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Lettera alla mamma di Antonio Gramsci

24 agosto 1931

Carissima mamma,

ho ricevuto le lettere di Mea, di Franco e di Teresina, con le informazioni sulla salute di tutti. Ma perché lasciarmi tanto tempo senza notizie? Anche con la febbre di malaria qualche riga si può scrivere e io mi accontenterò di qualche cartolina illustrata. Sto diventando vecchio anch’io, capisci? e quindi nervoso, più irritabile e più impaziente. Io faccio questo ragionamento: non si scrive a un carcerato o per indifferenza o per mancanza di immaginazione. Nel caso tuo e degli altri di casa non penso neanche si possa trattare di indifferenza. Penso piuttosto che si tratti di mancanza di immaginazione: non riuscite a rappresentarvi esattamente quale possa essere la vita del carcere e quale importanza essenziale abbia la corrispondenza, come riempia le giornate e dia ancora un certo sapore alla vita. Io non parlo mai dell’aspetto negativo della mia vita, prima di tutto perché non voglio essere compianto: ero un combattente che non ha avuto fortuna nella lotta immediata, e i combattenti non possono e non devono essere compianti, quando essi hanno lottato non perché costretti, ma perché così hanno essi stessi voluto consapevolmente. Ma ciò non vuol dire che l’aspetto negativo della mia vita carceraria non esista e non sia molto pesante e non possa almeno non essere aggravato dalle persone care.

Del resto questo discorso non è rivolto a te, quanto a Teresina, a Grazietta, a Mea, che appunto potrebbe scrivermi almeno qualche cartolina.

Ho gustato molto la lettera di Franco e ho apprezzato i suoi cavallini, automobili, biciclette, ecc.: naturalmente, appena ciò mi sarà possibile, farò anche a lui un regalo per mostrargli che gli voglio bene e che sono sicuro che egli è un bravo e gentile ragazzino, anche se, come penso, qualche volta faccia delle monellerie. Spedirò a Mea la scatola dei pastelli, appena mi sarà possibile, ma non bisogna che Mea aspetti qualcosa di grandioso. Teresina non mi ha risposto a una domanda che le avevo fatto: se è arrivato il collo di libri e riviste che Carlo ha spedito da Turi il marzo scorso. Occorre che io sappia se questi libri e riviste vi danno fastidio, perché ne ho ancora decine e decine di chilogrammi da spedire, perché se devono andare dispersi tanto vale che, in parte almeno, li regali alla biblioteca del carcere. Naturalmente io penso che, in ogni modo, anche se danno incomodo nella ristrettezza di spazio di cui soffrite, essi potranno essere utili quando i bambini cresceranno; preparare loro una biblioteca familiare mi pare cosa importante. Teresina specialmente dovrebbe ricordare come si divoravano i libri nella nostra fanciullezza e come si soffrisse di non averne abbastanza a disposizione.

Ma come spieghi che la malaria infierisca tanto nel centro del paese? O si tratta solamente di voi? Io penso che gli attuali reggitori del Comune dovrebbero fare le fogne così come i loro predecessori hanno fatto l’acquedotto: acquedotto senza fogne non può non significare malaria diffusa dove la malaria era già allo stato sporadico.

Insomma, prima le donne ghilarzesi erano brutte e ventrute per l’acqua cattiva, adesso saranno ancora più brutte per la malaria; gli uomini faranno la cura intensiva del vino, immagino.

Tanti abbracci affettuosi.

Antonio

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