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Chi crede alle lacrime di Obama?

I numeri  sono sicuramente pesanti se parliamo di una quantità di armi che si aggira sui 310 milioni di “pezzi” in circolo detenuti legalmente o illegalmente. Una famiglia su tre possiede un’arma. Un mercato con un fatturato interno che solo nel 2015 ha avuto un giro di utili pari a 993 milioni di dollari.

Nell’ultimo anno si parla di 11.203 omicidi, 21.175 suicidi e circa 281 vittime non definite e  almeno una sparatoria a settimana si è verificata nelle scuole; in questa lista sono esclusi i morti per mano della polizia. Stragi come quelle alla Columbine High School, alla Virginia Politechnic Institute, la sparatoria di Tucson, il massacro di Aurora, la strage a Charleston sono un prezzo altissimo da pagare per un emendamento.

I cambiamenti più importanti saranno quelli legati all’acquisto delle armi: i venditori saranno infatti obbligati a fare controlli sull’identità dei compratori, sia per quanto riguarda gli acquisti online, sia per quelli fatti a fiere o negozi. Verrà garantito anche un maggior impegno degli stati membri nel verificare i dati dei possessori di armi, così da poter porre i divieti a persone con malattie mentali, problemi psichici o con precedenti per violenza domestica. Non si tratta di misure legate a contrastare il terrorismo, ma semplicemente  a ridurre le vittime da armi a fuoco.

Una decisione, quella del presidente della Casa Bianca, che troverà la fervida opposizione non solo dei repubblicani e delle lobby legate al commercio delle armi, così come era facile aspettarsi. Ma anche quella di quel 60% della popolazione americana che vede di buon occhio la difesa del secondo emendamento della Carta dei Diritti, che lo stesso Obama ha dichiarato di condividere.
L’emendamento, entrato in vigore nel dicembre del 1791, recita: «Essendo necessaria alla sicurezza di uno stato libero una milizia ben organizzata, non si potrà negare il diritto dei cittadini a possedere e portare un’arma». Del resto, storicamente, le Guardie Federali – che ogni stato possiede – sono la continuazione proprio di quelle milizie che facevano parte della difesa di uno stato di recente fondazione, affermatosi a suon di massacri a spese dei nativi d’America.

Diversi sono i fattori che hanno fatto in modo che si abbracciasse, fin da subito, l’immagine di orgoglio, patriottismo e adesione alla filosofia liberale oggi perfettamente radicata nella maggioranza degli americani e americane che va a braccetto con la difesa tout-court del diritto alla proprietà privata. Un problema culturale, quindi, e non soltanto legislativo.

Il tentativo di Obama è solo la classica pacca sulla spalla sui familiari delle vittime, un bel lieto fine per il termine del suo mandato. Egli stesso sa che il movimento pro gun annovererà tra le sue fila membri del suo partito, alcuni dei quali facenti parte del National Rifle Asscociation.
La NRA, attiva sin dal 1871, è la più grande associazione di lobby  che difende gli interessi di chi commercia e di chi possiede un’arma. Ufficialmente apartitica, posa di fatto la sua influenza non solo sulle componenti repubblicane, ma anche su quelle democratiche, avendo la capacità di condizionare milioni di voti. Avrà dunque un ruolo da protagonista nel far naufragare questa boutade del presidente americano.

Un’associazione che conta 4 milioni di iscritti, otto Presidenti degli Stati Uniti d’America tra cui Georgie W. Bush e F. KKennedy.  I membri del Congresso, in gran parte repubblicani, ricevono circa 3 milioni di euro l’anno in donazioni da questa lobby. Soldi che vengono spesi per  indirizzare i voti verso  candidati, deputati e senatori bi-partisan. L’NRA farà dunque contare il suo peso tanto a livello nazionale che locale, vista la capacità di condizionare le leggi dei singoli stati.

Un comunicato dell’ufficio legale della stessa associazione di fatto apre questa battaglia: «In questo modo il Presidente Obama distrae gli americani dal vero problema, la mancanza di strategia nella guerra al terrorismo. Continueremo a combattere per proteggere il diritto di possedere armi».

In questo modo la campanella per gli amici degli amici è suonata. Difficilmente chi ha beneficiato di tali appoggi potrà sottrarsi da questa chiamata. Bisogna ricordare che ogni stato ha la possibilità di legiferare come meglio crede su questa tematica, tanto che il presidente del Texas la scorsa settimana ha autorizzato il porto d’armi visibile per chiunque ne possieda una, possibilità che autorizza ad entrare in bar, ristoranti e luoghi di lavoro armati.

Una strada tutta in salita per un problema che non accenna a diminuire: la vendita di armi è in costante aumento e gran parte dei cittadini americani si sente più sicura ad averne una in casa.
Purtroppo ancora tante saranno le vittime di questa cultura dalla mano armata e pochi saranno i risvolti  rispetto a questa “stretta” voluta da un Presidente piagnone. I modi per poter evitare questi controlli, laddove verranno effettivamente messi in pratica dagli stati federali e dai venditori, sono tanti e svariati. Speriamo che lo sdegno di una parte della popolazione possa trasformarsi in rabbia. E che la vita inizi a pre-valere rispetto ad un pezzo di ferro.

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