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Colombia: I popoli indigeni del Cauca proteggono i propri i diritti nelle strade

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I popoli indigeni del Cauca si trovano mobilitati per rivendicare i propri diritti mentre il governo colombiano raddoppia la repressione.

 

 

I popoli che fanno parte del Consiglio Regionale Indigeno del Cauca (CRIC) hanno affermato che, di fronte alla critica situazione che si vive in questa regione del paese, il presidente colombiano, Iván Duque, non è serio con i suoi annunci.

Secondo il CRIC, la commissione dell’Esecutivo che è stata inviata questo mercoledì non è giunta fino alla zona di concentrazione di El Pital, municipio di Caldono. Il rappresentante indigeno Yovany Yule ha affermato che, fino a quando non ci sarà volontà di dialogo, le comunità manterranno la propria protesta nelle strade, dopo che la ministra degli Interni, Nancy Patricia Gutiérrez, gli aveva notificato che non sarebbero andati in detta zona per le condizioni di sicurezza.

In questo modo, il secondo incontro tra i delegati del governo e i dirigenti è terminato senza nessuna conclusione che permetta di trovare una soluzione alla crisi che si vive nel sud ovest del paese per la chiusura della via Panamericana da più di dieci giorni.

Ieri, la ministra Gutiérrez, accompagnata dall’alto Commissario per la Pace, Miguel Ceballos, si è trasferita nel municipio di Santander de Quilichao, dove ha affermato che continueranno ad aspettare le delegazioni degli indigeni per installare il tavolo di dialogo.

“Veniamo ad organizzare la guardia, tutto quanta riguarda la sicurezza affinché entri la commissione, ma ci dicono che non andranno. Stiamo pensando che il governo, il presidente, i ministri stiano ostacolando la possibilità di stabilire questa conversazione”, ha affermato Yule.

Dal 10 marzo, almeno 15.000 indigeni stanno protestando nel Cauca, nella cosiddetta Minga Sociale, per chiedere all’Esecutivo di rispettare gli accordi raggiunti, come l’aggiudicazione di terre e il loro diritto ad essere consultati riguardo ai progetti minerari nei loro territori.

In varie occasioni i portavoce dei popoli originari hanno denunciato di essere sottoposti alla violenza, al saccheggio delle loro terre e a persecuzioni e assassinii.

“Questi terreni ci furono consegnati negli anni 1500 e 1600, quando ci fu un’occupazione dei nostri antenati. Ora, questi luoghi si sono trasformati in globi di terra e le comunità sono in uno stato di confino. Ci sono, inoltre, nuove riserve che si trovano in estrema povertà. Stiamo parlando di un debito storico che ancora non è stato saldato”, ha detto la portavoce consigliera delle comunicazioni del Consiglio Regionale Indigeno del Caldas (Cridec), Érika Giraldo.

Secondo la catena Telesur, le autorità indigene chiedono, inoltre, al governo di Duque di patteggiare degli accordi che sostengano l’attività territoriale delle comunità per sviluppare le loro stesse economie.

Il dirigente del CRIC, Feliciano Valencia, ha dichiarato che “dentro al capitolo indigeno del Piano Nazionale di Sviluppo 2018-2022, sono stati approvati 10 miliardi di dollari da consegnare ai popoli indigeni del paese, dei quali hanno ricevuto solo il 30 per cento, l’altro 70 per cento è stato ritirato il mese dopo dal governo”.

A loro volta, i popoli del Cauca hanno ricordato che la Corte Costituzionale della Colombia ha stabilito che gli indigeni devono essere consultati previamente prima di prendere delle decisioni su spazi che danneggino i loro territori e l’ambiente. Al riguardo, Yule ha segnalato che, da parte delle comunità, pensano “che il presidente stia usurpando il potere dell’alta Corte Costituzionale e stia prendendo dei poteri che non sono previsti in ambito legale”.

