
Stati Uniti. Guerra ai neri, guerra di classe
A rendere il piatto più succoso i business della gestione privata dei centri di detenzione di stato e di contea, le agenzie di sicurezza privata e, nell’ultimo decennio, la neoburocrazia semiprivata della sorveglianza telematica. Affari da miliardi di dollari annui.
Dopo l’11 settembre 2001 c’è stato un ulteriore salto di qualità grazie al corpus di leggi che va sotto il nome di Patriot Act: estensione capillare della sorveglianza, detenzione amministrativa senza limite di tempo, creazione di liste di persone che vengono interdette nella loro libertà’ di spostamento in base a procedure amministrative su criteri secretati. Alle persone “sospette” viene vietato l’utilizzo di mezzi aerei per spostamenti in quanto “potenzialmente” pericolose: i criteri in base a quali si viene iscritti in questa no fly list non sono mai stati rivelati. un abuso e una rottura di quello che dal punto di vista liberale è riconosciuto come diritto naturale.
Dopo la strage di Orlando in Florida abbiamo assistito ad uno squallido teatrino: parte della componente democratica eletta al senato si è messa in mostra con un bel sit-in di diversi giorni dentro l’edificio del potere legislativo federale per chiedere che venisse calendarizzata la discussione parlamentare su una proposta di legge del Democratic Party che, se approvata, vieterebbe a certe persone l’acquisto e la detenzione di armi, diritto riconosciuto come inviolabile dal secondo emendamento. Queste liste, secondo la proposta dei democratici dovrebbero riprendere i criteri delle no fly list. Insomma: in base a liste fatte con criteri segreti e da funzionari amminstrativi federali, su non si sa quali segnalazioni, si restringerebbe un’altra libertà ed un diritto costituzionalmente riconosciuto negli Stati Uniti.
Questa pericolosa proposta di legge ha ottenuto anche l’appoggio di certi settori del Republican Party e si vocifera di un possibile endorsment da parte non solo di Trump, candidato ufficiale del GOP per le presidenziali di novembre, ma addirittura della NRA, la National Rifle Association, l’associazione dei possessori di armi, per lo più della middle e upper class consevatrice bianca.
Già dagli anni sessanta la NRA si era distinta per l’appoggio a proposte restrittive del secondo emendamento purché queste colpissero settorialmente il movimento di emancipazione dei neri, dei latini e dei nativi americani. Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che all’epoca la stragrande maggioranza dei movimenti per l’emancipazione dalla discriminazione razziale, da quelli più radicali come le Black Panther o le organizzazione armate dei nativi a quelli più pacifici come il movimento del reverendo King, ponevano, pur con diverse sfumature, la questione dell’autodifesa dagli attacchi criminali dei vari gruppi reazionari razzisti, spesso appoggiati dalle strutture locali, e non solo, dell’organizzazione statale.
Di acqua sotto i ponti ne è passata: per quanto non vi siano più quei grandi movimenti di massa e le azioni contro il razzismo strutturale siano divenute meno incisive e più sporadiche, anche se il movimento Black Lives Matters sta innescando una nuova fase di lotte, il conflitto sociale fa sempre paura. Anzi: in una fase di imponente restrutturazione economica fa ancora più paura. E allora ecco scendere in campo i peggiori attrezzi della repressione: sospensione in base a criteri amministrativi di diritti costituzionali, sorveglianza sempre maggiore nei confronti degli attivisti, repressione preventiva. Il tutto sotto l’egida della war on terror e la spinta emotiva data da episodi di mass shooting, per quando questi, a vedere i dati, siano in calo.
Ovviamente queste proposte vengono presentate come leggi atte a tutelare tutti. Ma colpiranno in maniera molto selettiva coloro che agiscono per un cambiamento radicale della società e coloro che sono strutturalmente oppressi. Se sommiamo queste proposte di legge con la pratica del racial profiling attuato con sempre maggiore intensità dalle forze dell’ordine e con le proposte di estendere il sistema di background checks il quadro è completo.
La propaganda politica utilizza l’emotività e di un certo perverso senso comune per imporre un’agenda politica autoritaria che riprodurrà e peggiorerà l’attuale sistema di dominio.
Ne abbiamo parlato con Lorenzo, autore dell’articolo da cui abbiamo liberamente tratto la nostra introduzione alla diretta su Stati Uniti, violenza poliziesca, guerra ai poveri.
Ascolta la diretta:
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