
Baltimora, i riots si estendono in tutta la città: decretato il coprifuoco
È una vera e propria intifada quella esplosa nelle strade di Baltimora ieri pomeriggio. Dopo oltre una settimana di proteste per la morte del 25enne afroamericano Freddie Gray (massacrato di botte dalla polizia dopo un arresto) la comunità black e il proletariato urbano di una delle più importanti città degli Stati Uniti hanno deciso di esprimersi con quello che Martin Luther King definì “il linguaggio di chi non è ascoltato”: il riot.
La giornata era cominciata con i funerali di Gray, una cerimonia a cui hanno partecipato migliaia di persone insieme a diversi leader del movimento per i diritti civili e rappresentanti del governo, ma anche i genitori di Eric Garner, il giovane afroamericano ucciso lo scorso agosto da alcuni poliziotti, la cui mancata condanna provocò settimane di mobilitazione nelle strade di New York. Sotto la scritta “Black Lives Matter” posizionata all’interno della chiesa per l’occasione oltre 3000 persone si sono ritrovate per l’ultimo saluto a Freddie Gray, ribando a più voci che “la sua morte non sarà vana”.
Intorno alle 15 centinaia di manifestanti si sono radunati nella zona del Mondawmin Mall, dove sono iniziati i saccheggi degli esercizi commerciali e sono state innalzate le prime barricate, successivamente date alle fiamme. Da diversi giorni si rincorrono voci, che di ora in ora si fanno più concrete e realistiche: le gang della città, da sempre in lotta tra loro per il controllo del territorio, avrebbero stretto un’alleanza in modo da allontanare la polizia dai quartieri e vendicare gli abusi cui sono quotidianamente sottoposti. A questa particolare alleanza si sarebbero uniti membri della Nation Of Islam e di altre organizzazioni politiche della comunità afroamericana. È questa la vera particolarità dei “Baltimore Riots”, una convergenza di forze, un’unione d’intenti che si propone di diventare contropotere reale sul terreno dello scontro di classe. Non è un caso che, rispetto agli scontri degli scorsi mesi a Ferguson, la sommossa di Baltimora sia immediatamente più politica. Non più una semplice reazione ad un abuso, ma una chiara ed evidente intenzione di riprendersi spazi di agibilità e di rivendicazione nell’immediato.
Ad essere attaccata in maniera diretta (e consapevole) è la polizia, identificata come prima vera responsabile di una condizione sottaciuta e nascosta per troppo tempo da quelle istituzioni che dei comportamenti razzisti e segregazionisti hanno fatto uno status quo apparentemente immutabile nella società statunitense. La polizia arresta, picchia e uccide impunemente su ordine di quegli stessi politici che, mascherandosi da puri difensori del diritto e della democrazia, lucrano sugli abusi degli agenti e li incentivano per riempirsi le tasche, come dimostrato dalle indagini federali sul dipartimento di polizia di Ferguson.
Il bilancio della giornata è di almeno 15 poliziotti feriti e di decine di arrestati. Il dubbio che sorge spontaneo è che la polizia non sappia gestire una situazione di guerriglia urbana così estesa e massificata (ne sono un esempio i video di agenti, in evidente difficoltà e inferiorità numerica, che lanciano pietre contro i manifestanti) ed è per questo che il governatore del Maryland, Larry Hogan si è affrettato a proclamare lo stato d’emergenza mobilitando la Guardia Nazionale e l’esercito. Nel frattempo il sindaco di Baltimora, Stephanie Rawlings-Blake, ha imposto un coprifuoco notturno che durerà per una settimana.
All’oggi non sembra che le proteste si placheranno tanto in fretta, e l’esempio di Ferguson dimostra come la militarizzazione di interi quartieri (parliamo di una città, Baltimora, di quasi un millione di abitanti) sia più un incentivo a fomentare la rabbia che a placare gli animi delle comunità. La rivolta di questi giorni deve quindi essere un esempio e una prova di maturità per un movimento che da oltre otto mesi sta ridefinendo le coordinate dell’agenda politica americana e delle mobilitazioni globali. Il messaggio è chiaro e irrevocabile: nessun abuso verrà più tollerato, ogni ingiustizia sarà vendicata.
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