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Francia: Marcia per Adama Traoré, ucciso dalla polizia un anno fa

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A un’anno dalla morte di Adama Traoré, ammazzato dalla gendarmeria francese durante un controllo d’identità, sabato 19 luglio, 1500 persone sono scese in piazza per chiedere ”verità e giustizia per Adama”. La manifestazione è stata preceduta da una conferenza stampa della famiglia  Traoré che ha chiesto la condanna dei gendarmi responsabili dell’omicidio e la liberazione di Bagui, uno dei fratelli di Adama incarcerato in seguito alle proteste. Il corteo partito dalla stazione ha attraversato la cittadina blindata e militarizzata di Beaumont, per fermarsi davanti alla gendarmeria dove è morto Adama e successivamente nel posto in cui è stato fermato e portato via dai gendarmi. In questi due momenti è stato ricordato Adama con delle Fatiha (preghiere). Il corteo si è poi concluso a Boyenval, nel quartiere di case popolari che l’ha visto crescere, dove sono stati organizzati prese di parole dal palco, grigliata e giochi per bambini.  

Questa giornata ha reso evidente il lavoro politico importante fatto dalla famiglia Traoré e dal comitato di sostegno formato un’anno. Sabato sono scesi per strada molti degli abitanti di Boyenval et dei quartieri popolari vicini, segnando una capacità di mobilitazione  che pochi quartieri in Francia sarebbero ad oggi in grado di mettere in campo. 

Erano presente anche altre famiglie di vittime della polizia, che nel comizio finale hanno insistito sul carattere sistematico della violenza di Stato per mano poliziesca o militare. Da notare anche la presa di parola ; dopo le famiglie di vittime, della madre dei due ragazzi esponenti dell’AFA Paris-Banlieue (collettivo antifascista), incarcerati e accusati di avere bruciato una macchina di polizia durante una contestazione a un presidio dei sindacati di polizia il 18 maggio scorso, nel periodo del movimento contro la Loi Travail (i due fratelli sono stati liberati mentre altre 3 persone aspettano il processo in carcere attualmente). Infine erano presenti militanti e persone venute da lontano, una trasferta non cosi ovvia considerando il periodo estivo e la difficile raggiungibilità di Beaumont, a un’ora da Parigi e con i treni e autobus che anche sabato hanno subito interruzioni di servizio.

 

Per altro il luogo della conferenza stampa – ovvero davanti al comune – è una scelta di mantenere lo scontro aperto contro la municipalità, di estrema destra e da sempre ostile alla richiesta di giustizia da parte della famiglia. La sindaca ha sporto denuncia per diffamazione contro Assa Traoré, una delle sorelle di Adama, nonché figura trainante della mobilitazione, mentre due fratelli Traoré sono stati incarcerati per avere tentato di assistere a un consiglio municipale. Ancora sabato la sindaca aveva chiamato tutti i commercianti a chiudere, annunciando possibili scontri.
Nello stesso registro, le due preghiere effettuate durante il corteo hanno un significato politico forte, nel contesto francese di crescente islamofobia.

 

Questo percorso di lotta è stato portato avanti malgrado una forte repressione che ha cercato sia a delegittimare gli uomini della famiglia Traoré presentandoli come violenti, sia di assillare famiglia e solidali con perquisizioni, arresti arbitrari, fogli di via ecc., fino all’incarcerazione di diversi familiari e amici di Adama Traoré, tra cui Bagui che è ancora in carcere. Di fronte a questa strategia dello Stato, il comitato di verità e giustizia per Adama ha sempre fatto sentire la sua versione della storia tramite iniziative nei quartieri della periferia parigina, la pubblicazione di un libro scritto dalla sorella Assa, dei concerti di sostegno molto partecipati, conferenze stampa ecc.

Più generalmente parlando, le capacità di mobilitazione della famiglia Traoré sono legate al ciclo di lotte portate nei decenni passati dal MIB, collettivo ormai dissolto ma cui certi ex-militanti sono molto presenti nel comitato. Da un’anno  la mobilitazione di terreno cerca di basarsi sulla forza del quartiere ma senza dimenticare di creare alleanza al di fuori. E anche se 1500 possono non sembrare un numero importante, segnano sicuramente un salto di qualità in confronto a presidi che di solito non riuniscono più di qualche centinaia di persone, e cominciano sicuramente a fare paura.

 

 

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pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

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