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Cile: In piena crisi, Piñera blocca il ritiro dai fondi privati pensionistici e aumentano le proteste

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L’Esecutivo cileno ha bloccato il progetto inviandolo al Tribunale Costituzionale. L’incerta possibilità di ritirare per un’emergenza il proprio denaro risparmiato per la pensione ha generato battiture di casseruole e proteste della cittadinanza. Si somma ai problemi per accedere ai buoni e ai crediti a tasso zero del governo.

Nella notte di martedì, nel medesimo momento in cui a Santiago si registravano le prime timide piogge di questo autunno, cominciavano a risuonare le casseruole in diverse zone della città. La ragione è stata il blocco da parte del governo di Sebastián Piñera, mediante il Tribunale Costituzionale, del terzo ritiro del 10% dalle AFP (Amministratrici di Fondi Pensione) promosso dall’opposizione. Una di quelle “trovate” della Costituzione del 1980 instaurata dalla dittatura di Pinochet che continuano ancora a vigere e che permettono di riesaminare e impedire l’avanzata di determinati progetti, anche se erano stati, come in questo caso, già approvati dalla Camera dei Deputati e attualmente sono esaminati al Senato.

L’ingiunzione di 142 pagine segnalava il fatto “incostituzionale” del ritiro, giacché questa sarebbe una decisione economica che spetta solo al presidente. Un’azione criticata anche da parte governativa, considerando che precedentemente erano già stati approvati due ritiri e che è stato interpretato da alcuni analisti come un grave errore politico o anche un “uno sparo ai piedi” del governo di Piñera, giacché potrebbe provocare una nuova esplosione sociale come quella avvenuta  nell’ottobre del 2019 che, oltre ad obbligare la classe politica a fare appello alle elezioni che finirono con l’approvazione del cambiamento della Costituzione, che è stato solo interrotto dalla pandemia.

Alla cattiva situazione economica in Cile, con un tasso di disoccupazione del 10,3, il boom dei lavori informali o l’uso di app per la distribuzione di cibo come modo di creare risorse si aggiunge una gestione della pandemia che, nonostante le vaccinazioni di massa, ha già fatto 33.737 morti. Così, l’incerta possibilità di ritirare per un’emergenza il proprio denaro risparmiato per la pensione ha generato un malessere che si è diffuso nelle reti sociali ed è tornato ad occupare le strade dopo le 20.00. Ci sono state anche barricate, scontri con i carabinieri e attacchi a commissariati dei quartieri di Ñuñoa e Peñalolén.

Buoni insufficienti

Tutto questo si aggiunge ai problemi che ha avuto la cittadinanza per accedere ai buoni e ai crediti a tasso zero del governo, così bassi come pieni di requisiti che includono di dimostrare la disponibilità con ricevute o contratti, senza considerare i freelancers, i lavoratori della cultura o coloro che hanno dovuto reinventarsi in lavori informali. Il caso più emblematico è il buono di 700 dollari dove la piattaforma per ottenerlo non solo era stata bloccata, ma ha anche respinto un grande quantità di cittadini senza spiegarne le ragioni.

La crisi economica in Cile è riconosciuta con riluttanza dal governo e dall’élite imprenditoriale. Probabilmente poiché è un segno di debolezza e, inoltre, contrasta con l’ottimismo del racconto che Piñera e il suo gruppo cercano di costruire nei loro interventi televisivi. Di fatto, il ministro dell’Industria, Rodrigo Cerda, ha dichiarato a Radio Duna che “Andare al Tribunale Costituzionale non è la cosa più gradita, ma deplorevolmente noi in questo momento siamo obbligati a farlo per poter aver cura delle pensioni dei cileni di domani”.

Questo presunto desiderio di prendersi cura dei cileni sembra più un tentativo per mantenere un modello di affare estremamente redditizio anche in pandemia. Ricordiamo che le imprese amministratrici di fondi pensione sono in vigore dalla Dittatura di Pinochet e che permettono ai privati di investire denaro, senza che i contribuenti ne ricevano qualche beneficio. Una delle istituzioni più fortemente discusse nel paese che, si spera, dovrebbe cambiare nella nuova Costituzione a cui si dovrebbe cominciare a lavorare quest’anno e i cui redattori dovrebbero essere eletti questo 15 e 16 maggio.

Fame per domani?

In ogni modo, le obiezioni a che i cileni ritirino un’altra percentuale dalle imprese amministratrici di fondi pensione hanno argomenti tecnici come quelli esposti lo scorso lunedì dal presidente della Banca Centrale, Mario Marcel, davanti alla Commissione della Costituzione del Senato. “Il ritiro di risparmi previdenziali non può più essere valutato come un fenomeno isolato causato dall’emergenza, ma è un processo ripetitivo e cumulativo (…) potremmo vedere importanti aumenti nel profilo di rischio dell’economia cilena, e un aumento del costo del finanziamento per tutti gli agenti economici, incluso anche il Fisco”. Il funzionario ha chiarito durante la presentazione che questa lettura economica esclude la situazione sociale del paese o anche le sue stesse opinioni al riguardo, ha insistito sulla necessità di rivedere le imposte che paga il 20% più ricco del paese e ha segnalato un dato interessante: almeno il 62% dei precedenti ritiri non è stato speso, tenendone l’85% in conti correnti o depositi a termine.

Juan Carlos Ramírez Figueroa

Immagine: Xinhua

21 aprile 2021

Resumen Latinoamericano

Da Comitato Carlos Fonseca

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