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Expo, soldi e casta sindacale

Expo, ecco come l’accordo tra le parti distribuisce i soldi della formazione alla casta sindacale

 

Il primo è tutto politico, e riguarda l’estendibilità del “laboratorio Expo”. Expo, per definizione, è un evento temporale. E la temporalità, del resto, è stata uno dei criteri ispiratori del protocollo stesso. Come si intenda estendere questa temporalità alla generalità delle imprese resta un mistero. O meglio, si potrebbe cominciare con le grandi opere. E’ tuttavia lecito considerare la grande opera come un utilizzo temporaneo di forza lavoro? C’è poi un secondo punto politico, che riguarda i rapporti sindacali tra le parti sociali e il Governo. Il protocollo Expo dovrebbe porre un argine al cosiddetto articolo 8, quello inserito nottetempo dal ministro Maurizio Sacconi, dimostrando sul campo che si possono fare accordi aziendali senza andare ad intaccare più di tanto il contratto nazionale, come pretende appunto Maurizio Sacconi, e come ha scritto chiaramente in quell’articolo. Quanto potrà reggere questa logica, di accordo aziendale in accordo aziendale? Non si fa prima a mettere fuori legge l’articolo 8? E’ un terreno tutto perdente, non ci sono dubbi. C’è già chi, come fa il Sole 24 ore oggi, scrive come con questa logica si potrebbe addirittura bypassare la sentenza della Cassazione sulla rappresentanza. La Fiom è avvertita. La cosiddetta emergenza nazionale della crescita e l’occupazione giovanile finiranno per asfaltare qualsiasi diritto del lavoro. E i sindacati lo dovranno accettare senza colpo ferire, anche perché anche loro hanno sottolineato la stessa cosa. Un bel capolavoro. Se avessero costruito una piattaforma contro la crisi le cose, forse, sarebbero andate diversamente; ma questo è un altro discorso.

Nel merito, invece, il Protocollo Expo, più di qualche bruttura la mette in campo. A cominciare da quel lavoro volontario, che viene in qualche modo ufficializzato. Si tratta di qualche centinaio di persone, non poche visto che i cosiddetti “regolari” sono ottocento. Il sindacato non ha provato nemmeno ad entrare nel merito dell’organizzazione del lavoro. Ha dovuto accettare il fatto che ormai in “qualsiasi grande evento” è prevista una quota di lavoro volontario. Questo lavoro è stato sì quantificato e regolamentato, ma sul fatto che l’azienda copra con il suo utilizzo “processi produttivi” che potrebbero essere occupati da lavoro retribuito non si dice niente. O meglio, i concetti utilizzati sono molto sfumati e difficilmente verificabili. Addirittura, oltre a quello “ufficiale” rimarrà fuori sacco una quota di lavoro volontario che attualmente sfugge alla percezione diretta, tipo l’opera dell’associazione “Ex Carabinieri”, una associazione che a Roma viene utilizzata per esempio in metropolitana nelle varie fermate al posto della guardiania di addetti Metro o vigilantes.

A ben guardare anche gli stage non saranno pagati con una regolare busta paga. Nel Protocollo di Intesa si parla di rimborso spese (più i buoni pasto). La presenza della busta paga è importante perché è attraverso questa che si controllano i vari istituti contrattuali e il relativo valore in denaro. Gli straordinari, ad esempio; o la produttività, oppure lo stesso inquadramento, che nel caso dell’Expò è molto basso, non a caso. Si tratta di voci che verranno godute da una ristretta cerchia di persone.

Come si è capito, l’epifania del Protocollo d’Intesa, non è certo per i lavoratori, che faticheranno con compensi poco sopra l’assegno della pensione sociale (stage). La ciccia è, manco a farlo apposta, per i sindacati, che attraverso gli enti bilaterali e organismi vari, si spartiscono la torta della formazione e dei servizi al lavoro. Migliaia di ore per le quali sono previste finanziamenti pubblici che verranno pagate profumatamente alla casta sindacale e al funzionariato vario. Senza contare l’invisibile mano delle agenzie interinali, sempre pronte a “reperire” persone sul mercato. Ci si chiede, ma con tutta questa disoccupazione che c’è è davvero così impossibile trovare persone disposte a lavorare?

Il peggio, comunque, deve ancora arrivare. E riguarda la sessione contrattuale su orario di lavoro, turni e riposi. Se le premesse sono queste è lì che gli imprenditori daranno la zampata finale. E’ lì che verrà concentrato l’attacco sulla flessibilità, già ampliamente spalmata su questo primo testo. Ai padroni la flessibilità non sembra mai abbastanza. E non perderanno l’occasione per riaffermarlo con tutta la forza possibile.

Fonte: liberazione.it

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