InfoAut
Immagine di copertina per il post

I migranti-prigionieri di Karmooz: da 112 giorni detenuti in Egitto

Da 10 giorni Mohammed e altri 49 migranti siriani e palestinesi rifiutano il cibo per avere indietro la libertà, nel silenzio delle organizzazioni internazionali mondiali. Mentre in Italia si levano le voci di chi grida all’invasione islamista, il dramma reale è quello dei migranti che tentano di raggiungere le nostre coste: per la prima volta l’anno appena trascorso ha visto l’arrivo di siriani e palestinesi, migranti di guerra e non di fame.

«Ho deciso di lasciare la Siria all’inizio del 2014 – racconta al manifesto Mohammed, dalla stazione di polizia di Karmooz – La situazione era degenerata». Gli anni precedenti Homs, ribattezzata dai media occidentali «la sposa della rivoluzione», era diventata roccaforte delle opposizioni dell’Esercito Libero Siriano, ma anche di gruppi islamisti come al-Nusra. Dopo tre anni di assedio, Damasco ha ripreso la città.

«Ero ricercato dalla polizia siriana perché non avevo svolto il servizio militare. Lavoravo come direttore di un’organizzazione per bambini del campo. La mia attività, come quella di altri attivisti, era malvista. Vivevamo nella paura di raid dentro il campo, c’erano molti arresti e alla fine, dopo una bomba in un negozio, la gente del campo ha cominciato a far pressione sui gruppi armati ribelli perché consegnassero se stessi e le armi. Poco dopo ho deciso di lasciare Homs».

Il 23 febbraio 2014 Mohammed saluta i genitori e la sorella. Per affidarsi nelle mani di un trafficante siriano: «Ho pagato mille dollari per farmi portare in Turchia e poi in Italia – continua – Amici che avevano compiuto la traversata prima di me mi avevano dato informazioni. Avevo optato Svezia, dove vivono mia sorella e mia zia, ma mio fratello minore è riuscito ad arrivare in Olanda. Quella era la mia nuova meta».

Quella mattina alle 8 Mohammed sale su un’auto insieme ad altri palestinesi in fuga. L’autista riesce a portarli al di là del primo checkpoint governativo, per entrare nelle zone controllate ancora da sacche di ribelli: «Il primo giorno abbiamo attraversato 4 checkpoint, ogni volta il cuore mi balzava in gola». I giorni successivi Mohammed e i suoi compagni di viaggio cambiano tre auto e tre autisti, passano posti di blocco dello Stato Islamico e delle opposizioni, verso nord attraverso Hama e Aleppo. Fino a Bab al-Hawa, frontiera con la Turchia: «La notte precedente al grande salto non abbiamo chiuso occhio. La mattina dopo a bordo di una barca abbiamo attraversato un fiume. Eravamo in Turchia. Ma non era finita: siamo rimasti là per dei mesi, aspettando che un barcone ci portasse in Europa».

Ad ottobre il gruppo di siriani e palestinesi si era ingrossato: 104 persone. Era ormai l’ora della partenza: il 25 ottobre comincia il viaggio, nove giorni in mare. «In acque internazionali abbiamo scoperto che il trafficante aveva intascato tutto e non aveva versato la quota al proprietario del barcone. È iniziato il nostro calvario: ci hanno trasferito da una barca all’altra sotto la minaccia delle armi. Dicevano di volerci gettare a mare. Alla fine ci hanno abbandonato in un’isola egiziana disabitata».

Era il 1 novembre. È spuntato un telefono, qualcuno ha chiamato in Egitto. Poco dopo la guardia costiera egiziana è giunta a portarli in salvo, nel porto di Abukir. «Quella stessa sera ci hanno rinchiuso nella stazione di polizia di Karmooz, a Alessandria – ci racconta Mohammed – Ci hanno diviso in tre gruppi e mandato in tre diverse celle-dormitorio. Sono cominciati gli interrogatori, prima della polizia, poi della procura generale. Il Cairo ha trovato un accordo con la Coalizione Nazionale Siriana [la federazione delle opposizioni moderate al presidente Assad, ndr] e deciso di liberare i cittadini siriani. Solo loro. Così 31 siriani con in mano il passaporto sono stati rimandati in Turchia dove sono stati accolti dalla Coalizione, gli altri 15 siriani senza passaporto sono ancora in Egitto. Noi, palestinesi rifugiati, non contiamo abbastanza: siamo tutti detenuti, tutti e 58. Siamo prigionieri ‘liberi’, non siamo ufficialmente accusati di nulla né detenuti ma non possiamo andarcene».

Sono 73 quelli ancora rinchiusi a Karmooz: tra loro 8 donne e 15 bambini. Hanno aperto una pagina Facebook, Karmooz Refugees, e 50 di loro hanno lanciato il 9 febbraio lo sciopero della fame: «L’ambasciata palestinese in Egitto non fa nulla. Anzi, ci fa pressioni per farci accettare qualsiasi soluzione. Di che soluzione parlano? Non ce ne sono e noi vogliamo solo tornare dalle nostre famiglie. L’Unhcr ci assicura un pasto al giorno: riso, un pezzo di pane, un pomodoro e un cetriolo. Ogni due settimane un medico Onu ci visita, in molti casi servono analisi approfondite, ma non possiamo uscire. Non c’è riscaldamento: per la notte abbiamo tre coperte a testa, una la usiamo come materasso. Siamo stanchi».

