InfoAut

Se gli autobus diventano polveriere sociali

Alzi la mano chi nel corso degli ultimi sei mesi, nelle grandi città, non abbia sentito di qualche aggressione ai danni di personale e conducenti di mezzi pubblici, spessa resa in termini drammatici, se non splatter. Nella realtà potranno essere quante, o addirittura inferiori alle angherie verso i viaggiatori di controllori più simili ad esattori fiscali che a persone o di autisti particolarmente esagitati (senza nulla togliere, anzi facendo sentire la nostra vicinanza e gratitudine a quanti in questa categoria si espongono quotidianamente per assicurare il diritto alla mobilità per tutt*); però delle prime si parla assai, e delle seconde assai poco.

L’episodio delle linee bus separate per italiani e rom di Borgaro (territorio, vale la pena di ricordarlo, già strumentalizzato dalla cronaca nera con la notizia del finto rapimento di un bambino: altro totem mediatico di governo della paura e dell’insicurezza) promosse dalla giunta PD-SEL e riprese dal candidato leghista alla regione Emilia-Romagna Fabbri potrebbe rieccheggiare la nefasta stagione dei sindaci sceriffo nel Nord Italia di un decennio fa. Dopotutto, in tempi di governo renziano, la dialettica razzista istituzionale sembra tornata di moda: con l’exploit di Salvini, il complottismo su Ebola, l’allarmismo sull'”invasione”, gli stranieri a Genova che (falsamente) non avrebbero aiutato a ripulire la città…

A ben vedere, tuttavia, forme di malcelata segregazione di fatto le vediamo quotidianamente all’opera: chi non ricorda i fatti di Corcolle di pochi giorni fa? Si scoprì che gli assalti ai mezzi pubblici, ad opera di una folla di migranti inferociti, derivavano dal fatto che diversi conducenti saltassero sistematicamente le fermate: costringendo i malcapitati a scarpinate di svariati chilometri. Suona così diverso dalla condizione di centinaia di migliaia di pendolari, che vedono ridursi sempre di più tratte e soste dei trasporti locali ed aumentarne i prezzi? O anche solo di chi subisce quotidianamente gli sgradevoli richiami all’ordine delle voci pre-registrate sui treni regionali (su quelli ad alta velocità le forme discriminatorie sono altre, come ci ricorda la cupa era Moretti)? O quelli delle perbeniste “campagne delle buone regole” sugli autobus di aziende di trasporto locale che evadono milioni di tasse? La crisi creata da banchieri e politici ci rende tutti potenzialmente criminali quando saliamo su un mezzo pubblico? Dalle classi al classismo il passo è breve.

E qui i Gramellini di turno, seduti nelle poltrone deluxe della macchina capitalista, cadono dal pero: scoprendosi o ingenui (ma ci crediamo poco), o in flagrante malafede. Cosa dovrebbe unire lo stato iperliberale contemporaneo – per sua natura corrosivo verso qualsiasi forma di legame sociale forte e trasversale, quanto garante (tramite la coercizione ed il controllo della fiscalità) dell'(irre)quieto vivere di una schiuma di bolle di individualità autistiche (o omofile, se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno)? Uno stato autoritario, che da una parte si adopera per disconnettere marginalità e periferie problematiche ed improduttive dal centro e dall’altra per dismettere la stessa conformazione della mobilità come spazio pubblico? Non è più, ormai da tempo, una questione di di prendere un treno o un autobus (figuriamoci occuparli) per andare alle manifestazioni più importanti: ma di chi su quei mezzi abbia titolo di salirci nella propria quotidianità, e per quali finalità.

Se quindi le limitazioni alla mobilità dei migranti degli anni ’90 e 2000 diventano prospettive per tutti nel nostro presente e futuro, attraverso gli strumenti del controllo sociale e dell’urbanistica, si apre tuttavia lo spazio per cui oggi non intenda farsi da parte non la Rosa Parks di una minoranza perimetrata, ma mille pendolari nomadi dell’imprevedibile deserto del reale. A condizione che queste contraddizioni possano essere fatte risaltare e saltare. Affinché, davanti al nuovo apartheid della crisi, che frammenta sempre più gli scompartimenti sociali, possa ergersi non una difesa formale della possibilità di salire sul tram per andare a lavoro; ma il contrattacco sostanziale del diritto a muoverci nei nostri spazi e tempi, per viverli e cambiarli.

Onironauta

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

mobilità

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

American way of death

Pochi giorni dopo la sparatoria di Butler che ha causato una ferita all’orecchio di Trump, un morto, due feriti e uno scossone nell’andamento della campagna elettorale più folkloristica di sempre, Trump torna alla carica alla vigilia della convention repubblicana di Milwaukee che lo incoronerà ufficialmente candidato, dicendo “Non mi arrenderò mai, vi amo tutti”. Il […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Un sospiro di sollievo, nient’altro

Più che la vittoria dimezzata, per quanto in parte sorprendente, della sinistra in Francia ciò che c’è possiamo festeggiare è la sconfitta del Rassemblement National. Una sconfitta chiara, ed una buona notizia nel breve termine, ma che, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, ci costringe a porci diverse domande.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Elezioni in Francia: a che punto è la notte

Le elezioni francesi hanno confermato l’ascesa della destra del Rassemblement National e la fine del regno incontrastato della Macronie.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Elezioni Europee: tra voto di protesta ed astensione l’europeismo liberista e belligerante è sempre più in crisi

Debacle totale per il falco Macron che ha passato gli ultimi mesi di campagna elettorale a spingere sul terreno del conflitto aperto con la Russia. Alexandre De Croo, primo ministro liberale del Belgio è dimissionario e in Germania, il grande malato d’Europa, l’ultradestra di AfD sorpassa i socialisti di Sholz.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ilaria Salis: un voto che (per una volta) serve

Se la campagna per la sua liberazione passa attraverso le urne andremo a cercare dove diavolo è finita la tessera elettorale e faremo la nostra parte.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Tamburini di guerra

Mentre gli stati continuano ad ammassare armamenti il tentativo di condizionamento dell’opinione pubblica sull’inevitabilità della guerra raggiunge nuove vette, tra giornalisti che lodano i benefici per l’economia dell’industria delle armi, propaganda nelle scuole e proposte politiche scellerate.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Cosa vuol dire un’università libera?

In TV e sui giornali si è scatenata la canea mediatica nei confronti degli studenti e delle studentesse universitarie che richiedono la fine degli accordi di ricerca militari o di dual use con le università israeliane.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Macron, à la guerre!

Il presidente francese si lancia in dichiarazioni apparentemente scomposte sulla guerra russo-ucraina, palesando lo “spirito dei tempi” di una parte delle elites europee. Il tronfio militarismo da prima guerra mondiale ci avvicina al disastro.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Agricoltura: la fabbrica impossibile

Non possiamo comprendere queste mobilitazioni senza cercare un nuovo modo di vedere le cose.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

“Difendiamo la nostra terra!” Reportage dalle proteste degli agricoltori Piemontesi

Si tratta di un racconto situato e parziale, a metà strada tra la cronaca e l’analisi, che speriamo possa servire da spunto tanto per una riflessione più ampia quanto per la scrittura di altre analisi situate.