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Non si realizza la terza Repubblica

D’altronde era un azzardo scommettere che l’eredità di una azienda, quella del network Mediaset di cui fa parte anche il PdL, fosse lasciata in eredità ad una persona non di famiglia come Alfano. Per cui o dopo Berlusconi c’era un suo erede di famiglia o c’è ovviamente di nuovo lui.

Con questa mossa si riallineano quindi tutte le carte per far partire una nuova campagna elettorale con il botto. Un botto che è assolutamente necessario perché c’è da far scordare almeno 10 anni di proprio governo e l’appoggio al Governo Monti. Questa volta l’opera di marketing politico deve essere veramente perfetta per riuscire nuovamente. Quindi, accordo con la Lega lasciando il via libera a Maroni in Lombardia e accordo con Storace per il Lazio, in modo da costruire così un fronte che gli permetta di far scordare l’appoggio a Monti.

E’ in Lombardia che a questo punto si gioca tutta la partita, Berlusconi infatti vuole un sostegno formale della Lega. Sì al ticket Maroni-Gelmini ma solo se la Lega si espone pubblicamente e convoca un Consiglio federale per sancire l’alleanza. E in questo caso sembra anche segnata la strada che porterà ad una scissione con gli ex An e quindi ad uno spacchettamento del PdL per riproporre lo schema della Casa delle libertà del 2001.

Dietro a tutte queste scelte però non potevano mancare delle analisi di mercato, che in politica si chiamano sondaggi, infatti su Il Giornale si legge un retroscena interessante: “Berlusconi invece cita un focus group della Ghisleri: «Su mille elettori che nel 2007 avevano votato per noi e che poi ci hanno abbandonato, oggi il 98% è pronto a sostenerci ancora»”

L’uomo della finanza e garanzia dell’Europa (Monti) però non demorde, va al Quirinale e dopo aver annunciato che si dimetterà subito dopo l’approvazione della legge di stabilità lancia uno scontro a distanza con Berlusconi. Il problema è che come in tutte le guerre a subire le tragedie peggiori sono le popolazioni. E anche se missili di questa guerra si lanciano tutti sul piano della finanza ormai siamo tutti coscienti che atterreranno nei territori sotto il nome di austerità. Infatti già oggi non si è fatta attendere la risposta dei mercati sotto l’egida di Monti.

La data del voto dunque potrebbe essere anticipata a febbraio, però prima di sciogliere le camere il Capo dello Stato intende portare al termine alcune scadenze istituzionali: la legge di stabilità, il decreto sviluppo e la delega fiscale (la legge elettorale è ormai un auspicio destinato a rimanere tale). Le incognite a questo punto sono soltanto su Monti, si presenterà alle elezioni ricostruendo un area di centro su pressione del Vaticano e dell’Europa o invece punterà al Colle? 

Tutto cambi perché niente cambi. L’elezione che doveva sancire il passaggio definitivo alla terza Repubblica è fallita, e questo è sicuramente un segno della crisi economica che non facendo vedere vie di uscita rende tutti gli attori in gioco ancora più rapaci perché non riescono ad accordarsi su una torta in cui c’è sempre meno da spartire. Agli elettori si presenterà dunque la stessa legge elettorale (iper clientelare) e gli stessi attori in campo. Ma nella tragedia c’è almeno da essere felici perchè la realtà agli occhi della popolazione italiana ha deciso di proporsi in modo nudo e crudo, lasciando intendere che le cose o si cambiano dal basso o altrimenti sono dolori. Da non dimenticare in tutto questo gioco è l’incognita Beppe Grillo a cui è stato servito un assist smarcante che l’ha messo da solo davanti alla porta.

 

 

 

 

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