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Ha vinto Morsi!Elezioni egiziane tra potere militare ed Islam moderato

Le elezioni appena trascorse hanno costituito sicuramente un momento storico per il popolo egiziano essendo le prime consultazioni presidenziali “libere” da oltre tre decenni; elezioni in cui, nonostante i manifesti brogli elettorali, una consistente maggioranza – forse non il 52% annunciato dai dati ufficiali – ha con tutta probabilità scelto il candidato dei Fratelli Musulmani.

Era forte l’attesa per l’annuncio dei risultati del ballottaggio tra il candidato del movimento islamico moderato Mohammed Morsi e Shafiq, uomo del regime di Mubarak da molti considerato esponente del nuovo-vecchio regime.
Mentre in una piazza Tahrir dominata dai Fratelli Musulmani, decine di migliaia sono stati coloro che hanno accolto con gioia la vittoria di Morsi, altrettanti sono stati coloro che hanno accolto i risultati con sentimenti contrastanti.
Infatti, in vista di questo secondo turno elettorale, una larga parte del movimento rivoluzionario aveva portato avanti il boicottaggio di entrambi i candidati; nel frattempo molti altri si mostrano oggi preoccupati per il prossimo (seppur ancora incerto) passaggio di poteri da parte dei militari, i quali secondo gli stessi sarebbero gli unici, con il loro candidato Shafiq, in grado di mantenere la stabilità in un paese fortemente diviso come l’Egitto, in cui una maggioranza musulmana convive con una forte minoranza cristiana.

Oggi, nonostante il nuovo presidente egiziano nel suo primo discorso ufficiale abbia affermato di voler essere “il presidente di tutti gli egiziani”, molte sono le preoccupazioni che continuano a caratterizzare il difficile scenario egiziano, prima tra tutte il comportamento della giunta militare al potere.
Infatti, mentre quest’oggi l’ex premier Ganzouri ha rassegnato le sue dimissioni, forti incertezze riguardano l’uscita di scena della giunta militare che, annunciata per fine luglio, risulta ancora più incerta in un paese in cui la casta militare, che governa il paese da oltre un anno, ha da pochi giorni dissolto il parlamento, attaccando per lo più il potere politico con una serie di atti legislativi a tutela del proprio attuale status.

Un altro timore riguarda poi la stessa fratellanza musulmana. Morsi, così come il movimento islamico moderato di cui è espressione, è un personaggio alquanto ambiguo tanto in politica interna – dove afferma di voler lavorare per una maggior apertura di mercato e al contempo dice di di volere un rafforzamento dei diritti sociali – quanto in politica estera – dove sembra posizionarsi su un modello simile a quello turco di Islam “democratico-moderato”, con una indeterminazione verso temi centrali come l’atteggiamento nei confronti dello stato ebraico, al quale ha già assicurato una pacifica neutralità, posizione largamente contestata a livello popolare.

Inoltre, ad oggi, mentre persino molti musulmani si sentono traditi dal “moderatismo” dei Fratelli Musulmani, emergono segnali che fanno temere l’esistenza di una trattativa per una spartizione del potere tra le due “forze controrivoluzionarie”.

Se la piazza sembra essere stata sconfitta dal nuovo protagonismo islamico moderato, se l’Egitto che ha a lungo continuato a portare avanti le stesse parole d’ordine nelle strade in rivolta sembra essere stato sconfitto nelle consultazioni elettorali, niente è ancora scritto definitivamente.
Come l’ultimo anno e mezzo di vita politica del paese ha largamente dimostrato, il movimento rivoluzionario può riemergere in ogni momento con una nuova forza.

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pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

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