare con loro è stimolante, mi sorprendono sempre». Giovani che non possono vivere come i loro coetanei nel resto del mondo a causa dell’occupazione e delle restrizioni che essa impone. «Quando insegnavo – ci ha detto Seifi – su una classe di 40 ragazzi solo tre o quattro avevano visto il mare. Il Mediterraneo è a un’ora da qui, c’è il Mar Morto, il Mar Rosso ma qui quasi nessuno li ha visti». Il progetto più riuscito di Khaled Seifi è l’«Ibdaa Cultural Center», un’associazione che garantisce formazione al lavoro alle donne, sostegno scolastico ai ragazzi, sviluppo culturale e sportivo «all’interno – ci spiegava Seifi – della cultura democratica e dell’accettazione degli altri, lontano da tutte le forme di pregiudizio». D’altronde, ci tiene a sottolineare, «il campo di Dheisheh è sempre stato un punto di riferimento della sinistra palestinese e del pensiero progressista». I murales e i poster dei «martiri» con il simbolo del Fronte popolare o la falce e martello, visibili ovunque, lo confermano.

Poco prima dell’alba di giovedì, durante l’ennesima incursione di truppe israeliane all’interno di Dheisheh, Khaled Seifi è stato arrestato da soldati israeliani. Ci aveva detto di aver subito arresti «tante volte come tutti i palestinesi». E che le truppe israeliane, sebbene «Ibdaa» sia conosciuto per le sue attività sociali, sono entrate più volte nel centro distruggendo i computer e causando danni per 600mila shekel (circa 150mila euro). Quindi aveva posto l’attenzione su di un punto fondamentale: «All’estero credono che la guerra qui sia cominciata il 7 ottobre e che da allora riguardi solo Gaza. Non è così. Da quel giorno in Cisgiordania la situazione è peggiorata, ma era terribile anche prima». Il mondo, aveva proseguito, «non sa ciò che succede qui. I membri della nostra associazione, ad esempio, vengono presi di mira, molestati e arrestati. Io sono malato, ho bisogno di cure a Gerusalemme che è a pochi chilometri ma non posso uscire da Betlemme. Se provo ad andare in Giordania, non mi fanno passare». Ieri la famiglia Seifi attendeva di sapere se Khaled oggi tornerà in libertà o se il suo arresto sarà prolungato dai giudici militari israeliani. Il rischio è quello di una detenzione «amministrativa», senza accuse e per mesi.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Associazione dei Prigionieri Palestinesi, dal 7 ottobre in Cisgiordania sono state arrestate oltre 6mila persone, tra cui minori, donne, anziani ed ex prigionieri politici. E Dheisheh, noto per essere un «laboratorio politico», è bersaglio frequente dei raid militari da ben prima del 7 ottobre. Ayman Moheisen, 29 anni, lo conoscevano tutti. Girava per Dheisheh con il suo carretto attrezzato per preparare il caffè che vendeva ai manovali diretti al lavoro poco dopo l’alba. L’hanno ucciso il 2 giugno 2022 i colpi sparati da un’unità speciale israeliana entrata nel campo alle prime luci del giorno con un raid improvviso per arrestare «ricercati». Al lancio di sassi da parte di giovani, i soldati fecero fuoco. Un proiettile uccise sul colpo l’ambulante all’ingresso del campo. I suoi genitori ci accolgono in una casa povera e buia come lo sono gran parte di quelle costruite dalle Nazioni unite negli anni ’50 per dare velocemente un tetto ai profughi palestinesi della Nakba nel 1948. Umm Ayman e suo marito ci raccontano del figlio ucciso, «un bravo ragazzo che pensava a lavorare e a come aiutare la famiglia», all’arresto dell’altro figlio e ai cinque giovani del campo uccisi e alle decine di feriti e arrestati dall’esercito israeliano negli ultimi due anni. Si tratta di un bilancio di vittime elevato se si considera che Dheisheh, pur essendo politicamente molto attivo – lo è da sempre – non è una roccaforte di combattenti armati come Jenin, Nablus e Tulkarem.

Di Dheisheh, visitato dagli ultimi papi in visita in Terra santa, si è scritto e detto tanto, soprattutto per la sua partecipazione alla prima Intifada, popolare e molto partecipata – dal 1987 al 1993, quando furono firmati dall’Olp con Israele i falliti Accordi di Oslo – che portò al mondo intero e sui tavoli della diplomazia internazionale la questione palestinese e l’occupazione militare. Il campo pagò a caro prezzo anche la risposta israeliana alla seconda Intifada cominciata nel 2000. Restò comunque un punto di riferimento per movimenti e gruppi della sinistra stranieri e palestinesi. E un simbolo di solidarietà tra profughi palestinesi nei Territori occupati e quelli in Libano, Siria e Giordania. Nel centro «Ibdaa» alla fine degli anni ’90 Khaled Seifi e i suoi colleghi misero in piedi una sala con computer collegati alla rete per stabilire contatti tra profughi. Un documentario, «Frontiers of Dreams and Fears», della regista Mai Masri, racconta i legami che Dheisheh strinse con il campo di Shatila a Beirut. È la storia di due ragazze, Mona di Shatila e Manar di Dheisheh, e della loro amicizia che si sviluppa attraverso e-mail e lettere in cui condividono i loro sogni della Palestina futura. Mona e Manar affrontano sfide diverse, ma la perdita della terra è la causa comune delle loro situazioni di vita. Il momento più alto del film è al confine tra Libano e Israele, dove Mona e Manar e molte famiglie di profughi si incontrano per la prima volta dopo il ritiro, a fine maggio del 2000, delle truppe israeliane dal sud del paese dei cedri. La gente si bacia e si abbraccia tra il filo spinato che buca le mani, scorre del sangue ma nessuno sente dolore. Tra le lacrime alcuni urlano i nomi della loro famiglia e del loro villaggio d’origine. Una donna dal versante libanese grida «Come posso toccare la terra palestinese?», un ragazzo di Dheisheh raccoglie della terra in una bottiglia di plastica e la consegna alla donna. Poi arrivano i soldati israeliani e allontanano tutti dalla recinzione.

