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I fascisti assaltano la federazione comunista napoletana

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Nell’immediato dopo guerra in Italia ci fu una particolare -desistenza- verso i fascisti.

Ed anche quella che sarebbe risultata come una benevola amnistia si è poi trasformata in una persecuzione antipartigiana.

Già nel ’46 infatti, migliaia di fascisti detenuti venivano posti in libertà, causando poi il rafforzamento dei gruppi armati neo-fascisti e monarchici che proliferavano soprattutto al centro-sud e che andavano compiendo numerosi attentati alle case del popolo.

Uno dei maggiori fu sicuramente l’assalto alla federazione comunista di Napoli del 12 giugno 1946.

Dai bassifondi di Napoli, quel pomeriggio, sbuca fuori una plebe accesa capeggiata da repubblichini picchiatori e da ex piccoli gerarchi. La colonna si dirige verso piazza Carlo III dove si trova radunata una folla di monarchici che sventola bandiere tricolori con lo scudo sabaudo dirigendosi verso via Medina dove c’è la federazione comunista. Raggiunta la sede i manifestanti bruciano le bandiere che vi erano esposte al balcone, quella rossa e quella italiana ripulita dallo stemma. I militanti comunisti escono sui balconi ed iniziano le sparatorie dalle due parti, intanto iniziano feroci scontri con la polizia. L’assalto è tremendo e dura più di tre ore con alterne vicende. Si spara da una parte e dall’altra con colpi di mitraglia e fucile. Esplodono bombe a mano. La folla rovescia i tram per impedire il passaggio della polizia. I manifestanti riescono anche a forzare il portone ed entrare nel palazzo.

La battaglia continua violentissima fino a tarda sera. il bilancio finale degli scontri è pesante. Vi sono sette morti e cinquantun feriti fra i dimostranti e i carabinieri.

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