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[EBOOK] Lavoro e non lavoro. Teorie, cronache e stralci di inchiesta

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Riportiamo l’introduzione e il sommario dell’ebook (scaricabile gratuitamente QUI) dal titolo: Lavoro e non lavoro. Teorie, lotte e stralci d’inchiesta. Buuona lettura!

INTRODUZIONE

Questo ebook nasce sotto la spinta di una nuova serie di lotte e conflitti, più o meno prolungati e organizzati, più o meno episodici e rapsodici, in Italia ed Europa soprattutto, che sono emersi negli ultimi anni attorno a, e ridefinendo il, rapporto tra lavoro e capitale – guardato nella sua dimensione cogente di erogazione diretta di salario. È dunque un punto di vista specifico quello che ci ha portato a misurarci su questo terreno nell’ultimo anno, arco temporale lungo il quale sono stati prodotti i contributi che abbiamo qui riportato. Uno sguardo che, assumendo tale prospettiva, si è continuamente mosso all’interno di un’altra ineludibile serie di sfere che lambiscono, si sovrappongono e confliggono con quella lavorativa. Abbiamo cercato cioè di collocare i rapporti di lavoro all’interno del quadro di progressivo aumento della disoccupazione, del prolungato attacco alle forme di riproduzione, nonché nella costitutiva relazione col territorio, che la prestazione lavorativa intrattiene; e non ultimo con la serie di trasformazioni tecnologiche che vengono ultimamente inquadrate nell’etichetta di “industria 4.0”. È perciò dall’interno e a partire da queste nuove spinte che è emerso l’interesse per una ricognizione sul tema di quello che, definito nella complessità appena accennata, deve dunque essere più propriamente definito come “lavoro e non lavoro”. Per mirare quindi al campo di tensione che si definisce nella forme di soggettivazione come “forza-lavoro” e nel loro rifiuto, nelle condizioni materiali dello sfruttamento, nelle sue sofferenze e nelle sue pulsioni di riscatto e dignità. Abbiamo deciso di racchiudere in questa pubblicazione tre ambiti di riflessione e produzione di scritti che hanno attraversato il nostro portale da fine agosto 2016 settembre 2017. Il libro si apre riportando i testi delle relazioni tenute in un seminario di Autonomia Contropotere svoltosi in Val di Susa a luglio 2017, che a partire da alcune esperienze territoriali di conflitto sul lavoro propongono una serie di ipotesi, rileggono alcune traiettorie teoriche e definiscono una serie di scansioni analitiche che riteniamo possano essere lette sia come documenti indipendenti sia come passaggi per interpretare le sezioni che seguono. La seconda parte dell’ebook raccoglie invece tutte le puntate della rubrica Stralci di inchiesta, ossia di numerose interviste a lavoratori e lavoratrici – raccolte in svariati contesti e introdotte da spunti di riflessione che servono ad inquadrarle. Su questa sezione ci soffermeremo più corposamente nel proseguo di questa introduzione. Abbiamo inoltre deciso di inserire come terza parte del libro alcuni degli articoli più rilevanti usciti su Infoaut nell’ultimo anno rispetto alle lotte nella logistica, alla lotta di Foodora a Torino e sul tema dell’automazione, uno dei terreni di dibattito che paiono porsi come cruciali per gli anni a venire. L’idea è stata dunque quella di proporre una raccolta di testi che potesse accorpare riflessioni teoriche, report e interventi dal caldo delle lotte, e una serie di interviste e riflessioni sul prismatico mondo lavorativo odierno. Su queste ultime, dicevamo, ci soffermeremo più nello specifico ora in quanto necessitano si alcune specificazioni e contestualizzazioni una volta che esse vengono presentate in blocco. Mentre infatti i contributi teorici o gli interventi a partire dalle lotte hanno una loro più chiara “codificabilità”, la sezione Stralci di inchiesta potrebbe prestarsi a una serie di mistificazioni che è bene chiarire da subito. Innanzitutto parliamo dei suoi limiti. I contributi presentati rappresentano infatti niente più che una serie di carotaggi parziali, senza nessuna pretesa di “rappresentatività” o di sguardo generale. Questo non perché non sia necessaria (lo è più che mai!) una ricerca che miri a ricomporre dentro un possibile progetto politico condiviso la molteplicità delle figure del lavoro contemporaneo. Ma, molto umilmente, non pensiamo di esserne al momento in grado. E ciò anche a partire dall’insufficienza dei conflitti che si sono attualmente dispiegati nel contesto della crisi permanente. È d’altronde solo su quel terreno, su una sua intensificazione, che sarà possibile definire altri livelli analitici e politici. Per quello le nostre militanze lavorano ogni giorno. Si è dunque qui inteso fornire, con la serie di interviste, più che altro una panoramica. Indicare una serie di nodi, problemi, e possibili punti di attrito