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Elezioni 2013: Grillo e il M5S irrompono nel degrado italiano e nell’austerità

Come era ampiamente prevedibile gli italiani e il porcellum regalano una tornata elettorale che potrà risolversi solo in due maniere: un ritorno repentino alle urne o un governassimo Pd-PdL-Monti come quello che ci ha accompagnato fino ad oggi. Tertium non datur, non ci sono terze vie. Il Movimento 5 Stelle è il simbolo più votato alla Camera dove vince per una manciata di voti la coalizione di Bersani, come nel 2006 quando i voti di vantaggio per accaparrarsi il premio di maggioranza furono 24.000 mentre a questo giro sono circa 100.000. Monti passa per il rotto della cuffia a Camera e Senato ma non è un fattore decisivo. Ingroia sprofonda sotto il successo di Grillo. L’astensionismo fa registrare un +7%, dato importante e frenato solo dalla presenza del M5S che ha catalizzato tutto il malcontento per le politiche di austerità, altrimenti avrebbe raggiunto punte impensabili.

I numeri. La situazione è di semplice lettura numerica e di complessa lettura politica. Alla Camera il Pd ha la maggioranza relativa con poco meno del 30% delle preferenze che gli garantiscono circa il 55% dei deputati. Al Senato invece è parità con i premi di maggioranza regionali che premiano Berlusconi al Sud e al Nord e Bersani al centro e in Piemonte. Il M5S nonostante le alte percentuali in ogni regione rimane penalizzato dal porcellum e in rapporto alle due coalizioni maggiori prende molti meno seggi al senato ma sufficienti per essere decisivi. Al senato quindi può governare solo un governo appoggiato dalle stesse forze di quello attualmente in carica o un fantascientifico e improbabile Pd-Sel-M5S.

Il dato politico. Cresce l’astensione che in questo caso è numericamente inferiore a quello che sarebbe stata solo perché il sentimento di rabbia e sfiducia verso istituzioni e partiti che le hanno occupate in questi anni è stato intercettato dal movimento di Grillo. Era chiaro che dopo quasi 20 anni di seconda repubblica sarebbe arrivata la tornata elettorale della punizione e così è stato. Molti non si aspettavano che il M5S si attestasse intorno al 25%. Poteva essere prevedibile invece che la coalizione di Berlusconi si avvicinasse al 30%, ma con il crollo delle ultime settimane del Pd e della coalizione di Bersani nessuno avrebbe potuto prevedere che con quelle cifre potesse rischiare di vincere. La campagna aggressiva di Berlusconi ha spazzato via un Bersani che ha giocato di rimessa appiattendosi su un’accettazione di fondo dei diktat europei e sulla linea montiana dell’austerity con qualche spruzzata di giustizia sociale nemmeno poi tanto spiegata agli elettori. Una vittoria di Pirro quindi che solo poche settimane fa sembrava invece una formalità. L’anima conservatrice, moderata e cattofascista dei quasi 2/3 dell’elettorato italiano è rivenuta fuori anche in questa tornata elettorale come è sempre stato dal dopoguerra ad oggi, ma è chiaro che in questi anni per questa parte di elettorato gli sforzi del Pd di moderarsi sempre di più sono stati visti come una brutta copia di qualcosa che esisteva già a destra e nel centro ex democristiano.

Il giaguaro. Da caimano a giaguaro, Berlusconi è sempre vivo e come sempre smentisce cassandre e sondaggi. Molti si chiedono come fanno un leader e un partito sempre al centro di scandali, con proposte strampalate, che hanno difeso Dell’Utri e Cosentino, che incitano all’evasione fiscale, con un prestigio internazionale ormai crollato, che strizza l’occhio alla malavita e offende le istituzioni, a riscuotere sempre un discreto successo elettorale e fare recuperi impensabili. Forse questi che s’interrogano non hanno ancora capito che i voti li prende proprio per questo. L’elettorato di centrodestra non è tutto stolto, non è fatto da milioni di persone che da oggi andranno in fila a farsi rimborsare l’Imu. Questo elettorato sa benissimo chi vota, e gli va bene così perchè cerca solamente qualcuno a cui delegare il paese e che gli lasci fare cosa gli pare.

