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Anche la Corte dei Conti certifica: Garanzia Giovani è una cagata pazzesca

L’Unione Europea, col suo progetto di Garanzia Giovani, si proponeva infatti di combattere la disoccupazione giovanile stanziando dei fondi per i paesi con tassi di disoccupazione alti (ovviamente l’Italia era fra questi) e incoraggiandoli ad attuare un modello di lavoro giovanile precarizzato e sottopagato in cui, attraverso un collegamento privilegiato fra regioni e grosse aziende, i giovani dovevano essere “presi in carico” e inseriti nel mondo del lavoro.

Nonostante le proposte offerte da questo piano di occupazione non fossero allettanti, le iscrizioni e le richieste sono state tantissime. Questo non significa che fare un periodo di tirocinio gratuito e poi (forse!) lavorare come commessi pagati a vaucher nelle grosse catene di supermercati o fare il doppio delle ore retribuite nelle coperative sociali sia il sogno dei giovani.

È solo l’unica offerta che ci viene fatta e come al solito le promesse vengono tradite.

Pochissime sono state le prese in carico e ancora meno le assunzioni dopo il periodo di tirocinio gratuito. L’italia si guadagna i primi posti per quanto riguarda le retribuzioni tardive (più di due mesi dopo in media) e la difficolà di accesso alla registrazione al progetto.

Ora ce lo dicono i dati Istat, ma questo sospetto risultava fondato già nel momento in cui, alcuni mesi dopo che è stato avviato il progetto, hanno iniziato a proliferare su facebook gruppi di consultazione su Garanzia Giovani in cui tantissimi dichiaravano di essersi ritirati volontariamente dal lavoro a causa dell’insostenibilità della condizione, altrettanti si chiedevano quando sarebbero stati pagati e ancora di più si lamentavano di essere stati scartati subito dopo il periodo di tirocinio non retribuito.

Insomma, un vero e proprio disatro. I tempi non sono stati rispettati, la dicossupazione giovanile non è diminuita.

Se questo ancora una volta ci delude e ci fa incazzare, forse non ci sorprende più di tanto.

I nuovi modelli occupazionali e formativi proposti dall’Unione Europea non fanno altro che parlarci di lavoro, innovazione, futuro, ma non se ne trova uno che abbia funzionato, che abbia migliorato davvero la condizione dei giovani in Europa.

Il tentativo di nascondere dietro risolutivi progetti europei nuove formule di precarizzazione e sfruttamento si è smascherato da solo ancora una volta, ma per ripagare i danni non basterà offrire un anno di Erasmus.

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