e di accumulo di una forza di parte. Un secondo elemento necessario da esplicitare è che le interviste sono state tutte realizzate in Emilia (tra Piacenza, Modena e Bologna) o poco oltre il confine del Po tra il Veneto e la Lombardia. Insomma, nel quadrante sud/sud-est di quella che abbiamo definito come “megalopoli padana”, la valle produttiva e logistica che connette Mediterraneo e nord Europa. Terzo elemento: non abbiamo mai ambito a essere sociologi. Quelle che qui presentiamo sono dunque interviste guidate da un unico “metodo” che è quello di aprire un piano di riflessione e di conoscere più da vicino alcuni settori. La stessa razionalità che riposa dietro la selezione delle interviste è stata a-lineare e talvolta finanche episodica. Infine, è bene riportare come le interviste sono state realizzate in “climi politici” molto differenti. Alcune di essere sono avvenute “a freddo”, laddove cioè più alti sono i livelli di alienazione e individualizzazione, del tutto assenti le forme di insubordinazione, dove è difficile anche solo immaginare possibili percorsi di lotta. Altre sono state realizzate “a caldo”, durante momenti espliciti di conflitto, quando cioè sfuma il confine tra l’indagine e la lotta (o meglio: dove la militanza politica si interroga su come colpire le controparti e aumentare la potenza della propria parte piuttosto che analizzare le condizioni del contesto). Altre interviste sono state realizzate invece “a tiepido”, dunque in contesti nei quali, semplificando, abbiamo individuato potenzialità di apertura di percorsi conflittuali. Riteniamo in fondo che tutti e tre i momenti abbiano un loro rilievo per l’agire politico, contestualizzandosi come analisi dei movimenti della composizione tecnica, come agire dentro la composizione politica di classe, e come snodi di elaborazione delle tendenze di possibile antagonismo. Lo ripetiamo. Si tratta di contributi che hanno un valore per lo più preliminare e conoscitivo. Ma assumendo la serie di cautele e limiti appena delineati, abbiamo ritenuto utile riportare qui tutte le interviste di Stralci di Inchiesta anche come strumento di riflessione e di dibattito politico. 
L’idea delle interviste nasce durante uno sciopero a H&M di Stradella (tra Piacenza e Pavia), dove stava emergendo una nuova composizione lavorativa nei magazzini logistici, vogliosa di raccontare le proprie condizioni e la propria lotta. Il che ci aveva spinto a inaugurare questa forma di elaborazione su Infoaut. Da quei cancelli isolati tra il cemento di una campagna ultra-urbanizzata siamo finiti dentro i magazzini automatizzati di Amazon e in piccole stanze di start up fingendoci in cerca di lavoro lì. Abbiamo girato per ore in macchina per le campagne e seguito alcuni rider nelle loro peregrinazioni metropolitane. Siamo stati in appartamenti e bar, al telefono e con improvvisati registratori, nei centri storici di alcune città e in altre sperdute periferie di provincia. Le parole delle lavoratrici e dei lavoratori intervistate/i ci hanno condotto in uffici asettici e ambienti tossici per la lavorazione della vernice, in stanze da letto divenute sede lavorativa, lungo catene di montaggio o all’aperto di un campo o nel lavoro porta a porta. Ci hanno fatto lavorare con cervelli telefoni computer braccia gambe bici motorini social network e calcolatori elettronici. Abbiamo visto come funziona il Capitalista collettivo nelle sembianze di aziende storiche e di start up, in industrie dei servizi pubblici, in multinazionali e in ditte a conduzione familiare, nelle catene di franchising o nelle nuove ditte monopoliste come Amazon, in piccole-medie imprese e nelle minuscole frazioni di catene globali di produzione del valore. Abbiamo sentito cosa si prova in un lavoro organizzato su Whatsapp, da algoritmi, da un classico padrone o da un padrone che assume le sembianze anonime di un cliente o di una disciplina interiorizzata dentro il lavoratore stesso. Abbiamo visto produrre merci disparate, mura e frutta, sigarette elettroniche e prodotti finanziari, pubblicità e servizi, tecnologie digitali e cura. Abbiamo ascoltato di forme di sfruttamento “tradizionali” e al limite dell’impensabile, feroci e sottili nella loro pervasività, estrattive rispetto alla cooperazione sociale o del tutto definite nell’organizzazione complessiva del processo produttivo da parte capitalistica. Andando più nello specifico, le interviste hanno cercato di focalizzarsi: nell’ambito della logistica e della distribuzione in senso più lato (grandi catene e centri commerciali); attorno ad alcune delle figure “emblematiche” della cosiddetta precarietà (agenzie del lavoro, agenzie interinali e call center); nel guardare a dimensioni di organizzazione del lavoro ormai consolidate ma pur sempre in qualche misura “atipiche” come le partite Iva o il sistema cooperativo; si