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Il calcio tra poesia, rito ed evasione. Intervista a Darwin Pastorin

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Pubblichiamo questa breve intervista a Darwin Pastorin, tra i più apprezzati scrittori e giornalisti sportivi in Italia. L’intervista è parte dell’ebook “Solo un gioco? Una contro-storia dei Mondiali di Calcio”, pubblicato sul nostro portale qualche settimana fa. Buona lettura.

Infoaut: In questa intervista vorremmo ragionare sul rapporto che lega sport e produzione artistico‐letteraria. Ti poniamo quindi una domanda molto alta e come immaginiamo di non facile risposta. Qual è il confine tra sport e arte secondo te? Lo sport può essere considerato una peculiare forma d’arte a prescindere, o lo diventa secondo te solo in particolari casi e momenti, come grandi eventi o incontri rilevanti a livello storico?

 

DP: Non esiste confine tra calcio e arte. Tra sport e arte. D’altra parte, quando noi parliamo del football brasiliano sottolineiamo la bellezza e l’innocenza di un’emozione che ha, indubbiamente, che fare con la musica e la letteratura. Jorge Amado mi disse, nel 1993, nel corso di una intervista per “Tuttosport”: “Sono realmente un appassionato di calcio. Il calcio è qualcosa di più che un semplice sport: è, allo stesso tempo, arte. Una buona partita di football rappresenta uno spettacolo straordinario di danza, con la caratteristica di trattarsi di una danza improvvisata in ogni suo momento da ventidue ballerini.

Accade, a volte, che uno di questi ballerini abbia il virtuosismo di Pelé o di Garrincha, di Didi o di Nilton Santos, di Domingos da Guia o di suo figlio Ademir: e così lo spettacolo diventa incomparabile”. E ci fu la felice intuizione di Pier Paolo Pasolini, che giocava all’ala destra, tifava per il Bologna e non perdeva occasione per tirare due calci a un pallone: “Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro”. Disse queste cose nel 1970, al giornalista Guido Gerosa. Serve aggiungere altro?

Infoaut: Molto spesso la letteratura sportiva più nota (Soriano, Galeano, Dimitrijevic Per fare esempi relativi principalmente al calcio) ha costruito un discorso sul calcio e sullo sport fondato sulla memoria positiva di ciò che era antico, romantico. Qualcosa di ormai perduto a fronte del suo inserimento nei circuiti dello spettacolo e del profitto. C’è possibilità per lo sport di conservare ancora qualche elemento ‘antico’ in senso positivo, slegato dal business che ormai sembra essere penetrato in ogni suo anfratto sin dalla rivoluzione degli anni Novanta, delle pay‐tv, del merchandising? In quali esperienze vedi questo tipo di approccio (alcuni gruppi ultras, squadre di calcio popolare ad esempio..)?

DP: La forza della letteratura resta, per me, dominante. La memoria parte dal racconto, dal mito, dalle storie che ci fanno rivivere situazioni, personaggi (campioni, eroi tragici, giocatori di una partita) e match memorabili. James Leighton, per fare un esempio emblematico, ha narrato la vita breve, ma straordinaria, di un calciatore formidabile, morto a 21 anni nella tragedia area di Monaco, quando, il 6 febbraio 1958 il Manchester United visse la sua Superga: Duncan Edwards (numero 6, mezz’ala o mediano sinistro, anche centravanti). Secondo le testimonianze raccolte da Leighton, compresa quella di Bobby Charlton, miracolosamente scampato a quella strage, Edwards deve essere considerato “il miglior giocatore di tutti i tempi”. Ecco: leggere il libro di Leighton (pubblicato in Italia da 66thand2nd, “Duncan Edwards, il più grande”, con prefazione e traduzione, entrambe impeccabili, di Wu Ming 4) ci dà il senso della forza della memoria attraverso la narrazione.

Sentenziò lo scrittore brasiliano Edilberto Coutinho: “Lo scrittore scrive sempre delle sue passioni. E l’uso che in certi casi le dittature fanno del calcio non invalida il gioco, la forza magica della sua bellezza e della sua emozione, che continuano a prevalere. Perché il calcio, come la letteratura, se ben praticato, è forza di popolo. I dittatori passano. Passeranno sempre. Ma un gol di Garrincha è un momento eterno. Non lo dimentica nessuno”. Così: calcio e letteratura “forza di popolo”.Il calcio diventa, purtroppo, anche “strumento” di manipolazione da parte delle dittatura: pensiamo agli scandalosi mondiali d’Argentina nel 1978, quando in uno stadio si giocava e in un altro si torturava.

Infoaut: C’è ancora chi fa letteratura “alta” oggi attraverso il calcio e lo sport, oltre i grandi nomi del passato? Ci dai qualche consiglio di lettura più attuale, che secondo te coglie bene alcuni nodi del presente rapporto tra sport e società?

DP: Sono in tanti a fare letteratura “alta”. Soprattutto in Italia. Penso a scrittori e giornalisti come Marco Marsullo, Marco Ciriello, Sandro Veronesi, Dario Voltolini (ma l’elenco potrebbe continuare a lungo), che hanno raccontato il football in romanzi, racconti o in incisive “incursioni” nelle loro opere. E sono sempre appassionanti le ‘memorie” e le interviste di Gianni Mura, Emanuela Audisio, Angelo Carotenuto, Marco Bernardini…

Infoaut: Il calcio, lo sport, possono essere secondo te utilizzati per riportare alla lettura in un epoca dominata dalla frenesia dell’informazione rapida, dell’attenzione breve come quella veicolata attraverso i social network? Pensi che scrivere di sport possa essere anche un vettore “pedagogico”, con il quale parlare di altro?

DP: Il calcio, e lo sport in generale, devono ritornare ad avere un valore pedagogico. Bisogna ripartire dalla scuola e da una “cultura della sconfitta”, dal gioco inteso in quanto tale, cioè “gioco” appunto, senza esasperazioni. Basta con i genitori manager, con il culto del dio denaro, e diamo, di nuovo, più importanza al dribbling che al marketing. Ben venga la TV a pagamento, ma con contenitori dedicati alle storie, alla discussione costruttiva, serena e non becera. Per fortuna ci sono i Porrà e i Buffa…

Infoaut: In ultimo, vorremmo chiederti quali testi consiglieresti per iniziare un percorso generale di letture su sport e letteratura. Quali autori secondo te sono imprescindibili da conoscere e leggere?

DP: Ripropongo i consigli che ho dato nel mio libro “Lettera a un giovane calciatore”: Giovanni Arpino, “Azzurro tenebra”, Einaudi, Torino 1977; Osvaldo Soriano, “Fùtbol. Storie di calcio”, Einaudi, Torino 1998; Eduardo Galeano, “Splendori e miserie del gioco del calcio”, Sperling & Kupfer, Milano 1997; Nick Hornby, Febbre a 90, Guanda, Milano, 1997; Edmondo Berselli, “Il più mancino dei tiri”, il Mulino, Bologna 1995.

 

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MONDIALI2018SOLO UN GIOCO?

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