InfoAut
Immagine di copertina per il post

Libano: tra proteste e Coronavirus

||||

Una nuova ondata di proteste sta attraversando il Libano in questi giorni: nonostante le misure imposte dal governo per il contenimento dell’epidemia di COVID-19 (quali coprifuoco notturno, chiusura dei confini e dello spazio aereo e della maggior parte degli esercizi commerciali, adesso in progressiva riapertura), centinaia di libanesi sono scesi in piazza la scorsa settimana per protestare contro il carovita e per denunciare le condizioni economiche ormai insostenibili in cui si trovano migliaia di persone (si stima, infatti, che la popolazione sotto la soglia di povertà relativa abbia raggiunto circa il 30%).

La ripresa delle manifestazioni antigovernative non rappresenta certo un fuoriprogramma ma si inserisce in un continuum di proteste iniziate circa sette mesi fa: dal 17 ottobre 2019 la popolazione libanese non ha mai smesso di scendere nelle strade per denunciare la corruzione di una classe politica che rappresenta sempre meno il suo elettorato e sempre di più i suoi interessi e le cui politiche neoliberali di privatizzazione hanno portato diverse famiglie e giovani sul lastrico. La nomina, a gennaio, dell’esecutivo guidato da Hassan Diab, definito da più parti “tecnico-politico” ma che di fatto si appoggia e rimane legato all’asse sciita-cristiano uscito vincitore dalle scorse elezioni (tenutesi a Maggio 2018) e rappresentato principalmente da Hezbollah e dal Movimento Patriottico Libero dell’attuale presidente Michel Aoun, non ha sortito gli effetti sperati ma ha trascinato ed esacerbato, invece, una situazione economica, finanziaria e politica già in piena crisi.

Alla decisione del governo – presa a metà febbraio – di non pagare la prima rata di 1,2 miliardi di dollari di interessi sul debito pubblico (equivalente al 170% del PIL) e al conseguente annuncio – per la prima volta nella storia del Libano – del default finanziario si è aggiunta, qualche giorno dopo, l’ombra di un potenziale disastro sanitario derivante dalla diffusione del coronavirus nelle aree urbane così come nei numerosi campi profughi – formali e informali – che ospitano ancora centinaia di migliaia di sfollati siriani e palestinesi. Con la scusa di un’imminente catastrofe in agguato legata alla diffusione incontrollata del virus e all’inadeguatezza del sistema sanitario nazionale (non solo carente a livello strutturale ma anche quasi tutto privatizzato e dunque sostanzialmente inaccessibile per la maggior parte della popolazione), il governo libanese ha quindi smantellato a Beirut e in altre città minori tutti i presidi antigovernativi che erano nati in autunno per permettere la sanificazione delle aree, mettendo al bando qualsiasi assembramento o manifestazione.

Se, a Beirut, le demolizioni dei presidi della “thawra” (“la rivoluzione”) non hanno causato forti reazioni da parte della società civile se non la promessa di ritornare a protestare di fronte al Parlamento e al palazzo del governo una volta superata l’emergenza sanitaria, così non è stato a Tripoli, seconda città più grande del Libano situata alle porte di una delle regioni più povere del paese, l’Akkar.  Qui, le imposizioni del governo rispetto all’auto-isolamento e confinamento, insieme alla chiusura degli esercizi commerciali, si sono scontrate con un’impossibilità concreta, per la popolazione, di seguire tali dettami, se non a rischio concreto di morire di fame, prima che di coronavirus.

Tripoli, città a maggioranza sunnita e feudo dell’ex Primo Ministro Saad Hariri e dei suoi alleati, si era già contraddistinta in questi mesi in quanto roccaforte delle proteste, proprio a causa della sua condizione marginale che ne ha portato l’esclusione dalle politiche nazionali (in questo il Libano si conferma infatti molto Beirut-centrica, soprattutto se si pensa al settore finanziario e alla circolazione di capitale straniero) e teatro di scandali politici legati a corruzione e nepotismo (definito in arabo con il nome di wasta). In autunno, le immagini della piazza principale, Sahet al-Nour, gremita di gente avevano fatto il giro del paese e avevano rappresentato un esempio di resistenza e richiesta di un cambiamento reale, a partire dalle fasce più vulnerabili della popolazione.