è cercato di inquadrare una serie di mansioni più “classiche” come il lavoro di fabbrica, nelle campagne, nel montaggio palchi o nell’edilizia e nell’immobiliare; ci si è diretti verso l’analisi specifica delle linee di genere e di razzializzazione del mercato del lavoro; siamo tornati più volte sulle emergenti forme di gig economy, di platform capitalism e di valorizzazione nel digitale; e abbiamo analizzato le modalità di formazione continua al lavoro sia a partire dalla recente introduzione dell’alternanza scuola/lavoro che più in generale. Ci sarebbe piaciuto farne altre, e spesso siamo stati anche impossibilitati a farlo come nel caso di una lavoratrice di Google, che ci ha detto di non poter rilasciare interviste avendo firmato una apposita clausola nel contratto. In un altro caso uno degli intervistati ha avuto problemi sul lavoro in seguito all’intervista. In altri ancora l’appuntamento per l’intervista è saltato all’ultimo perché per raccontare le terribili condizioni di lavoro di chi fa fotografie dei cataloghi di Yoox ci siamo scontrati con la veloce mobilità (anche su una scala di centinaia di chilometri) dei lavoratori stessi – rendendo di punto in bianco impossibile incontrarli. Quello che ci pare emerga da questa galassia di esperienze è una trama composita di spunti che intrecciano biografie di sofferenze e rabbie sorde, pulsioni tra il disincanto e la voglia di soddisfare bisogni e finanche desideri. Paiono emergere anche alcuni elementi comuni che rappresentano altrettanti potenziali punti di impatto, laddove frequentemente riconducono il lavoro a una sfera di “pericolo” (stress psicologico o danno fisico) e a una sensazione di perdita di controllo sul proprio tempo di vita – a causa di prestazioni sempre più spalmate su un’assenza di diritti e su un lavoro che il datore può erogare “alla spina”, quando e come meglio ritiene. Le lavoratrici e i lavoratori intervistati lamentano spesso paghe inadeguate, forte senso di sostituibilità e assenza di garanzie. Si tocca frequentemente con mano, in filigrana alle loro parole, l’azione silenziosa delle molteplici linee di scomposizione che dividono la composizione di classe lungo la sfera della collocazione geografica, nella dimensione di genere, attraverso la linea della razza e delle stratificazioni stesse della classe. A più riprese emerge come le nuove funzioni lavorative si caratterizzino per una diffusa scarsa conoscenza del processo lavorativo complessivo, e come su di esse giochi di continuo il ricatto della disoccupazione, del lavoro nero, della fine del welfare, della prospettiva del licenziamento, in sostanza dell’assenza di reddito. Il patchwork definito da questa serie di istantanee non è però dominato unicamente da tinte fosche o da (per lo più noti) ostacoli alla mobilitazione. Scorrendo contropelo le interviste è infatti anche possibile cogliere come si aprano in nuce una serie di faglie, attriti e potenziali punti di rottura attorno ai quali sarà necessario elaborare proposte di intervento e di lotta. A più riprese, ad accomunare gli intervistati, si nota il divario tra mansioni lavorative medio/basse a fronte di tassi di istruzione medio/alti, e una consapevolezza delle potenzialità insite in un uso di una “flessibilità di parte” che delinea un terreno di conflitto del tutto inedito rispetto ai decenni che ci lasciamo alle spalle. Nelle pieghe di come vengono dipinte le ideologie del lavoro e i meccanismi di contenimento delle potenzialità di conflitto, nelle forme di identificazione e soggettivazione nelle strategie aziendali e nelle latenti e ambivalenti loro messe a valore e nel loro rifiuto; negli assemblaggi macchinici coi quali si svolge e organizza il lavoro oggi, oscillanti fra anomia e macchinica ripetitività e immediata potenza nelle mani del lavoratore; nello spesso percepito e immediato legame col globale… in questi e altri interstizi siamo convinti si stia configurando un campo aperto di possibilità di scontro e organizzazione che si tratta di indagare, sperimentare, fare esplodere come lotta e riscatto. In fondo, siamo probabilmente all’interno di un cambio di paradigma, su un suo bordo estremo forse, dove si mischiano a velocità inedita forme arcaiche e ultra-moderne di sfruttamento e insubordinazione. Dove il mercato del lavoro si definisce sempre più come una giungla senza regole, uno stato di natura all’interno della quale è però possibile individuare nuove coordinate e sentieri di azione per rovesciare la complessità, la frammentazione e lo spaesamento nel quale siamo stati calati, in nuova potenza di parte. Speriamo che il piccolo contributo di questo ebook, assieme a molti altri sforzi, possa funzionare come stimolo verso questa nuova e necessaria avventurosa lotta ed esplorazione collettiva.

 

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