InfoAut
Immagine di copertina per il post

Le ondate di caldo nelle carceri israeliane: una vita insopportabile per i prigionieri palestinesi

Con l’aumento delle temperature, i detenuti vivono in celle “simili a forni” senza mezzi per rinfrescarsi

Fonte:English version

Di Fayha Shalash a Ramallah, Palestina occupata – 13 agosto 2023

Immagine di copertina: Un membro delle forze di sicurezza israeliane fa la guardia alla prigione di Gilboa nel nord di Israele (AFP)

Gli ultimi cinque anni di estati afose ricordano a Yacoub Abu Asab le prigioni israeliane dove ha trascorso 15 anni della sua vita.

Per i detenuti palestinesi, la stagione calda è una prigione nella prigione.

Le misure restrittive di Israele aggravano le sofferenze dei prigionieri costretti a subire ondate di caldo nelle carceri situate nel deserto o vicino a valli calde e umide che rendono la vita insopportabile, ha detto a Middle East Eye l’ex detenuto di 51 anni.

Abu Assab ha trascorso la sua ultima condanna di sei anni nelle carceri di Gilboa e Megiddo, nel nord della Palestina occupata, dove afferma che le ondate di caldo diventano ogni anno più intense.

Nelle carceri israeliane i detenuti sperimentano regolarmente difficoltà di respiro e disagio generale a causa dell’assenza di sistemi di raffreddamento e delle piccole celle sovraffollate, che in alcune carceri possono contenere fino a otto detenuti.

Le prigioni israeliane sono costruite in cemento, che trattiene il calore, e mancano di un’adeguata ventilazione.

Alcune celle sono prive di finestre, alcune sono situate sotto terra, mentre altre hanno finestre singole che si affacciano su ambienti chiusi che non lasciano circolare l’aria.

“All’interno della cella, i prigionieri cercano di ridurre il calore da soli, quindi sono costretti a fare la doccia almeno cinque volte al giorno per proteggere i loro corpi dalla sudorazione eccessiva o dalle malattie della pelle”, ha detto Abu Asab.

“Spruzzano anche acqua sui  letti e sui cuscini per produrre un po’ di frescura, che però svanisce rapidamente.”

Ai detenuti è consentito avere un piccolo ventilatore in ogni cella. Ma questo sposta solo l’aria calda e non raggiunge i quattro angoli della stanza.

È anche noto che durante il giorno le autorità carcerarie tolgono l’elettricità nelle celle, il che significa che i detenuti non possono nemmeno usare il ventilatore.

Parimenti, la piastra  elettrica utilizzata per cuocere e riscaldare il cibo rende le celle più soffocanti. Di conseguenza, alcuni prigionieri evitano di usarla durante l’estate, mangiando cibo freddo in scatola, secondo Abu Asab.

“Fuori dal carcere, normalmente non possiamo pensare, lavorare, dormire o vivere se non abbiamo un condizionatore d’aria, quindi puoi immaginare cosa fa la  situazione dei detenuti che già soffrono per le condizioni dure e per le  condanne ingiuste”, ha detto.

‘Un forno’

Bayan Faroun, 28 anni, è stata detenuta per 40 mesi nella prigione di Damon, situata vicino alla città costiera di Haifa, e descrive la struttura di detenzione, che ospita 30 prigioniere palestinesi, come “un forno”.

“Condividevamo un ventilatore che era inutile, e sfortunatamente le nostre condizioni carcerarie erano più difficili rispetto al resto dei detenuti, poiché la doccia si trovava fuori dalla nostra sezione e potevamo usarla solo una volta al giorno negli orari stabiliti dall’amministrazione penitenziaria”.

 ‘I prigionieri sono costretti a fare la doccia cinque volte al giorno per proteggere i loro corpi dall’eccessiva sudorazione o dalle malattie della pelle’- Yacoub Abu Asab, ex prigioniero

Inoltre, l’unico frigorifero si trovava fuori dalla loro sezione ed era chiuso tutti i giorni dalle 18:00 alle 7:00, privando le detenute dell’accesso a cibi e bevande freddi.

