InfoAut
Immagine di copertina per il post

Renzi e la Libia: il dramma di un’avventura coloniale, ma non troppo

Discorso che tra le fanfare risorgimentali, nel pieno delle celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia, indicava la terra di Libia come luogo di un rinascente spirito mazziniano. Poi se, proprio uno avesse bisogno di ridere ancora un pò, ci sarebbe una terza puntata sui bombardamenti in Libia del 2011 con gli onnipotenti occidentali senza soldi per completare le missioni aeree e via fino a oggi.

Il problema è che è tutto mondo reale e, come abbiamo visto in questi giorni, i morti, come avvenuto ai due sfortunati lavoratori italiani, sono sul campo. Gli ostaggi appaiono e scompaiono, si alternano dichiarazioni di guerra, e riunioni del gabinetto di crisi con Mattarella, a forti, ufficiose frenate. Da oltre un anno il governo italiano è passato da preannunciare operazioni fantasiose, con migliaia di uomini in campo (sui giornali..), a manifestare brusche frenate. Ufficialmente l’intervento in Libia sarebbe condizionato dalla formazione di un governo di unità nazionale, in quel paese, che dovrebbe richiedere l’intervento di truppe legittimate dall’ONU. Il fatto che questo governo è spaccato in due (uno a Tobruk e uno a Tripoli), a volte si è riunito in Tunisia per paura delle reazioni in patria, che da mesi annuncia la propria definitiva formazione che non arriva mai, aggiunge confusione ad attendismo in una situazione complessa. Ma vediamo un pò di questioni.

Dopo la caduta di Gheddafi la Libia è velocemente precipitata in una guerra civile nelle e tra le tre macroaree più significative (Tripolitania, Cirenaica, Fezzan). La complessa composizione sociale della Libia, già tale anche quanto Gheddafi regnava sovrano, ha alimentato conflitti tra bande che si alimentano, a loro volta, di questa complessità. Inoltre la penetrazione dello Stato Islamico, bisognoso di uno sbocco a ovest specie con la complicazione degli scenari siriano e iracheno, ha reso ancora più convulsa la situazione. La guerra è ovviamente per il controllo del territorio e delle risorse economiche (leggi petrolio e gas) disponibili. Tra le risorse economiche dobbiamo considerare anche la possibilità di usare la Libia come snodo di ogni traffico, compreso quello degli imbarchi verso il continente.

La Libia, dopo la fase successiva alla caduta di Gheddafi, è tornata così velocemente tra le emergenze dell’area. Per la questione del controllo delle risorse, quella del contenimento dell’Isis, che assume caratteri diversi rispetto alla vicenda siriana, e quella del governo delle migrazioni. Siccome non siamo più nell’ottocento, quando con un pò di cannonate dalle navi e scaramucce sul terreno si risolvevano i problemi, se la situazione è complessa sul terreno lo è dal punto di vista delle soluzioni politiche, economiche e militari.

Già, l’ottocento. Perchè pochi sanno che il primo intervento militare americano in Libia è del 1804, con una strana, almeno per noi, coalizione: gli Usa alleati della Svezia e del regno delle due Sicilie. La Libia, essendo uno snodo strategico verso tutta l’Africa, interessava e interessa agli Usa. Perchè, allora come oggi, controllare la Libia è controllare un incrocio di rotte tra i paesi del Nordafrica e verso il Centrafrica. Una posizione strategica della quale ha goduto, a lungo, il colonnello Gheddafi. Impadronirsi di questa posizione da parte degli Usa sarebbe, non va dimenticato, mettere in discussione l’egemonia francese in tanti paesi che si dovrebbero servire dello snodo libico una volta che questo sarebbe normalizzato. Basta guardare la cartina geografica, del nord e del centro Africa, e vedere quanti paesi francofoni ci sono, per capirlo.

Poi c’è la questione petrolio. Prima che scoppiasse la guerra del 2011, condotta dalla contraddittoria coalizione anti-Gheddafi con copertura aerea di una contraddittoria alleanza occidentale, le riserve di petrolio libiche non erano esattamente qualcosa di trascurabile. La Libia infatti godeva di due stime: la prima di una capacità di riserve stimabile in 60 miliardi di barili. La seconda si attestava su circa 41-42 miliardi. In ogni caso sempre superiore a quella degli Usa stimata, nel 2013, in 33 miliardi di barili. Rispetto al 2011 è certamente cambiato l’andamento prezzo del petrolio (semplicemente crollato da allora) ma la logica rimane la stessa: chi si impadronisce di queste riserve libiche, e può vantare contratti esigibili, dice la sua sul mercato mondiale e sull’andamento dei prezzi.

