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15M: sciopero mondiale del personale dei fast food

E’ da un anno e mezzo che negli Stati Uniti i dipendenti dei fast food manifestano per avere salari dignitosi. Ora, la protesta si allarga a livello internazionale: il 15 maggio ci sarà uno sciopero dei lavoratori delle catene più importanti, McDonald’s, Burger King, Wendy’s e Kfc, in più di trenta Paesi. E in questi paesi c’è anche l’Italia.

Riuniti per la prima volta in un unico sindacato internazionale, l’International Union of Food, Agricultural, Hotel, Restaurant, Catering, Tobacco and Allied Workers’ Associations (Uita), i dipendenti dei fast food si sono accordati per lanciare il loro movimento con una giornata di protesta in 150 città americane e in altri 33 Paesi, tra cui Giappone, Brasile, Marocco e Italia, appunto. Sono passati due anni da quando circa 200 lavoratori cominciarono a manifestare a New York alla fine del 2012, chiedendo salari più alti e condizioni di lavoro migliori. La protesta, poi, che non si è mai fermata, ha interessato via via più di cento città statunitensi.

“I lavoratori di decine di Paesi in tutti i continenti hanno annunciato l’ingresso nel movimento per salari più alti e migliori condizioni di lavoro nei ristoranti”, hanno reso noto gli organizzatori del movimento in un comunicato. Un gruppo di 70 manifestanti di diversi Paesi si è riunito davanti a un ristorante di McDonald’s, ieri a Manhattan, in occasione dell’annuncio. Negli Stati Uniti, i lavoratori dei fast food chiedono un salario di 15 dollari all’ora, ovvero più del doppio dell’attuale stipendio minimo federale, fissato a 7,25 dollari all’ora, applicato dalla maggior parte delle catene.

“Affrontiamo tutti le stesse sfide, gli stessi problemi, le stesse lotte. Continueremo a protestare finché non raggiungeremo il nostro obiettivo” ha dichiarato Massimo Fratini, coordinatore dell’Uita, che raggruppa 396 sindacati di 126 Paesi, per un totale di 12 milioni di impiegati. Molti lavoratori si lamentano di avere lo stesso stipendio di quando cominciarono a lavorare, come Tabitha Verges, una ‘minimum-wage worker’ di un Burger King a Harlem, intervistata dal New York Times in occasione dello sciopero dell’aprile 2013: “Prendo 7,25 dollari all’ora e non ho mai ottenuto un aumento in quattro anni” raccontò. Ogni volta che lo ha chiesto, “hanno sempre trovato la stessa scusa: non fanno abbastanza soldi”.

La coalizione dei lavoratori che ha organizzato le proteste negli Stati Uniti, Fast Food Forward, sottolinea che un impiegato che prende 9 dollari all’ora – ma molti, come Verges, prendono i 7,25 dollari previsti ora dallo stipendio minimo nello Stato di New York, che sarà aumentato a 9 dollari dal 2016 – arriverà alla fine dell’anno con un reddito di circa 18.000 dollari per un lavoro a tempo pieno. Una situazione inaccettabile anche per Obama, che ha più volte chiesto al Congresso, anche nei suoi discorsi settimanali alla nazione, di aumentare il salario minimo federale. “Una cosa su cui dovremmo essere tutti d’accordo” ha detto Obama, “è che nessuna persona che lavora a tempo pieno dovrebbero vivere in povertà”.

 

Da Contro la crisi

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