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L’uso militare del cane–robot Spot è solo l’inizio

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Dopo cinque anni di video innocui, che facevano sorridere e spesso empatizzare con Spot, il cane robot di Boston Dynamics ora è ritratto accanto ai mitra dell’École spéciale militaire de Saint–Cyr. Ed è in buona compagnia: i progetti di robotizzazione degli eserciti procedono a ritmo sempre più spedito in tutto il mondo

Il migliore amico dell’uomo, armato: potrebbe essere il titolo del video postato su Twitter dalla principale scuola militare francese, l’École spéciale militaire de Saint–Cyr. Nel video c’è anche Spot, il cane-robot della statunitense Boston Dynamics. Spot è lo stesso robot che abbiamo visto tante volte bonariamente preso a calci per testarne l’equilibrio. Ora fa un po’ meno tenerezza nel suo ruolo di ricognitore a fianco dei soldati durante una due giorni di esercitazioni militari, descritta dalla scuola francese di arti combinate come indirizzata a “sensibilizzare gli studenti alle sfide di domani,” come la “robotizzazione del campo di battaglia.”

La robotizzazione, cioè l’inclusione di dispositivi semi-autonomi, viene propugnata come imprescindibile per “risparmiare vite umane,” un po’ quello che pensava Richard Gatling prima di immettere la sua mitragliatrice sul mercato durante la guerra civile americana.

Ascoltando i militari dell’esercito francese, pare di assistere a una promozione pubblicitaria: “Durante la fase di combattimento urbano in cui non usavamo robot, sono morto. Ma non sono morto quando abbiamo chiesto al robot di eseguire prima una ricognizione,” ha detto un soldato al quotidiano France Ouest.

Spot, da robotino sfortunato, goffo e relatable è ormai a tutti gli effetti un robot di uso militare. Non dovremmo sorprenderci: i cani-robot non sono mai stati progettati come compagni per la vita degli esseri umani. Da Samantha di Her ad Ava di Ex Machina, nella fiction i robot ci vengono spesso presentati come alter ego umani, con aspirazioni e desideri da studiare e forse temere; nella realtà, il loro utilizzo è spesso puramente bellico. Non è il caso di Spot, che pesa una trentina di chili, è telecomandato, ricoperto di telecamere e progettato per tutti i tipi di terreno — anche per questo spesso compare nei cantieri e nelle miniere — che è stato progettato per un uso generalista e la vendita commerciale anche verso aziende private. Boston Dynamics, infatti, ha dichiarato di “non sapere niente” delle esercitazioni in Francia – dove Spot è solo uno tra molti dispositivi radiocomandati testati.

Il vicepresidente per lo sviluppo commerciale di Boston Dynamics Michael Perry ha scaricato la responsabilità sul distributore europeo, la Shark Robotics — ma sembra una scorciatoia troppo comoda. L’azienda, infatti, era infatti a conoscenza del fatto che i propri robot sono utilizzati dal governo francese, e ha inoltre una lunga storia di sviluppo di robotica per i corpi armati statunitensi. Ciononostante, insiste sul fatto che le condizioni di Spot “ne vietano l’utilizzo per danneggiare o intimidire,” stabilendo come discrimine morale intoccabile il fatto che “non siano armati.” Deve essere stato proprio per le sue capacità calmanti che è stato utilizzato in qualità di dissuasore dalla polizia di Singapore.

La domanda è: le ricognizioni, che seguono criteri accettabili dal punto di vista legale ma non da quello morale, determinano o meno un’aggressione militare, possono non essere considerate come “utilizzo bellico offensivo?” La risposta, tecnicamente, è no.

Quando anche i governi di Stati Uniti e Cina hanno deciso di investire sui quadrupedi robot, rispettivamente con la Ghost e la Unitree Robotics, nessuno si è preso la briga di dichiarare che questi robot sarebbero stati disarmati, dato che queste aziende non hanno una significativa branca commerciale. Solo poche settimane fa, Unitree ha postato un video in cui mostra i propri cani–robot muoversi in perfetta sincronia. Nel video, rifiniti interamente in vernice nera, i robot si muovono con in sottofondo la Marcia imperiale dell’Impero colpisce ancora.

I governi di tutto il mondo spingono per portare nel campo di battaglia robot e veicoli guidati in remoto, in primis con i droni radiocomandati e le macchine a guida automatica. Queste macchine possono velocemente diventare dei carri armati a grandezza naturale, come il centinaio di T-14 Armata dell’azienda Uralvagonzavod in dotazione all’esercito russo, o essere più piccoli e maneggevoli, come DOGO, il primo robot armato operativo al mondo, realizzato dall’israeliana General Robotics per le forze di Israele, India e Francia – da usare, si intende, con “finalità antiterroristiche.”

Con il successo crescente di queste armi, alcuni si chiedono quale sia il loro margine di progressiva indipendenza — il famoso paradigma della macchina che “impazzisce” e decide per sé stessa — o della loro manovrabilità esterna da parte di hacker. In pochi però si pongono una domanda più concreta, ovvero quale sia il loro potenziale distruttivo già ora. “Gli sciami di droni grandi poco più di un’ape hanno una capacità omicida pari a quella delle armi nucleari, ma sono molto più semplici da costruire, economiche e scalabili,” sintetizza il pioniere degli studi sull’AI Stuart Russell al New York Times. E nel caso in cui queste armi non fossero poi così efficienti, il rischio cambia ma non diminuisce, dati per esempio i pregiudizi intrinsechi inseriti anche inconsapevolmente da programmatori e creatori — un caso esemplare sono i malfunzionamenti razzisti degli algoritmi di Google e Twitter.

L’evanescente ricompensa del risparmio di vite e il grosso investimento economico fanno una certa gola, e d’altra parte non ci si può permettere di restare indietro in un mondo – quello bellico – che funziona solo al rialzo: per questo gli eserciti di tutto il mondo si pongono poche domande e continuano a investire. Nel 2018 il capo di stato maggiore della difesa britannico Nick Carter prevedeva che nel prossimo futuro fino a un quarto del corpo nazionale sarebbe probabilmente consistito in sistemi autonomi o semi-autonomi.

Ma non pensate di essere al sicuro, se per ora il vostro Paese non è invaso da nessuno. Come molte invenzioni militari, gli usi di queste macchine vengono facilmente estesi al settore delle forze dell’ordine. Palmer Luckey, fondatore di Anduril Industries, di Oculus Rift e noto finanziatore di gruppi trumpisti ha da poco messo in commercio gli Interceptor, dei “droni che uccidono droni” usati dall’esercito americano anche per pattugliare il confine con il Messico.

Giulia Giaume

da The Submarine

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