Qui entrano in scena altri attori, oltre alla solita Francia, l’Italia (l’Eni prima della guerra contava per il 25% delle esportazioni di gas libiche) e la Cina. Già perchè, sempre prima della guerra, quasi il 12% delle esportazioni libiche di petrolio erano verso la Cina. Una cifra importante per entrambi i paesi chissà se la Cina, con le ristrutturazioni che sta attraversando, ne avrebbe bisogno in futuro. C’è poi un “dettaglio” da mettere sul tavolo. L’80% delle riserve di petrolio libico, che sarebbe comunque qualcosa di più vasto delle riserve Usa, è collocato nell’area di Sirte. Ma chi c’è a Sirte oggi? Parole ufficiali del ministro degli esteri italiano del due marzo: “l’Isis è concentrata a Sirte”. Già e vicino Sirte in aree occupate dal governo di Tobruk, governo che sta bloccando l’accordo di unità nazionale al quale gli italiani tengono, ci sono già, a supporto del locale governo, truppe francesi, inglesi e americane (conferma di varie fonti, anche italiane). Il rischio per gli italiani è palese: che Tobruk conquisti un bel pò di queste riserve, e di pozzi, con aiuto francese e americano senza che l’Italia possa vantare qualche legittimità spartitoria.

E quale è il governo dell’area amico di Tobruk? L’Egitto, così si capisce che le frizioni tra l’Italia e quel paese su Regeni non riguardano solo il fatto in sé, gravissimo, ma anche le differenze tra i due paesi sul comportamento da tenere verso il governo di Tobruk. E si capisce perché l’Italia insiste sul governo di unità nazionale libico, che dovrebbe chiedere l’intervento internazionale: perchè senza un quadro di alleanze, in cui sono chiari bottino e ruolo degli italiani, si apre una corsa alla concorrenza sulle risorse, come da Tobruk verso Sirte, in cui il governo ha solo da perdere.

In definitiva la Libia sta attraversando un processo di ristrutturazione degli assetti coloniali del 21° secolo dopo quelli dell’ottocento, dove già c’erano anche gli Usa, e del novecento con l’invasione alla bersagliera del 1911-12. Un processo che riguarda snodi geopolitici chiari, la posizione della Libia lo spiega da sé, un mare di petrolio e tanto, tanto gas. Ma se questo è chiaro la situazione è complessa: sul terreno e anche nei rapporti tra le potenze che vorrebbero o potrebbero intervenire. Italia, Usa e Francia infatti sono alleate ma anche competitor. Inoltre la potenza largamente egemone, gli Usa, non vuole proprie truppe in campo almeno fino a che non sarà chiaro l’indirizzo della prossima presidenza Usa (Hillary Clinton sarebbe più incline a mandare truppe sul campo, ma dovrebbe fare dei passaggi per arrivarci, mentre è molto incerto un pronostico sul campo repubblicano). Per questo gli Usa hanno “offerto” pubblicamente il comando della missione Libia all’Italia. Un’offerta tanto scomoda, se vuoi il bottino spendi le tue truppe, che il presidente del consiglio ha tenuto, in risposta il profilo più basso possibile. Perchè al momento, come giustamente sostengono diversi analisti militari, non è chiaro l’obiettivo della missione Libia nè chi sono effettivamente i nemici e nemmeno chi sono gli alleati. Visto che i competitor francesi e americani vanno considerati alleati fino ad un certo punto, sarebbe pur sempre una guerra per spartirsi il bottino quindi senza esclusione di colpi, e che, inoltre, la situazione amici-nemici sul campo è tutto fuorché chiara. Resta sullo sfondo questo enorme bottino, geopolitico ed energetico, ma il resto è piena confusione.

Va ricordato che anche l’Iraq era un grosso bottino energetico, la Somalia lo era grosso dal punto di vista geopolitico, e che il tutto si è risolto con un disastro per gli Usa. Perchè la guerra moderna è ad alta complessità -dai fattori finanziari a quelli interni a quelli sul campo- e non basta la sola potenza tecnologica. E quindi non basta la sola prospettiva di un bottino. Queste considerazioni valgono tanto più per l’Italia, la cui potenza tecnologica è inferiore a Usa e Francia, che in questi scenari ha sempre giocato a rimorchio. Ora se ne trova uno che è sotto casa, con la questione profughi che può farsi pesante, che riguarda interessi strategici Eni e nel quale non può giocare a rimorchio. Ma, allo stesso tempo, l’Italia (meno male) non ha mai giocato al leader delle guerre neocoloniali del 21° secolo. E si vede, lo si è visto in tutti gli ondeggiamenti sulla vicenda libica da cinque anni a questa parte. Oltrettutto se l’Italia ha sempre avuto uno status di potenza coloniale verso la Libia, ha sempre anche avuto uno status di potenza colonizzata dagli Usa e quello di paese debole rispetto alla Francia. Tutte questioni che si fanno notare in uno scenario, animato e convulso, come quello libico. Dove l’Italia si è fatta notare per dichiarazioni muscolari come di basso profilo.