“Il Governo non sta rispettando i nostri diritti. Sta consegnando le nostre terre alle multinazionali affinché sfruttino l’oro, l’ossigeno, i boschi, la biodiversità e la madre terra. Per loro, è una mercanzia che scambiano per denaro che dopo scialacquano”, ha ribadito il portavoce del CRIC.

Allo stesso tempo, i popoli indigeni chiedono al governo di Duque di rispettare gli accordi di pace firmati all’Avana tra le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e l’ex presidente Juan Manuel Santos.

Da parte del CRIC, hanno messo in allerta sul fatto che “dei 527 dirigenti che a livello nazionale sono stati assassinati, il 30 per cento sono caduti nel Cauca. Di questi casi, per lo meno 44, secondo l’indagine, sono stati perpetrati da servitori pubblici, come dire, da militari”.

Per la consigliera dei diritti umani dell’Organizzazione Nazionale Indigena della Colombia (ONIC), Aída Quilicue, ciò che avviene nel Cauca va molto al di là degli assassinii. “Non si tratta solo degli omicidi, ci sono anche costanti minacce, sfollamenti, confini, e tornano ad apparire fattori ed attori della guerra in Colombia”, ha affermato.

Mercoledì scorso, la repressione scatenata dalle forze di sicurezza colombiane ha lasciato come saldo sei comuneri feriti da armi da fuoco. Nel frattempo, il poliziotto Boris Alexander Benítez è stato ferito, secondo i manifestanti, da un proiettile al collo e al torace in un fatto confuso. Successivamente, Benítez è morto nella città di Cali.

Da parte dell’ONIC, hanno denunciato che le forze di sicurezza hanno sparato raffiche di fucile “direttamente sui partecipanti alla minga per la difesa della vita, i territori, la democrazia, la giustizia e la pace”. In un comunicato, hanno dichiarato che le forze pubbliche hanno un atteggiamento “criminale” di fronte alla protesta, “in aperta violazione dei diritti umani e del diritto fondamentale alla vita dei partecipanti alla minga”.

Nel testo, l’ONIC ha avvisato riguardo ai mezzi di comunicazione che “mettono in relazione i fatti che hanno causato la morte” di Benítez “in modo irresponsabile con le proteste legittime, pacifiche e di carattere civile”. Si è anche messo in allerta sulla “presenza di civili armati non identificati con fucili d’assalto nelle vicinanze delle forze dell’ESMAD (Squadrone Mobile Antisommossa), della polizia e dell’esercito colombiano, posti lungo la via panamericana”.

Da parte sua, l’Associazione dei Consigli Indigeni del Valle del Cauca Regione Pacifico (ACIVA-RP) ha denunciato il sorvolo di droni della forza pubblica sulla riserva Nasa Embera Chamí La Delfina, nella comunità Nasa Kiwe. In un comunicato, hanno affermato che è un “atto di provocazione e di violazione della nostra autonomia territoriale”, che vuole “intimidire e creare pretesti per giustificare azioni di intervento nei territori della riserva indigena”.

Lunedì scorso, centinaia di organizzazioni sociali della Colombia hanno appoggiato le proteste indigene con una lettera inviata al presidente Duque. Un totale di 1.200 enti e organizzazioni sociali, dei diritti umani, congressisti e dirigenti politici, hanno giudicato totalmente legittima la Minga Indigena che ha come epicentro il Cauca.

“Sono molto conosciute dalla società colombiana le condizioni di ingiustizia e militarizzazione che vivono i popoli indigeni”, hanno segnalato nel testo. Rifiutano anche l’azione repressiva dell’ESMAD e “il trattamento militare che il suo governo sta dando alla protesta contadina, nera e indigena, con un alto saldo di persone ferite, colpite e arrestate”.

22 marzo 2019 

La tinta

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Colombia: Pueblos indígenas del Cauca protegen sus derechos en las rutas” pubblicato il 22/03/2019 in La tinta, su [https://latinta.com.ar/2019/03/colombia-pueblos-indigenas-del-cauca-protegen-sus-derechos-en-las-rutas/] ultimo accesso 29-03-2019.

 

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