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Gli industriali non si presentano al tavolo, la protesta dei pastori non rientra

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Sarebbe dovuto essere l’incontro decisivo quello di stamani al ministero delle politiche agricole per la risoluzione della cosiddetta guerra del latte ma una delle due parti, i padroni, gli industriali dei caseifici, non si sono presentati.

Al tavolo del dicastero di via XX Settembre, a ricevere la nutrita delegazione di pastori da tutta la Sardegna sono state solo le istituzioni, esclusivamente con funzione di mediatrici fra le parti (mentre una di esse era assente).
All’ingresso trapela delusione.
“Siamo amareggiati, arrabbiati.
Stiamo provando da mesi a trovare una soluzione che soddisfi entrambe le parti e gli industriali non si presentano neanche agli incontri” riferiscono i pastori all’uscita della farsa. Minacciano di bloccare i seggi delle elezioni regionali di domenica.
Nel frattempo,sempre a Roma, alcuni studenti e alcune studentesse de ‘La Sapienza’ hanno rovesciato simbolicamente del latte di fronte all’ingresso dell’Ateneo, in solidarietà al movimento.

E ora che succede?

Dopo diversi tavoli che avevano aperto alla possibilità di fare incontrare le parti partendo da un acconto iniziale di 0, 80 centesimi al litro sul prezzo del latte per arrivare a un euro nei mesi successivi, il punto di arresto di questa mattina sembra segnalare innanzitutto l’indisponibilità da parte degli industriali di ricontrattare il rapporto di produzione sacrificando i propri margini di profitto. Ancora una volta emerge l’impossibilità di risolvere lo scontro senza approfondire la contraddizione che lega il salario di fatto dei pastori all’andamento sul mercato del costo del pecorino romano, alla produttività, al profitto dei trasformatori. La violenta protesta dei pastori sardi contro un prezzo del latte troppo basso, pagato 0,60 centesimi a litro, molto meno del suo costo di produzione è rimasta saldamente ancorata alla propria rigidità conflittuale: il latte ovino deve essere pagato non meno di un euro a litro. I tavoli, arrivati grazie alla lotta, da quelli a Cagliari fino a quello al Viminale, il cui fallimento è coinciso con il flop dell’intervento di Salvini nella vicenda, hanno sempre ruotato attorno a questa rigidità, per conseguirla come obbiettivo finale. Dialettizzando il conflitto espresso in due settimane di dura battaglia, sabotaggio e sciopero, i pastori, attraverso serrate consultazioni interne passate per la partecipatissima assemblea di Tramatza di ieri che ha visto la partecipazione di oltre mille allevatori, hanno formulato una controproposta: acconto di 0,80 – circa sette/otto centesimi sopra il costo di produzione, per arrivare a un euro a litro nei prossimi mesi con il rilancio del mercato del pecorino e il contestuale commissariamento dei consorzi di tutela gestiti dagli industriali.
È la contraddizione sullo scontro di interessi irriducibili che non è aggirabile. Gli industriali non rinunciano al proprio guadagno a vantaggio dei pastori. I pastori non sono più disposti a lavorare per far guadagnare gli industriali. Questo piano non ha mai escluso la volontà da parte dei pastori in lotta di piegare gli industriali anche in trattativa, la quale non ha mai rappresentato un tradimento della lotta ma uno dei suoi possibili sviluppi, ma che ora, nuovamente, è di per sé insufficiente rimettendo in causa le rappresentanze della lotta, e la sua strategia.

 

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