Prigionieri di trafficanti di uomini prima e ora delle autorità egiziane, quelle del nuovo alleato di ferro al-Sisi la cui crociata anti-islamista va premiata, dicono Washington e Bruxelles. Tanto a pagare sono gli ultimi.

da Il Manifesto

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

Egittokarmoozmigrantipalestinesirifugiatiturchia

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non ci sarebbe mai stata una fase due, il cessate il fuoco era la strategia

Il cessate il fuoco, come i negoziati, sono diventati un altro campo di battaglia in cui Tel Aviv temporeggia e Washington ne scrive l’esito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cile: le grandi possibilità del nazi Kast di essere presidente

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Cile di ieri sono terminate in modo triste e prevedibile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: corteo “Show Israel Red Card” contro la partita della vergogna tra Virtus e Maccabi Tel Aviv

Ieri, venerdì 21 novembre, corteo a Bologna contro la partita della vergogna, quella di basket tra Virtus e Maccabi Tel Aviv prevista alle 20.30 al PalaDozza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ecuador: il trionfo di un popolo che non rinuncia alla sua sovranità

Nel referendum del 16 novembre il popolo ecuadoriano ha detto NO

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: il Giappone ai tempi del neogoverno nazionalista della Premier Sanae Takaichi

A livello internazionale, una delle prime mosse della Takaichi è stata aprire un profondo scontro diplomatico con Pechino

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Medici per i diritti umani denuncia uccisioni prigionieri di Gaza nelle carceri israeliane

Il nuovo rapporto diffuso da Medici per i diritti umani-Israele (Phri) apre uno squarcio ulteriore su un sistema detentivo che negli ultimi due anni ha raggiunto un livello di letalità senza precedenti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

«La cosa più importante è salvare il maggior numero possibile di vite umane e infrastrutture in Ucraina»

Maidan illustra quindi i principali dilemmi dei movimenti e delle mobilitazioni globali: la classe operaia ha una capacità molto limitata di organizzarsi, di articolare gli interessi di classe e di fornire almeno una leadership nazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Tunisia, a Gabes respirare è diventato un atto di resistenza

Abbiamo tradotto questo articolo di inkyfada.media che racconta la vicenda di Gabes, un paese in Tunisia dove da mesi continuano proteste significative a causa di un polo chimico che mette a rischio la salute della popolazione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Torino: Assemblea Popolare del coordinamento cittadino Torino per Gaza

Pubblichiamo il comunicato di invito all’assemblea popolare di Torino per Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: “Show Israel the Red Card”. Il 21 novembre la manifestazione contro la partita di basket Virtus-Maccabi Tel Aviv

Venerdì 21 novembre a Bologna è prevista la partita di basket di Eurolega tra Virtus e Maccabi Tel Aviv, la cui curva è nota per le sue idee suprematiste e razziste.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Tubercolosi al Neruda: no alle speculazioni sulla malattia

Riprendiamo il comunicato del Comitato per il diritto alla tutela della salute e alle cure del Piemonte sulla vicenda che vede coinvolto lo Spazio Popolare Neruda.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Il problema è il Neruda o l’assenza di prevenzione?

Questa mattina è uscita la notizia su “La Stampa” e altre testate locali riguardo alla presenza di alcuni casi di tubercolosi all’interno dello Spazio Popolare Neruda.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Anche con l’avvenuto scioglimento del Pkk, la fine del conflitto curdo-turco appare lontana

Nonostante il PKK si sia auto-dissolto con il XII Congresso, da parte di Ankara non si assiste a comportamenti speculari.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

2025. Los Angeles. California

Il 6 giugno, agenti dell’ICE hanno condotto blitz in vari punti della città: Fashion District, Home Depot e una grossa azienda tessile. Oltre cento arresti. da Nodo Solidale Le strade hanno risposto: molotov, blocchi di cemento, barricate e auto in fiamme. I manifestantihanno resistito con determinazione, trasformando la città in un campo di battaglia contro […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Pkk annunciato lo scioglimento della struttura organizzativa e la fine della lotta armata

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, il Pkk, ha annunciato di avere tenuto a inizio maggio il 12/mo congresso, che ha deciso di sciogliere la struttura organizzativa e porre fine alla lotta armata.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Collaborazione tra industrie delle armi italiane e turche: lunedì mobilitazione a Torino contro il “Forum Turchia”

Lunedì 12 maggio a Torino si terrà il forum “Turchia: un hub verso il futuro”, promosso dalla Camera di Commercio con l’obiettivo dichiarato di “rafforzare la cooperazione economica” tra Italia e Turchia nei settori dell’aerospazio, dell’automotive e della digitalizzazione.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Il Consiglio dei Ministri approva il decreto sicurezza

Blitz del governo, approvato il decreto Sicurezza, varato dal governo Meloni nel Consiglio dei ministri di ieri sera.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Lettere dal nuovo incubo americano

USA. Persone migranti, non importa se regolari o meno, vengono rastrellate per strada, sequestrate da uomini dal volto coperto e senza divise o distintivi, e sbattute in pulmini neri per poi scomparire nei centri di detenzionea dell’ICE (U.S. Immigration and Customs Enforcement).

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Turchia: l’arresto di Imamoglu scatena nuove proteste contro Erdogan

In Turchia sono scoppiate massicce proteste dopo che le autorità giudiziarie – all’interno di una vasta operazione contro centinaia di persone –  hanno arrestato Ekrem Imamoglu, il sindaco di Istanbul, pochi giorni prima che venisse scelto come candidato del partito di opposizione laico CHP alle presidenziali.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

PKK: rispetteremo l’appello del leader Öcalan, dichiariamo il cessate il fuoco

Il Comitato esecutivo del PKK ha dichiarato in un comunicato: “Siamo d’accordo con il contenuto dell’appello del leader Öcalan” e dichiariamo un cessate il fuoco a partire da oggi. Tradotto da ANF Il Comitato esecutivo del PKK ha dichiarato in un comunicato: “Siamo d’accordo con il contenuto dell’appello del leader Öcalan così com’è, e dichiariamo […]