Ed è proprio la rabbia di queste persone, le più emarginate e la cui voce è stata totalmente ignorata in questi ultimi mesi, che è esplosa il 27 Aprile in quella stessa piazza che è diventata teatro di scontri fra manifestanti e reparti dell’esercito, i quali non hanno esitato a fare un uso sconsiderato della forza anche attraverso l’utilizzo proiettili veri, uno dei quali ha ucciso il ventiseienne Fawaz Fouad al-Samman, il primo martire della “rivoluzione della fame” (Fawaz non è, tuttavia, la prima vittima di questa lunga ondata di proteste, che conta almeno altri quattro morti in condizioni analoghe ma mai per confronto diretto con forze di polizia o esercito). Se fino ad ora il governo aveva impiegato principalmente forze di polizia per gestire i blocchi stradali e gli assembramenti spontanei, gli ultimi avvenimenti di Tripoli mostrano come non si faccia invece scrupoli, nel momento in cui le critiche al sistema politico corrotto si fanno più forti, nel reprimere il dissenso a suon di carri armati e sparatorie in centro città nel nome di una presunta sicurezza nazionale legata all’emergenza sanitaria.

La ripresa delle proteste a Tripoli e il relativo successo delle misure di prevenzione dal coronavirus hanno spinto, inoltre, diverse centinaia di persone a scendere in strada anche in altre zone: dalla Valle della Beqaa a Sidone (dove sono state vandalizzate diverse filiali bancarie come successo a Tripoli), fino a Nabatieh, storico feudo di Hezbollah, dove le proteste hanno mantenuto, per adesso, un carattere pacifico. Anche a Beirut, diverse centinaia di persone hanno ripreso a manifestare di fronte alla sede della Banca Centrale e scandire slogan contro i “padroni borghesi dalla pancia piena”.

In occasione del Primo Maggio, numerose persone hanno manifestato in tutto il Libano per denunciare, ancora una volta, l’elevato tasso di disoccupazione giovanile (che in alcune aree, come Tripoli, si attesta al 60%) e l’inflazione altissima che ha raggiunto la Lira Libanese, che fino a qualche mese fa veniva cambiata con il dollaro secondo un tasso di 1500 LBP:1 USD ma che è triplicato in questi ultimi mesi (da ottobre, inoltre, le banche hanno imposto un limite per i prelievi in dollari, adesso praticamente bloccati dall’assenza di circolazione della valuta nel paese). Domenica 3 Maggio, una grande e partecipata manifestazione ha attraversato le strade di Tripoli per commemorare Fawaz Fouad al-Samman, numerose sono state le persone che si sono spostate da Beirut e da altre aree del Libano per portare la loro solidarietà e marciare accanto ai loro concittadini.

E mentre nelle piazze si urla a gran voce il dissenso popolare e si cerca di costruire un’alternativa reale a quello che è ormai considerato come un sistema politico corrotto e in mano alle banche, nei palazzi del potere si iniziano a discutere piani di riforme lacrime e sangue richiedendo l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, a quanto pare già pronto da mesi a fornire i suoi servizi al paese dei cedri. Nel richiedere l’aiuto del FMI, il premier Hassan Diab si è rivolto ai libanesi parlando di “una svolta per il futuro del paese”, una prospettiva che, tuttavia, sembra rosea solo ai suoi occhi e a quelli dei politici che lo circondano.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

CORONAVIRUSlibano

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ha vinto Kast e il Cile si aggiunge all’ondata di ultradestra

È il primo pinochetista a giungere a La Moneda in democrazia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’economia genocida di Israele è sull’orlo del baratro?

L’economista Shir Hever spiega come la mobilitazione per la guerra di Gaza abbia alimentato un’”economia zombie” che sembra funzionare ma non ha prospettive future.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Nasce “HUB”, un bollettino sulla militarizzazione e le resistenze dei territori

Dal lavoro congiunto di mobilitazione, organizzazione e inchiesta degli ultimi mesi che ha coinvolto diverse realtà e lavoratorə di Pisa, Firenze, Livorno, La Spezia e Carrara nasce il primo numero di “HUB”

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ci stanno preparando alla guerra. E lo fanno contro di noi

Se militarizzano la società e ci chiamano nemici, la risposta è una sola: disertare la loro guerra, sottrarsi alla paura, spezzare il linguaggio che la legittima, difendere lo spazio vivo del dissenso.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Venezuela: gli Stati Uniti rivendicano un atto di pirateria nei Caraibi

