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Mathieu Rigouste: “La morte di Rémi non è una sbavatura, ma un omicidio di Stato”

MATHIEU RIGOUSTE È UN COMPAGNO DELLA CREA DI TOLOSA (CREATOULOUSE.SQUAT.NET O SU FB CENTRESOCIALAUTOGERÉ CREA). MATHIEU RIGOUSTE, MILITANTE, RICERCATORE IN SCIENZE SOCIALI, LAVORA PER SCOMPORRE I MECCANISMI DI DOMINAZIONE. NE _LA DOMINATION POLICIÈRE_(2013), SOSTIENE CHE “_LA VIOLENZA DELLA POLIZIA È RAZIONALMENTE PRODOTTA E REGOLATA DALLO STATO_”. SECONDO LUI, GLI ZADISTI DEL TESTET AFFRONTANO UNA “_CONTRO-INSURREZIONE POLIZIESCA_”, CHE PUÒ TRASFORMARSI IN “_GUERRA DI BASSA INTENSITÀ_”. RIGOUSTE PROPONE UNA LETTURA CRITICA DEGLI EVENTI CHE HANNO CONDOTTO ALLA MORTE DI RÉMI FRAISSE. INTERVISTA.

PLACE DU CAPITOLE, TOLOSA, DURANTE IL PRIMO OMAGGIO A RÉMI FRAISSE SI POTEVA LEGGERE “LA POLIZIA UCCIDE_” SU UN STRISCIONE. COSA DICI SULLA MORTE DI RÉMI?

MATHIEU RIGOUSTE : quello striscione diceva: “Zied e Bouna (27 ottobre 2005), Timothée Lake (17 ottobre 2014), Rémi Fraisse (26 ottobre 2014), RIP, la polizia uccide. Non dimentichiamo, non perdoniamo!”.
Perché il 27 ottobre era l’anniversario della morte di Zied e Bouna a Clichy-sous-Bois, uccisi mentre scappavano dalla polizia, evento che provocò la grande rivolta dei quartieri popolari nel 2005. Perché una settimana prima dell’omicidio di Rémi, Thimothée Lake è stato ucciso dalla BAC (Brigata Anti-Criminalità) in un minimarket a St-Cyprien (quartiere di Tolosa), nell’indifferenza quasi generale.

Erano passati esattamente 53 anni dal massacro del 17 ottobre 1961, durante il quale la polizia parigina uccise diverse decine di algerini in lotta per la liberazione del loro popolo. La propaganda di Stato e dei media dominanti produce una storia “nazionale” e ufficiale che permette di legittimare il funzionamento di questa violenza industriale.

Nel caso di Rémi, _La Dépêche du midi _(giornale locale) ha aperto il ballo dei mitomani pubblicando la storia del corpo ritrovato nella foresta, lasciando spazio all’idea che la polizia non c’entrasse niente, che non l’avesse nemmeno raccolto. Ma possiamo dimostrare collettivamente, a traverso una contro-inchiesta popolare e dei contro-media autorganizzati, che la polizia uccide regolarmente, che la sua violenza è sistemica, sistematica e portata da strutture politiche, economiche e sociali. La polizia distribuisce la violenza delle classi dominanti.

LA MORTE DI RÉMI È UN EVENTO ISOLATO, O MOSTRA UNA LOGICA PIÙ GENERALE DELLA VIOLENZA DELLA POLIZIA?

Bisogna rimettere l’omicidio di Rémi in una storia lunga in cui la polizia appare chiaramente per quel che è: un apparato di Stato
incaricato di mantenere l’ordine economico, politico e sociale, capitalista, razzista e patriarcale, attraverso l’uso della violenza.

La polizia distribuisce diversi gradi di violenza secondo la classe, la razza e il genere delle persone che controlla. Così ha sempre
maltrattato, ferito e ucciso certi strati della “popolazione” della città capitalista (poveri, marginali, prostitute …). Essa mantiene,
in tutte le potenze imperialiste, un rapporto particolare con i quartieri e le classi più povere, con le parti del proletariato più
segregate e sfruttate, generalmente emerse dall’immigrazione e dalla colonizzazione. È incaricata di dominare, bandire e sottomettere le frange sociali che avrebbero più interesse a sbarazzarsi di questo sistema perché sono quelle che ne traggono minori benefici.

Ogni anno, la polizia uccide in media tra 10 e 15 abitanti dei quartieri popolari. Tra prigioni, provocazioni e occupazione delle strade, SI TRATTA DI UNA VERA E PROPRIA IMPRESA DI “PULIZIA SOCIALE” E DI ANNIENTAMENTO DI OGNI FORMA DI AUTONOMIA POPOLARE.

