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La liberazione di Roma

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Venerdì 2 giugno 1944 dai microfoni di Radio Londra viene trasmessa in tutta Roma la parola “Elefante”: si tratta del messaggio in codice che segnala alla Resistenza italiana che ha inizio l’attacco finale per la liberazione della città.

E’ ormai evidente che l’esercito tedesco ha intenzione di abbandonare Roma senza combattere, e addirittura si allontana velocemente dalla città, pure rinunciando a dar corso alla serie di distruzioni che erano state anticipatamente predisposte, con una serie di mine, collocate in alcuni punti nevralgici della città. Le SS nella notte tra il 3 e il 4 abbandonano la storica sede di via Tasso, bruciando buona parte dei documenti, e apprestandosi a portare con sé alcune decine di prigionieri.

Tutto intorno a Roma la battaglia continua duramente: le retroguardie tedesche, che hanno il compito di frenare l’avanzata alleata si scontrano con le bande partigiane in tutti i comuni circostanti.

Alle prime luci dell’alba di domenica 4 giugno un contingente di canadesi che fanno parte delle avanguardie alleate e di partigiani di Bandiera Rossa (brigata partigiana comunista laziale), si apprestano ad entrare nella capitale attraverso la Casilina: le SS rimaste ripiegano malamente, abbandonando anche un autocarro carico di prigionieri, che riusciranno quindi a salvarsi, grazie all’aiuto della Resistenza cittadina.

Un altro autocarro, carico di prigionieri, viene fatto fermare dagli ufficiali sulla Cassia, e i 14, partigiani e prigionieri alleati, vengono fatti allineare lungo un sentiero e uccisi: sono Bruno Buozzi, Piero Dodi, Eugenio Arrighi, Saverio Tunetti, Lino Eramo, Enrico Sorrentino, Vincenzo Conversi, Edmondo Di Pillo, Borian Frejdrik, Luigi Castellani, Libero De Angelis, Alberto Pennacchi, Alfio Brandimarte, John Armstrong.

La sera del 4 giugno, dopo nove mesi di occupazione tedesca, Roma è una città libera, grazie alle azioni di Resistenza portate avanti dai partigiani, che hanno spianato la strada all’arrivo degli alleati.

In quei terribili nove mesi, infatti, la Resistenza laziale (che tra l’altro si trova ad operare a poche decine di chilometri dal fronte), ha reso impossibile il disegno strategico tedesco, che voleva fare di Roma, dei suoi nodi stradali e ferroviari, dei suoi servizi, un comodo transito e un rifugio per i mezzi e le truppe da e per il fronte di Cassino e di Anzio, una tranquilla base per i suoi alti comandi, il luogo dove permettere un piacevole ristoro ai suoi soldati impegnati sul fronte.

I partigiani romani, ma la cittadinanza tutta, con una capillare rete di solidarietà, mettono seriamente in difficoltà i progetti militari e di gestione metropolitana dei tedeschi, tanto che lo stesso ufficiale Kappler, boia delle Fosse Ardeatine, sarà costretto ad ammettere, durante il processo al termine della guerra, che Roma è “una città esplosiva”.

Guarda “Iole Mancini, la partigiana torturata da Priebke nel carcere di via Tasso“:

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