“Bene, lo teniamo, suppongo”, ha affermato Donald Trump dopo essere stato consultato dai giornalisti sull’uso del greggio della petroliera sequestrata di fronte alle coste del Venezuela.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Regione Sardegna apre all’ampliamento della fabbrica di bombe RWM

La fabbrica RWM da anni attiva in Sardegna in una porzione di territorio, il Sulcis, di proprietà della tedesca Rheinmetall, vedrà molto probabilmente il via libera per il suo ampliamento.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il fumo di Gaza oscura le fiamme della Cisgiordania: il Progetto Coloniale reso permanente

Mentre gli occhi internazionali sono puntati su Gaza, Tel Aviv sta portando avanti la sua più aggressiva campagna di Pulizia Etnica e furto di terre nella Cisgiordania Occupata dal 1948.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ucraina, prof Carpi: “Gli accordi veri saranno saranno sugli interessi riguardanti la futura ricostruzione”

“Ho poca fiducia che l’Europa possa effettivamente svolgere un ruolo di mediazione; gli europei stanno procedendo in ordine abbastanza sparso.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Contro la falsa “pace” – Manifestazione regionale piemontese

In Palestina la Pace di Trump non è mai esistita, sono state oltre 400 le violazioni della tregua compiute da Israele

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: oltre 10 mila violazioni dalla tregua da parte di Israele

In queste settimane si sono verificati nuovi bombardamenti in Libano, in particolare nel sud, mentre si registrano droni che sorvolano la zona e che hanno lanciato esplosivi in diverse città come nel caso di Aitaroun, con la scusa di voler colpire Hezbollah.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Il caso di Ahmad Salem, in carcere da 6 mesi per aver chiamato alla mobilitazione contro il genocidio

Ahmad Salem è un giovane palestinese di 24 anni, nato e cresciuto nel campo profughi palestinese al-Baddawi in Libano, arrivato in Italia in cerca di protezione internazionale e che dopo il suo arrivo, si è recato a Campobasso per presentare richiesta di asilo politico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele sta costruendo un “muro per l’accaparramento delle terre” nel sud del Libano meridionale mentre continuano gli attacchi aerei

Immagini di un muro in costruzione da parte dell’esercito israeliano nei pressi di postazioni occupate nel sud del Libano sono circolate online, mentre continua la pressione per disarmare Hezbollah

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: continuano gli attacchi israeliani nonostante la tregua del novembre 2024. Due persone uccise

Ancora bombardamenti israeliani nel sud del Libano, nonostante l’accordo di tregua concordato nel novembre 2024.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La società della resistenza e la liberazione degli oppressi. La lunga storia di Hezbollah

Appena il governo di Beirut ha deciso il disarmo di Hezbollah, immediatamente nella capitale sono scoppiate proteste e cortei, non solo opera del partito sciita, ma di molti altri partiti e semplici cittadini.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Georges Ibrahim Abdallah uscirà di prigione il 25 luglio, dopo 41 anni di reclusione

Abbiamo tradotto questo testo apparso su ContreAttaque in seguito alla notizia della decisione di fare uscire dal carcere Georges Ibrahim Abdallah dopo 41 anni di reclusione ingiusta, simbolo della persecuzione e dell’attacco da parte di Stati Uniti e Israele in primis e, di conseguenza della totale complicità di uno Stato europeo come la Francia, nei confronti di un militante anti-imperialista, rivoluzionario marxista libanese.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la sfida di una ricostruzione indipendente dagli interessi imperialisti

Abbiamo posto alcune questioni a Yussef Boussoumah, co-fondatore del Partito degli Indigeni della Repubblica insieme a Houria Bouteldja e ora voce importante all’interno del media di informazione indipendente Parole d’Honneur a partire dalla caduta del regime di Bachar Al Assad in Siria.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Una fragile (sanguinosa) tregua

Alle 10 di questa [ieri] mattina è partita la tregua di 60 giorni (rinnovabile) tra Israele e Hezbollah, orchestrata dagli Stati Uniti e in parte dalla Francia. Una tregua fragile e sporca, che riporta la situazione ad un impossibile status quo ex ante, come se di mezzo non ci fossero stati 4000 morti (restringendo la guerra al solo Libano) e 1.200.000 sfollati su un paese di circa 6 milioni di abitanti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: la Francia (forse) libererà Georges Abdallah, militante comunista incarcerato dal 1987

Originario di Kobayat, nel nord del Libano, militante del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina prima e tra i fondatori delle Fazioni Armate Rivoluzionarie Libanesi dopo l’invasione israeliana del Libano