Gli scomparsi. A proposito di democristiani e cattofascisti, la grande competizione nel campo dei moderati ha partorito la quasi estinzione dei partiti di Casini e Fini soffocati da Monti, ma il crollo più clamoroso è quello di Rivoluzione Civile e di Ingroia che merita un’analisi più profonda. Non ci sorprende il poco appeal elettorale di questa lista ma nessuno si aspettava un dato intorno al 2%. I motivi sono molteplici ma alcuni sono più marcati. Ne sottolineiamo due: per prima cosa, così come accadde con la sinistra arcobaleno, è stato presentato un cartello elettorale senza progetto politico e senza un lavoro a monte. Di volta in volta i vari partiti della ex sinistra radicale hanno creato accordi sempre più allargati, a fronte della perdita di voti sempre maggiore, per riuscire a superare le soglie elettorali, ma queste operazioni agli occhi dell’elettorato hanno sempre puzzato di riciclo e di volontà di accedere ai rimborsi elettorali, specialmente In un periodo in cui un movimento che raggiunge il 25% ci rinuncia. E ciò viene accentuato se poi a livello di immagine si cerca di presentarsi come la società civile che scende in campo, lasciando però il dubbio all’elettorato che che in fondo l’operazione sia mossa dai vewcchi partiti. L’elettorato l’ha interpretata così ed ha punito. Senza considerare che la presenza di magistrati e anche poliziotti nelle liste ha fatto storcere molte bocche a sinistra.

Ma c’è anche un secondo punto determinante: appare chiaro che una vasta parte di persone che in questi ultimi tre anni si sono riconosciute in quei movimenti che sono stati i veri protagonisti dal basso delle lotte per i beni comuni, i comitati referendari per l’acqua pubblica e contro il nucleare che hanno vinto clamorosamente il referendum, quelli contro gli inceneritori, i comitati No Tav e tutto l’immaginario e le persone che ci hanno girato intorno da tutta Italia, hanno scelto in prevalenza il Movimento 5 Stelle rispetto a Sinistra e Libertà o Rivoluzione Civile. E oltre a questi settori legati all’attivismo politico, ambientale e civico, appare chiaro che a questi partiti abbia votato le spalle anche una buona parte di mondo del lavoro, sia nella sua parte sindacale sia una sostanziosa parte di operai, disoccupati e precari che in questo ultimo quinquennio sono stati al centro di battaglie, ristrutturazioni e drammi sul posto di lavoro.

Con questa tornata elettorale si conclude definitivamente un percorso per una classe dirigente che dallo scioglimento del Pci, passando per il G8 di Genova e la presidenza della Camera ha visto assottigliarsi sempre di più il proprio peso elettorale e la propria incidenza nella società fra scelte tattiche sbagliate e poca comprensione dei cambiamenti in atto. Solo se, loro come molti altri fuori dal Parlamento e nelle piazze, sapranno mettersi in discussione nelle analisi e nei metodi, potranno risollevarsi. Ma ad oggi tutto ciò non è scontato e può darsi che da domani inizieranno a lavorare per un altro cartello elettorale accozzaglia privo di progettualità politica.

Il dato livornese. Quasi 6.000 votanti in meno, si tratta di una cifra consistente di chi ha abbandonato le urne. In termini percentuali equivale a -2% perché quasi 4.000 erano gli aventi diritto in meno rispetto al 2008, dato che fa capire come sia in atto una fuga, specialmente giovanile, da questa città a cui aggiungere la scarsa natalità. Prendiamo il Senato. Il M5S ha seguito il trend italiano attestandosi sopra il 25% con quasi 24.000 voti. Chi ha perso questi 30.000 voti? 15.500 ne ha persi il Pd (-13%), 12.500 ne ha persi il PdL (-13%), La Lega nord è quasi scomparsa (400 voti vale a dire lo 0,47%), Monti ne ha presi 6.000 (6,7%) mentre Rivoluzione civile ne ha presi poco più di 3.500 vale a dire quello che prese nel 2008 Di Pietro. Se si pensa che a quel tempo l’Arcobaleno+Idv presero 10.000 voti, oggi Ingroia+Sel superano di poco i 7.500. Alla Camera invece il voto dei giovani under25 ha accentuato ancora di più queste cifre: il Pd ha perso quasi il 16% e circa 19.000 voti, il M5S ne ha presi circa 27.000 (27,11%), Ingroia ne ha un migliaio in più che al Senato (4.600 – 4,68%).

Ma c’è anche un altro dato importante per il futuro. Se si considera che alle politiche il voto al Pd è più che altro un voto contro Berlusconi, alle amministrative del prossimo anno i governatori di Livorno non dormiranno certo sonni tranquilli. Non avendo i voti, come emerge chiaramente da questa tornata elettorale, per vincere al primo turno, si potrebbe prospettare un effetto Parma al secondo turno. Ma un anno di politica in questo contesto può equivalere, come durata, a un’era glaciale

 

da senzasoste

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