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Leopoldo, combattente italiano in Rojava: “la Turchia si prepara ad attaccare Kobane”

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 A poche settimane dal 5° anniversario della liberazione di Kobane da ISIS, grazie alla resistenza e al sacrificio di migliaia di donne e uomini che hanno dato la vita per difendere la rivoluzione del Rojava, Leopoldo, un nostro compagno che si trova in Rojava per combattere nelle YPG, ci informa sulla situazione attuale.

Dopo che l’attacco turco nei confronti dei territori della rivoluzione aveva riempito le prime pagine dei giornali di tutta Europa, ormai da qualche mese è calato il silenzio su quanto sta accadendo nel nord-est della Siria, al netto di una situazione che però non è mutata. Gli attacchi da parte della Turchia continuano, ma continua anche la resistenza della popolazione e delle Forze Siriane Democratiche. Siamo convinti che l’attacco alla rivoluzione confederale ci riguardi profondamente: non solo perché quella del Rojava è la rivoluzione del nostro secolo, non solo in segno di rispetto e gratitudine per le migliaia di donne e uomini che hanno dato la vita per sconfiggere lo stato islamico, tra cui il nostro connazionale Lorenzo Orsetti, ma anche perché ci parla chiaramente di una nostra parte che, ad altre latitudini, combatte uno scontro che è anche quello che combattiamo qua, per la redistribuzione della ricchezza, contro la guerra, il patriarcato e la catastrofe ecologica, con l’obiettivo di costruire un mondo più libero, giusto e umano. In questo senso, nelle settimane e nei mesi che verranno sarà fondamentale il contributo che ciascuno di noi potrà dare nel supportare la rivoluzione, manifestando, informando, mettendo alle strette il nostro governo per quanto riguarda i rapporti economici con la Turchia, costruendo campagne di boicottaggio contro le aziende italiane che collaborano con l’economia di guerra turca.

 

Un breve aggiornamento dalla Confederazione Democratica della Siria del Nord-Est.

In questo momento mi trovo nella città di Kobane. La situazione venutasi a creare dopo l’occupazione militare – prima di Afrin e, a settembre scorso, delle città di Girê Spî e Serekaniye – da parte dell’esercito turco appoggiato dai cosiddetti ribelli siriani è, a dispetto delle apparenze, di costante conflitto. Le dichiarazioni di cessate il fuoco non sono mai state rispettate. 

In questi mesi continui scontri sono avvenuti nei villaggi intorno a Sheba, Til Tamir, Ayn Issa e Girê Spî. Scontri che, nell’ultima settimana, hanno visto un’intensificazione notevole. Le previsioni sono quindi che in pochi mesi potrebbe ricominciare un conflitto ad alta intensità. 

Probabilmente il passo successivo di questa campagna d’occupazione sarebbe proprio la città di Kobane. Dico questo perché, da alcune settimane a questa parte, diversi mezzi dell’esercito turco e diversi uomini sono stati mandati al confine con la Siria proprio qui, di fronte a Kobane, e anche a causa dei risultati del vertice tenutosi poche settimane fa tra Russia, Turchia e regime siriano. Un vertice, fra l’altro, dove il regime siriano ha potuto interloquire direttamente con il governo turco, in una forma in cui non avveniva da diversi anni. Ebbene, dopo questo vertice i ribelli siriani si sono ritirati dall’M4, che è uno snodo importantissimo per gli approvvigionamenti ad Aleppo e Damasco, lasciando quindi di fatto la strada nelle mani delle forze russe e del regime siriano. Sicuramente è stato chiesto qualcosa in cambio: probabilmente, appunto, un via libera per l’attacco nella città di Kobane. 

Gli effetti di questi cinque mesi di occupazione sono senza dubbio percettibili e devastanti dal punto di vista umanitario. Oltre alle vittime, migliaia sono gli sfollati delle città di Girê Spî e Serekaniye che stanno trascorrendo l’inverno in strutture provvisorie allestite dall’auto-amministrazione in tutto il territorio della Siria del Nord-Est. A questi si sommano anche i profughi che stanno arrivando da Idlib. Infatti, con la ripresa e l’intensificarsi del conflitto nella regione, in molti hanno deciso di scappare nei territori della Siria del Nord. L’amministrazione sta accogliendo queste famiglie e cercando per loro una sistemazione degna, ma non senza difficoltà. Infatti, ad oggi, gli aiuti arrivati da fonti esterne per fronteggiare questa emergenza sono pressoché nulli, e l’auto-amministrazione si trova sulle spalle questo peso da dover gestire completamente da sola.

Un altro effetto dell’occupazione in atto è una pesante inflazione e svalutazione della lira siriana, che ha fatto triplicare il prezzo dei beni, anche quelli di prima necessità. Una prima risposta è stata data dall’autogoverno, che ha immediatamente innalzato i salari e ha cercato di calmierare i prezzi dei generi di primissima necessità, ma rimane un grandissimo problema e tanto c’è ancora da fare.

A dispetto di questi problemi che l’occupazione ha implicato, la popolazione, qui nella città di Kobane, si sta organizzando tutta per far fronte al possibile attacco. Si comincia a organizzare la resistenza. Come questa città è stata simbolo della resistenza contro lo stato islamico, lo sarà ancora contro l’attacco del governo turco e delle bande jihadiste che di fatto supportano questa invasione militare.

 

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