Ventiquattro anni non è cambiato nulla. E se qualcosa è cambiato per i profughi palestinesi, è solo in peggio. Dheisheh, come ogni centro abitato cisgiordano alla periferia della guerra, vive con angoscia il calvario di Gaza, delle bombe che uccidono e feriscono ogni giorno decine di civili. Il clima si fa più pesante e violento per tutti i palestinesi in Cisgiordania che affrontano inoltre un deterioramento della situazione economica e la mancanza di lavoro, frutto delle chiusure e restrizioni imposte dalle autorità militari dopo il 7 ottobre. Narmin ci racconta dell’ansia del marito, giunto anni fa da Rafah e da allora residente nel campo. «È in pena – dice – pensa ai parenti sin pericolo a Rafah e teme per me e i nostri bambini esposti ai raid militari qui a Dheisheh». Anche ieri scontri, raid militari e arresti in Cisgiordania. Incursioni e rastrellamenti ad Al-Khader, a sud di Betlemme, Kafr Thuluth, a est di Qalqilya, e nel campo di Balata, a est di Nablus. A Umm Safa, a ovest di Ramallah, i contadini hanno provato a raggiungere le loro terre coltivate vicine ad un insediamento coloniale ma l’esercito li ha fermati.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

cisgiordaniaDheishehisraelepalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La lotta per fermare il genocidio nelle università statunitensi: un reportage dall’Università del Texas

Abbiamo tradotto questo interessante reportage apparso su CrimethInc sulle proteste che stanno coinvolgendo i campus degli Stati Uniti contro la complicità del governo USA nel genocidio del popolo palestinese.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Contestati i ministri della guerra al Politecnico di Torino

Riceviamo e ricondividiamo il comunicato del CUA di Torino sulla contestazione di ieri al convegno istituzionale tenutosi alla sede del Valentino del Politecnico. Ieri mattina un gruppo di student3 dell’Università di Torino ha contestato il convegno a porte chiuse che si è tenuto al castello del Valentino su tecnoscienza e intelligenza artificiale, con ospiti di […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Milano: 25 Aprile con la resistenza palestinese

Milano – Per un 25 Aprile con la Palestina, Piazza Duomo h. 13:30.
La Resistenza non è soltanto memoria, ma è oggi. Palestina libera!

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Messico: i Me`phaa di Tilapa creano sistema di giustizia a difesa del loro territorio

Il popolo Me`phaa di Tilapa, Guerrero, ha presentato il proprio sistema di giustizia denominato Sicurezza di Protezione Territoriale Indigena (Serti), per “difendere il territorio da una prospettiva indigena, olistica e integrale”, di fronte alle minacce di progetti minerari, saccheggio territoriale e controllo dei gruppi del crimine organizzato.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Protezione Civile: 2.000 palestinesi scomparsi a seguito del ritiro delle forze israeliane da alcune aree di Gaza

La Difesa civile della Striscia di Gaza ha rivelato in un comunicato divulgato domenica che circa duemila palestinesi sono stati dichiarati dispersi in varie aree dell’enclave dopo il ritiro delle forze di occupazione israeliane (IOF) da esse.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Un documento trapelato dal New York Times su Gaza dice ai giornalisti di evitare le parole: “Genocidio”, “Pulizia Etnica” e “Territorio Occupato”

Nel mezzo della battaglia interna sulla copertura del New York Times riguardo la guerra di Israele, i principali redattori hanno emanato una serie di direttive.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

USA per la Palestina: dipendenti Google licenziati e studenti alla Columbia University sgomberati dalla polizia

Negli Stati Uniti proteste in corso a sostegno del popolo palestinese, per il quale diversi settori della società civile si sono mobilitati.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Giornata di mobilitazione per il clima e a sostegno della Palestina.

Da Nord a Sud Italia questa mattina lo sciopero climatico lanciato da Fridays For Future ha riempito le piazze di giovani e giovanissimi che hanno ribadito le connessioni stringenti tra la devastazione dei territori e le guerre, rappresentando un forte grido in sostegno alla Palestina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Appello alla mobilitazione in sostegno alla popolazione di Gaza ed alla resistenza palestinese

Ci appelliamo a tutt3 coloro che vogliono sostenere la resistenza del popolo palestinese per difendere una prospettiva universale di autodeterminazione, uguaglianza, equità e diritti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Attacco iraniano a Israele: quali conseguenze per il Libano?

Lo Stato ebraico potrebbe intensificare la lotta contro Hezbollah, ma secondo gli esperti una guerra aperta sul territorio libanese è improbabile.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Sui fatti di ieri, rispondiamo ai Ministri.

Sui fatti di ieri, tutti i ministri presenti si sono spesi in dichiarazioni abbastanza perentorie e retoriche ai giornali, come al solito ribaltando la realtà e ricostruendo uno scenario molto fantasioso su quelle che sono state le dinamiche della piazza di contestazione.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Parigi: marcia contro il razzismo e islamofobia vietata dalla prefettura.

Il 21 aprile è prevista una importante marcia contro il razzismo e l’islamofobia, per la tutela dei giovani che nei quartieri popolari sono sistematicamente obiettivo della violenza e del razzismo della polizia e dello Stato.