“A causa del caldo intenso e del nostro bisogno di acqua fredda, portavamo in cella una cassetta delle verdure e la trasformavamo in un piccolo frigorifero, mettendoci dentro delle bottiglie d’acqua che avevamo precedentemente congelato, e raffreddavamo tutto ciò che volevamo appoggiandoci sopra queste bottiglie, ma dopo poche ore diventava tutto nuovamente caldo”, ha detto Faroun.

Molte detenute soffrono per le ferite da arma da fuoco subite durante il loro arresto, che a causa del caldo peggiorano.

Israa Jaabis, di Gerusalemme, soffre di ustioni profonde che le coprono il 50 per cento del corpo e che vengono rese ancor più dolorose dalle alte temperature estive.

Il veicolo su cui viaggiava è esploso poco prima che fosse arrestata nel 2015 con l’accusa di aver tentato di compiere un’operazione contro i soldati israeliani.

Faroun ha detto che Jaabis, con cui condivideva una sezione della prigione, a volte veniva trovata a piangere per il dolore causato dall’effetto che il calore aveva sulla sua pelle ustionata.

Jaabis soffriva anche di insufficienza respiratoria, peggiorata con l’aumentare dell’umidità nella prigione, che, come molte altre, mancava di raffreddamento e ventilazione.

‘Un angolo d’inferno’

Ci sono più di 5.000 palestinesi attualmente incarcerati nelle prigioni israeliane. Sebbene alcuni di questi possano trovarsi in luoghi più caldi di altri, tutti sono esposti a temperature insopportabili.

Amina al-Taweel, una ricercatrice del Palestine Center for Prisoner Studies, ha detto a Middle East Eye che le celle che detengono i prigionieri palestinesi sono chiuse da tutti i lati, senza un’adeguata ventilazione, mentre i ventilatori all’interno delle stanze fanno circolare solo aria calda.

I prigionieri che soffrono maggiormente il caldo sono detenuti in carceri situate in luoghi particolarmente estremi: Negev, Rimon, Nafha ed Eshel, nel sud di Israele. Questi detengono quasi la metà del numero totale di prigionieri palestinesi.

I detenuti hanno descritto questi luoghi come “un angolo di inferno”, dove “i loro corpi arrostiscono nel caldo intenso”.

Taweel ha affermato che quest’anno sono stati registrati diversi casi di colpo di calore, svenimento e mancanza di respiro, aggiungendo che le condizioni sono pericolose per i detenuti malati che già non hanno accesso a cure mediche adeguate.

“Invece di aiutarli, l’amministrazione penitenziaria a volte punisce i detenuti confiscando i ventilatori”, ha aggiunto.

Lo scorso luglio, nel deserto del Naqab le temperature hanno raggiunto i 50 gradi Celsius, rendendo impossibile ai detenuti l’uscita nei cortili della prigione.

Nel frattempo, il caldo soffocante fa emergere anche rettili velenosi, insetti e scorpioni, che possono facilmente trovare la loro strada nelle sezioni della prigione, mettendo ulteriormente in pericolo la vita dei prigionieri, ha detto Taweel.

Con la fine dell’estate, i prigionieri palestinesi saranno costretti a cominciare a prepararsi per la stagione invernale, che porta con sé un’altra sfida – il freddo – insieme alla continua pressione esercitata dalle autorità carcerarie israeliane, qualunque sia la stagione.

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

CAMBIAMENTI CLIMATICIcarceriisraeleondate di caldopalestinesi

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Aria frizzante. Un punto di vista dalla provincia sulla marea del «Blocchiamo tutto»

Riprendiamo questo ricco contributo di Kamo Modena, in attesa dell’incontro di questo weekend a partire dalla presentazione del documento «La lunga frattura»

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La voce di Jose Nivoi, di ritorno da Gaza

Imbarcato sulla Global Sumud Flotilla per il CALP e l’USB, José Nivoi è rientrato in Italia dopo essere stato sequestrato e incarcerato dalle forze d’occupazione israeliane.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Réflexions à chaud sur le mouvement « Bloquons tout »

Traduzione in francese dell’editoriale “Riflessioni a caldo sul movimento Blocchiamo tutto”. Il est presque impossible de dresser un bilan organique de ces journées incroyables. Le mouvement « Bloquons tout » a représenté une véritable rupture politique et sociale dans l’histoire italienne.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

11 nuove barche della Freedom Flotilla cariche di medicine stanno navigando nel Mediterraneo, ormai prossime alle coste di Gaza, decise a rompere l’assedio israeliano.

