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Egitto: la Sollevazione di Novembre

 

La rivoluzione egiziana non può essere circoscritta a 18 giorni o a qualche mese. Avrà una portata di anni a partire dal suo radicamento, forse 4 o 5, non lo so. Ci saranno ondate, flussi e riflussi, battaglie vincenti e altre meno.

Questa sollevazione di Novembre è solo un capitolo della Rivoluzione Egiziana, non l’epilogo.

Abbiamo intrapreso un lungo percorso.

Tutti possiamo ricordarci le modalità del febbraio scorso, quando avreste potuto essere linciati durante le proteste popolari nel caso aveste inneggiato contro l’esercito. Adesso c’è una profonda disillusione verso lo SCAF, e oggi la maggiorparte del popolo può vedere chiaramente che i generali dell’esercito di Mubarak sono coloro che effettivamente guidano la controrivoluzione.

Queste elezioni non significano niente. Questo ‘Consiglio di Consulenza Civile’ non vuol dire nulla. Il processo politico così come è attualmente in costruzione sotto la direzione dello SCAF sta seguendo il vecchio modello turco, secondo cui dovremmo beneficiare delle elezioni e interagire con i politici ‘civili’ nelle loro suites, mentre gli alti ufficiali seguiterebbero a spartirsi l’ecomonia, ad avvere l’immunità dai procedimenti giudiziari e responsabilità varie.

Non ci accontenteremo mai di qualcosa che non sia un gabinetto rivoluzionario capace di mandare i generali dello SCAF a Tora.

Mentre Tahrir si è placata e #OccupyCabinet prosegue, non dobbiamo sicuramente sconfortarci per l’interrompersi della sollevazione. Segnatevi le mie parole, c’é molto di più in divenire, e loro saranno costretti a essere sempre più ‘militanti’.

Il comportamento dei diversi gruppi “shabab”, che siano i circoli informali della gioventù ormai radicalizzata o i gruppi della sinistra rivoluzionaria, si ritrovano molto meglio organizzati e maturi rispetto a Gennaio/Febbraio piuttosto che nei sit-in di Luglio. Inoltre, dopo la vittoria elettorale, l’assenza dei Fratelli Musulmani durante la sollevazione ha ampliato ancora una volta la frattura tra le loro sezioni giovanili e la loro leadership opportunista.

La prossima sollevazione sarà ancor più forte e organizzata.

In milioni hanno preso parte al tatrino delle recenti elezioni. La partecipazione al voto è stata largamente influenzata dal desiderio generale di cacciare via lo SCAF. I generali hanno giocato un azzardo pericoloso nel montare le aspettative verso il parlamento nascente, aspettative già infrante quotidianamente dalla giunta nel limitare i poteri del parlamento o del gabinetto venturo.

C’è un processo di disillusione in corso, che alimenterà ulteriormente la collera del ‘pubblico’ durante le prime sessioni parlamentari. Mi aspetto al più presto fiotti di lavoratori e impiegati civili che occuperanno le strade intorno al parlamento con le loro rivendicazioni non appena questo aprirà i battenti. E porranno delle questioni che un parlamento inetto non sarà in grado di affrontare e con le quali si darà il ‘là’ al conflitto ad un livello più alto di prima.

Non dovremo sederci e contemplare l’avvento della disillusione, nella stessa maniera in cui non ci sedemmo a Febbraio di fronte all’emergere dei pro-SCAF. Allora mantenemmo le nostre radici ben salde, e a esigere lo SCAF non ci fu nessuno tranne i generali controrivoluzionari di Mubarak. Tale posizione allora fu antipopolare, ma le cose oggi vanno diversamente. E il popolo non dimentica facilmente nè le loro prese di posizione nè che cosa venne detto e quando.

Così come abbiamo dovuto mollare Tahrir e dedicare le nostre energie residue a #OccupyCabinet, non scordiamoci che i conflitti si sposteranno necessariamente nei posti di lavoro e dentro le università.

 

 

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pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

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