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Libia casus belli. La guerra di Renzi produce i primi morti

Il casus belli tanto attesto è forse arrivato? A questo punto, quanto ancora si farà attendere l’inizio dell’intervento della Coalizione coordinato dal governo Renzi?

Nei giorni scorsi il segretario alla Difesa americano ha detto che Washington «appoggerà con forza l’Italia che si è offerta di assumere la guida in Libia».
Era proprio quello che il Renzi non voleva sentirsi dire, ma gli Usa non vogliono più attendere. Un colpo al cerchio e uno alla botte: un’azione convinta da parte dell’Italia anche se non dovesse arrivare dal nuovo governo libico. Questo il significato dell’affermazione di Carter.

Nei palazzi istituzionali romani da qualche tempo si paventava questo tipo di decisione, allorquando si seppe che Gran Bretagna e Francia avevano deciso di iniziare ad adoperarsi per i fatti loro nel panorama libico. Ora l’Italia dovrà scoprire le sue carte. Da una parte le notizie che arrivano dai parlamenti di Tripoli e Tobruk non sono buone e il Governo di unità nazionale, tanto sperato da Renzi, stenta a venire; dall’altra Francia ed Egitto prima e Gran Bretagna e Germania ora, muovono i loro uomini e mezzi, mettendo così il governo italiano di fronte alla decisione di sciogliere le riserve fino a qui sostenute.

La Francia partecipa con soldati in attacchi da terra come quelli nelle città di Sabratha e Bengasi, ed è notizia di questi giorni che anche in mare le operazioni francesi stanno seguendo una strategia, portando così la portaerei De Gaulle ad addestrarsi con la marina egiziana. Londra non sta a guardare ed insieme a Berlino invierà propri soldati alla frontiera tra Libia e Tunisia, controllando la frontiera e “addestrando” in chiave anti-Isis l’ingaggio di base. Il segretario alla difesa USA, Carter, continua a ripetere che «ai libici non piace l’idea di un intervento esterno straniero e che qualcuno entri nel paese per prendersi il petrolio. Ma quando il governo sarà nato, speriamo presto, chiederà l’aiuto internazionale». Rimane chiaro che non c’è tempo da perdere.

E così pare che i tempi possano essere maturi per una guerra che vedrà l’Italia impegnata insieme a Francia ed Egitto nel fare da apripista alla Coalizione che metterà il piede armato in Libia. Lo stesso generale Bolduc, comandante delle forze speciali Usa in Africa, sostiene che «a Roma è già stato inaugurato il Centro di Coordinamento della Coalizione».
Praticamente a poco servirà se il Governo di unità nazionale libico vedrà luce, ne tantomeno se chiederà o no l’intervento nazionale. I giochi di potere all’interno del Mediterraneo non attenderanno ulteriormente.
Fa ridere vedere come i media ed i quotidiani nazionali, Corriere della Sera in primis, premano per un intervento centrale da parte del Governo italiano nella guerra in Libia e poi si scandalizzino per i rapporti dei servizi segreti italiani, che riportano come in Italia il rischio di attentati sia aumentato.

La guerra ha diverse sfaccettature, oltre che avere effetti boomerang per quanto riguarda chi la scatena e questi pennivendoli dovrebbero avere chiaro il fattore determinante, quello più importante. E gli effetti che questa guerra produrrà per il popolo libico saranno, come sempre, devastanti.

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