Parallelamente, dall’inizio del XX secolo, la gestione dei movimenti sociali da parte delle forze dell’ordine ha avuto tendenza a ridurre al minimo i rischi di uccidere tra gli strati superiori delle classi popolari, l’aristocrazia operaia, le classi medie e le piccole-borghesie precarizzate e radicalizzate.

L’omicidio di un “militante” resta ancora oggi un fatto eccezionale di fronte all’industria degli omicidi di poveri non-bianchi. Ma le figure di Carlo Giuliani, ucciso dalla polizia a Genova nel 2001, e di Alexis Grigoropoulos, ucciso ad Atene nel 2008, mostrano che l’uccisione di “militanti” da parte della polizia tende a svilupparsi con la ristrutturazione neoliberale e securitaria del capitalismo.

COME TUTTI I CRIMINI DELLA POLIZIA NEI QUARTIERI, L’OMICIDIO DI RÉMI NON È UNA SBAVATURA, NON UN MALFUNZIONAMENTO, BENSÌ IL PRODOTTO DI MECCANISMI ISTITUITI, DI SCHEMI RAZIONALI, DI TATTICHE E STRATEGIE LEGITTIMATE E GIUSTIFICATE DALL’ALTO DELL’APPARATO STATALE FIN NEI GESTI DEI SUOI ESECUTORI IN DIVISA, È UN OMICIDIO DI STATO, PREMEDITATO NELLA REALIZZAZIONE DELLE STRUTTURE CHE L’HANNO RESO POSSIBILE, UN OMICIDIO.

AL TESTET, CRS (COMPAGNIES RÉPUBLICAINES DE SÉCURITÉ) E GENDARMI SONO QUASI ONNIPRESENTI. COME SPIEGHI IL RUOLO DELLA POLIZIA SUL SITO DELLA DIGA DI SIVENS?

La polizia applica tattiche e strategie stabilite all’intersezione di poteri politici, economici e sociali. Finché gli industriali e i
governanti che investono in questo progetto considereranno che vale la pena di continuare, malgrado la diversificazione e l’aumento di forza delle resistenze collettive, la polizia aumenterà l’intensità repressiva.

Di fronte alle ZAD e alle loro forme di riterritorializzazione delle lotte urbane e rurali, le polizie occidentali sperimentano anche nuovi dispositivi di contro-insurrezione ibridi e regolabili, cioè dove la dimensione militare-poliziesca del controllo “a scacchiera” del territorio, della reclusione e della provocazione è incentrata su un teatro di operazione rurale e forestale ma capace di passare
rapidamente, addirittura simultaneamente, in modalità “Azur” (azione in zona urbana). Capace di passare istantaneamente dal “_mantenimento dell’ordine_” al “_controllo delle folle_”, dalla repressione alla guerra a bassa intensità.

È l’occasione di sperimentare questi dispositivi ma anche di valorizzarli mediaticamente , ovvero fare di un’esperienza repressiva,
la vetrina dell’_eccellenza_ del “_savoir-faire”_ francese in direzione del mercato internazionale della sicurezza e del mantenimento dell’ordine. L’ibridazione delle dottrine, dei materiali e del personale rappresenta un valore aggiunto importante sul mercato della difesa e della sicurezza.

« AL TESTET COME NEI QUARTIERI POPOLARI, LA POLIZIA HA L’INCARICO DI SOTTOMETTERE TUTTO CIÒ CHE RESISTE »

La contro-insurrezione si basa anche su metodi d’azione psicologica, compresi protocolli il cui obiettivo è quello di dividere le resistenze definendo dei “_nemici interiori_” di cui diffidare, perfino da purgare. All’occorrenza, la figura del _black bloc_ e del _violento_ (“_il rapinatore furioso_” nel caso di Timothée Lake) permette di demonizzare le azioni dirette non convenzionali, di mascherare la violenza strutturale del potere e promuovere invece delle mobilitazioni inoffensive e facilmente gestibili.

Le dottrine di contro-insurrezione chiamano questo meccanismo “_schismogenesi_”: sviluppare una separazione nella popolazione resistente. Questa forma d’azione psicologica rinnovata si basa sull’esistenza di casse di risonanza per questa propaganda nei media dominanti e tra apparati politici e sindacali ausiliari.

Al Testet come nei quartieri popolari, la polizia è incaricata di sottomettere tutto ciò che resiste all’espansione del sistema
imperialista. Deve spazzare via tutto quel che intralcia il movimento di conquista, così come i programmi di spostamento e di esproprio dei territori e dei/delle loro abitanti, che il capitalismo mette in opera per ristrutturarsi.

 

ARTICOLO ORIGINALE A CURA DI PAUL CONGE

Traduzione di M.

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