Novanta medici,infermieri, operatori sanitari, tra cui sei italiani, sono a bordo di quello che loro stessi hanno definito “un ospedale galleggiante pieno di farmaci”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Leonardo ammette l’export di armi in Israele e fa cadere la maschera del governo

Riprendiamo questo articolo di Duccio Facchini, direttore di Altraeconomia apparso originariamente sulla rivista medesima e poi ripreso da osservatoriorepressione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia: Lecornu si dimette, il suo è il mandato più breve della storia

A un mese dalla nomina del nuovo primo ministro, e a poche ore dalla nascita nel nuovo esecutivo, il governo di Sebastien Lecornu è già finito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Comunicato de* medic* in formazione specialistica dell’Università di Torino contro il genocidio del popolo palestinese

Noi sottoscritt* medic* specializzand* dell’Università di Torino riteniamo necessario prendere insieme una posizione pubblica in merito al genocidio del popolo palestinese e alla situazione umanitaria nella Striscia di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Comunicato delle realtà palestinesi italiane

Roma, 4 ottobre 2025, un milione in piazza per la Palestina libera e la sua Resistenza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Hamas accetta parte dell’accordo. Trump chiede a Israele il cessate il fuoco

Hamas ha risposto al piano del presidente Usa Donald Trump sul futuro di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina: 473 i componenti della Global Sumud Flotilla rapiti. Continua il viaggio della Thousand Madleens to Gaza

Sono 473 i componenti degli equipaggi della Global Sumud Flotilla rapiti in acque internazionali dalle forze occupanti dell’esercito israeliano dopo l’assalto alle imbarcazioni iniziato la sera di mercoledì 1 ottobre 2025 a meno di 70 miglia da Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Global Sumud Flotilla: prosegue la rotta verso Gaza. In Italia movimenti e sindacati pronti a “bloccare di nuovo tutto”

La Global Sumud Flotilla, nonostante la guerra psicologica portata avanti da Israele nel corso di tutta la tratta, prosegue con determinazione verso Gaza.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Lo storico israeliano Avi Shlaim ha abbandonato il sionismo molto tempo fa. Ora è al fianco di Hamas

Shlaim, dell’Università di Oxford, sostiene che Hamas incarna la resistenza palestinese e si allontana persino dai suoi colleghi più radicali.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Anan Yaeesh deportato nel carcere di Melfi, mentre si allungano i tempi di un processo infame

Anan Yaeesh, partigiano palestinese sotto processo a L’Aquila su mandato del governo genocida di Israele, è stato trasferito il 23 settembre, dal carcere di Terni a quello di Melfi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non è solo una partita: boicottaggio di Italia-Israele ad Udine

Il 14 ottobre si terrà ad Udine la partita Italia vs Israele valevole per le qualificazioni al prossimo mondiale di calcio maschile.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

Meloni difende a spada tratta l’agito del governo su Gaza e attiva la macchina del fango nei confronti della Global Sumud Flotilla e del movimento Blocchiamo tutto.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele controlla gli attivisti in piazza per Gaza

Il governo israeliano ha raccolto dati sul corteo del 22 settembre, con luoghi, livelli di rischio e le pagine social che hanno rilanciato l’evento

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

I bulldozer di guerra israeliani: finire ciò che la Nakba ha iniziato

Le spedizioni di bulldozer sovvenzionate da Washington stanno consentendo a Tel Aviv di radere al suolo Gaza, rilanciando le tattiche utilizzate durante la Nakba per la Pulizia Etnica della Palestina.