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Sei posti di lavoro in meno per ogni robot. Nuovo studio sull’automazione

Secondo questo studio, l’automazione nel settore manifatturiero è responsabile per la perdita di 670mila posti di lavoro nei soli Stati Uniti e conclude che il numero di posti di lavoro persi non potrà che aumentare perché si prevede che il mercato dei robot industriali quadruplicherà nei prossimi anni. Tra il 1993 e il 2007, negli Stati Uniti si è introdotto un robot ogni mille lavoratori (nell’Europa Occidentale 1.6 robot ogni mille lavoratori), ognuno dei quali ha comportato la perdita di circa sei posti di lavoro e la diminuzione dei salari dello 0.7%.

Dallo studio dei dati, gli autori spiegano di aver riscontrato «un grande e robusto effetto dei robot sull’occupazione e sui salari», anche tenendo conto di altri fattori come la delocalizzazione, il telelavoro, etc… Anche quando si considera una scenario nazionale, nel quale i posti di lavoro persi in un città potrebbero essere guadagnati da un’altra parte, la perdita complessiva dovuta all’introduzione di un robot ogni mille lavoratori è comunque di tre posti di lavoro e i salari si riducono dello 0.25%.

Il risultato interessante nel dibattito tra economisti su automazione e disoccupazione tecnologica è che non sono aumentati i posti di lavoro in altri settori produttivi in maniera tale da compensare la perdita nel campo della manifattura.

Infatti, questo articolo ha avuto risalto anche perché l’anno scorso i due economisti avevano pubblicato un altro articolo nel quale sostenevano che l’automazione avrebbe creato nuovi posti di lavoro, più qualificati di quelli persi, e che così i livelli occupazionali e i salari sarebbero rimasti agli stessi livelli. Questa visione dei processi di automazione è comune a molti economisti; si basa sull’esperienza dei cicli di accumulazione capitalistica precedenti e, di fatto, sull’atto di fede che il meccanismo si ripeta uguale a sé stesso anche in questa fase.

Da un lato, i recenti sviluppi nel campo dell’intelligenza artificiale e delle sue applicazioni permetteranno, a breve termine, di automatizzare anche lavori con un certo contenuto intellettuale che venivano tradizionalmente considerati al sicuro dall’automazione, esempi realistici sono alcuni lavori impiegatizi, ma anche il medico, il commercialista, l’analista di dati, il camionista o attività come la scrittura di articoli di giornale.

Dall’altro lato, l’ipotesi che il capitalismo riuscirà a creare nuove opportunità lavorative tra decine di anni, anche se non fosse smentita dai risulati di questo studio, non darebbe nessuna risposta al problema della mancanza di salario per milioni di persone disoccupate adesso.

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