L’ideale per il governo Renzi, in questa situazione, sarebbe fare una guerra coloniale ma non troppo. Abbastanza da garantire interessi nazionali, e propaganda interna, ma non così tanto da farsi risucchiare nel labirinto di una guerra civile permanente. In uno scenario dove gli amici al massimo sono competitor, gli amici possono mollarti alla prima allenza che cambia, i mezzi sono quelli che sono. Vedremo se si tratterà, da parte del governo, di una lenta agonia prima di decidere qualcosa, di un capolavoro politico o di un disastro annunciato. Per ora ci sono due ostaggi morti. Quelli purtroppo sono la più classica delle certezze.

da senzasoste.it

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

colonialismoEgittoguerraguerra LibiaLibiarenziUsa

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Uscita la legge europea sull’Intelligenza Artificiale: cosa va alle imprese e cosa ai lavoratori

Il 13 marzo 2024 è stato approvato l’Artificial Intelligence Act, la prima norma al mondo che fornisce una base giuridica complessiva sulle attività di produzione, sfruttamento e utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il colore dei manganelli

Quei fatti si inseriscono in un contesto nel quale la repressione – nelle piazze, nei tribunali, nelle carceri, nei centri di detenzione per migranti – è diventata strumento ordinario di governo

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La crisi nel centro: la Germania nell’epoca dei torbidi. Intervista a Lorenzo Monfregola

La Germania, perno geopolitico d’Europa, epicentro industriale e capitalistico del continente, sta attraversando senza dubbio un passaggio di crisi.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Guerre, decoupling ed elezioni negli USA. Intervista a Raffaele Sciortino

Le prospettive del conflitto sociale saranno sempre più direttamente intrecciate con le vicende geopolitiche mondiali, con l’evoluzione delle istanze che provengono da “fuori” e dunque anche con la tendenza alla guerra scaturente dall’interno delle nostre società

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Per una lettura condivisa sul tema pensionistico

All’innalzamento dell’età pensionabile va aggiunto poi un ulteriore problema: mentre gli  importi pensionistici vengono progressivamente abbassati la convenienza  del pensionamento anticipato diminuisce.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Digitalizzazione o giusta transizione?

Sfinimento delle capacità di riproduzione sociale, economia al collasso e aumento del degrado ecologico: di fronte a queste sfide per il settore agricolo non basta il capitalismo verde

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Agricoltori calabresi in rivolta, un’analisi

Ancora sulle proteste degli agricoltori, pubblichiamo questa interessante analisi sulle mobilitazioni in Calabria apparse originariamente su Addùnati il 24 gennaio.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

C’era una volta… oppure c’è ancora Marx?

Non resta dunque, a chi scrive, che lasciare ai lettori il piacere di scoprire, ancora una volta insieme a Marx, una possibile alternativa all’attuale modo di produzione e ai suoi flagelli ambientali, sociali, economici, militari, razziali e di genere.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La lezione della rivolta dei trattori: l’ecologia sarà contadina e popolare o non sarà

Mentre i blocchi continuano un po’ ovunque, presentiamo alcune posizioni circa la presente situazione espresse dal punto di vista dei Soulèvements de la terre.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

In Italia stanno sbarcando molti mezzi militari americani

La denuncia dei portuali del Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali (CALP) di Genova

Immagine di copertina per il post
Confluenza

VOI SETTE, NOI 99%

Dentro la Reggia di Venaria dal 28 al 30 aprile ci saranno i ministri delle 7 potenze mondiali a parlare di transizione ecologica ed energetica. A Torino si sta costruendo un percorso di avvicinamento che vede coinvolti comitati, associazioni ambientaliste, collettivi studenteschi e giovanili, realtà ecologiste.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Misure cautelari per tre militanti di Antudo per un sanzionamento alla Leonardo SPA. Repressione su chi fa luce sulle fabbriche di morte e le guerre in atto

Ieri mattina la Questura di Palermo ha eseguito tre misure cautelari, due obblighi di firma e una custodia cautelare in carcere per tre militanti di Antudo.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Macron, à la guerre!

Il presidente francese si lancia in dichiarazioni apparentemente scomposte sulla guerra russo-ucraina, palesando lo “spirito dei tempi” di una parte delle elites europee. Il tronfio militarismo da prima guerra mondiale ci avvicina al disastro.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libia: scioperi e blocchi negli impianti di gas che riforniscono l’Eni

Il 20 Febbraio 2024 i membri del gruppo libico Petroleum Facilities Guard (PFG) hanno bloccato i flussi di gas in un complesso facente capo alla “Mellitah Oil & Gas” nella città di Al-Zawiya.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Washington ha silenziosamente inondato Israele di armi utilizzate per la Pulizia Etnica di Gaza

Mentre la Casa Bianca finge pubblicamente di essere preoccupata per l’assassinio di massa di civili palestinesi da parte di Israele, negli ultimi cinque mesi il Pentagono ha fornito decine di migliaia di bombe usate per radere al suolo la Striscia di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armi: verso il libero mercato?

L’intento è ben celato, ma evidente: smantellare la legge n. 185 del 1990, quella che introdusse in Italia “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”.

Immagine di copertina per il post
Culture

Alle radici della Rivoluzione industriale: la schiavitù

E’ considerato come uno dei più noti storici dei Caraibi, insieme a Cyril Lionel Robert James, soprattutto per il suo libro intitolato “Capitalismo e schiavitù”, appena pubblicato in Italia da Meltemi editore.