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Meisino e Bertolla, territorio di pertinenza fluviale

A pochi giorni dalla manifestazione del 25 gennaio, condividiamo un altro approfondimento, di stampo idrogeologico, riguardante la zona del Meisino. Aggiungiamo così un ulteriore parere tecnico che sostiene l’insensatezza del progetto di Cittadella dello Sport e minaccia il parco.

La critica a questo genere di opere si allarga, partendo dal Meisino si diffonde nei corridoi accademici, e rende sempre più necessaria la messa a disposizione dei saperi e delle competenze tecniche per le lotte a difesa del verde. La lotta del Meisino apre delle faglie interessanti all’interno dell’accademia: da un lato, c’è chi continua a scrivere papers sulla sostenibilità e la conservazione non uscendo dal proprio circuito del sapere a porte chiuse, dall’altro c’è chi mette a servizio le proprie conoscenze contribuendo alla mobilitazione. I pareri tecnici danno valore alla difesa contro la devastazione ambientale e al contempo indicano un’evidenza, ossia la non neutralità della scienza.

Parliamo del Meisino.

Parliamo del fatto che la politica tutta pensa bene del progetto che il Comune di Torino sta portando avanti in quella Riserva protetta; che sia virtuoso e che, al contempo, sotto le pressioni dei comitati, dei singoli cittadini e delle associazioni, il comune stesso abbia apportato le modifiche necessarie per migliorare il progetto. E il tutto nasce con un peccato originale. Un luogo che allenava alla guerra coi cavalli e i carri armati, viene fatto passare con camaleontica capacità per un impianto sportivo dismesso da ristrutturare, così da prendere in prestito i fondi destinati a questo scopo (e solo a questo scopo) dal PNRR. Guerra e sport, una bugia tirata per i capelli, a voler essere lievi.

La Riserva Naturale Meisino-Bertolla esiste in relazione biunivoca con i suoi fiumi, Dora Riparia, Po e Stura di Lanzo e per la presenza della Diga del Pascolo, conosciuta anche con il nome di Ponte-diga. In quel tratto del corso del fiume Po, in una lunghezza di 2700 m, questi tre corsi d’acqua si trovano ad interagire secondo confluenze stabilizzate da centinaia di anni e, nello sforzo di consentire il migliore dei deflussi idrici in relazione agli argini fissi che l’uomo ha imposto per lo sviluppo della città, questo sistema idrografico si è organizzato con una serie di fasce fluviali quali il Parco Colletta, il Parco della Confluenza Sofia e la Riserva Naturale Meisino-Bertolla, aree nelle quali esondare quando le precipitazioni sui vari bacini imbriferi si fanno troppo abbondanti. Alvei di piena, casse di espansione naturali, una benedizione del cielo. L’area stessa è stata plasmata da centinaia di inondazioni per esondazione; a memoria d’uomo ricordiamo le alluvioni del 1706, 1839, 1951, 1994, 2000 e 2016, e le popolazioni da sempre hanno abbandonato questi luoghi al loro destino naturale, avviando sul posto attività dal basso carico antropico; poligono di tiro nell’Ottocento, galoppatoio nel ‘900 e, sul finire del suo utilizzo militare, area di allenamento per la guida dei mezzi cingolati.

Ed è importante sottolineare il fatto che l’acqua che invade queste aree, con naturale esposizione, è acqua ad alta energia come si dice in gergo tecnico. é acqua che travolge, trascina, corre impetuosa verso valle; in più occasioni sono state osservate lame d’acqua di 2 metri di altezza che solcavano il territorio del Meisino e Bertolla.

I proponenti e gli attuatori del progetto, quale pensano che sia il destino di tutte le attrezzature, sportive e non, poste a livello del piano campagna? E il destino dell’ascensore e degli impianti elettrici previsti nel centro educativo? Dei magazzini, per gli oggetti e le pedane? Quanto facilmente verranno rovinati o trascinati e danneggiati e con quali pericoli? E gli impianti di depurazione degli scarichi dei servizi e del punto di ristoro? Quale inquinamento irreversibile apporterà tale progetto ad un area ad elevato tasso di naturalità come la Riserva Naturale e Zona a Protezione Speciale?

Non per niente tutti i sistemi di protezione civile pongono l’area in classi di rischio elevate con tutele e proibizioni in ogni senso. Qualsiasi aumento del carico antropico su tali aree è proibito dal PRG del comune, e addirittura vengono tutelate dalle zonazioni di rischio promulgate dall’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po che pongono la Cascina Malpensata (Ex-Galoppatoio Dardi, la sede individuata per la costruzione del centro educativo) in valore R4, il valore di rischio idraulico Molto Elevato, il più elevato che la legislazione statale consente. Quindi niente da fare, i lavori sono fuori norma, l’area è classificata da ARPA Piemonte come “ad Elevata probabilità di inondazione” e ogni attività, al di fuori di studio, ricerca e osservazione, è proibita.

Però stavo pensando anche al valore unico di corridoio ecologico rappresentato da questo territorio. Stanno considerando questo importante crocevia che funge da ponte fra le Alpi ed il Piemonte orientale? E la tana dei Tassi? L’area che si affaccia su ogni lato delle selvagge zone umide del sud? Attualmente nelle restituzioni grafiche progettuali del territorio interno alla Z.P.S. (comprese quelle della ristrutturazione della Cascina Malpensata) tale zona risulta spianata, obliterata insieme al suo tesoro di vita e… in realtà dovevo parlare solo di idrogeologia ma le questioni aperte sono gravi e tante che davvero non basterebbero venti pagine per analizzarle e la popolazione è seriamente preoccupata sotto molti punti di vista.

Faranno così? Colpiranno le famiglie della colonia dei tassi, dei ricci?… La volpe e i cinghiali?

Sappiamo di no, le continue pressioni a tutti i livelli dei cittadini porteranno i lavori ad uno stop o a prendere in considerazione quell’angolo di unicità, inserito in un paradiso raro da trovare, posizionato in un’area metropolitana europea che sta provando a resistere contro questa modernità scevra da ogni utilità sana, che la sta attacando da tutte le direzioni.

Articolo e foto di Alberto Cotti, idrogeologo

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pubblicato il in Confluenzadi redazioneTag correlati:

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