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Bouteflika annuncia il ritiro della candidatura, la piazza rilancia: “Systéme dégage!”

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Aggiornamento sulla situazione politica in Algeria, tra mosse istituzionali e reazioni della piazza

Il clan di Bouteflika gioca le sue, prime, maldestre contromosse. Al rientro in patria del presidente, dopo quasi due settimane di ricovero in una clinica a Ginevra, è stato diffuso, nel tardo pomeriggio di ieri un messaggio alla nazione. Il rais ha annunciato, con una clamorosa retromarcia, il ritiro della propria candidatura e l’annullamento delle elezioni che si sarebbero dovute tenere il 19 aprile. Poco dopo sono seguite le dimissioni del, contestatissimo, Primo Ministro Ouhyaya.

Se nei minuti successivi all’annuncio, le vie di Algeri sono state invase da caroselli di auto clacsonanti e la centralissima piazza Audin si è riempita di una folla in festa, l’entusiasmo si è sgonfiato velocemente. La mossa gattopardiana del cambiare tutto per non cambiare nulla non ha convinto un paese che da settimane occupa le piazze, marcia fin sotto i blindatissimi palazzi del potere e sfida l’arroganza di una cricca arroccata nella propria torre d’avorio.

La strategia camaleontica di Bouteflika e del suo clan è presto svelata: non candidarsi per il quinto mandato, ma prolungare quello in corso fino a data da definirsi, con la promessa, altrettanto vaga, di una riforma della Costituzione di cui non si conoscono né i tempi, né i contenuti. Si tenta, insomma, di cancellare con un colpo di pennello le storture di un sistema marcio fino alle fondamenta. Ma la piazza, a quanto pare, sembra essere un passo avanti.

Sui social network il tam tam è incessante e in poche decine di minuti gli appelli a non credere alle false promesse dei soliti noti e a non accettare l’ennesima soluzione calata dall’alto si moltiplicano. La consapevolezza dell’aver vinto la prima battaglia di una, ben più lunga, guerra è univoca: venerdì prossimo tutti in piazza, come venerdì scorso e come quello prima ancora.

Se da un lato, il potere tenta di barricarsi dietro la propria, consueta, ipocrisia, dall’altro ci troviamo di fronte a un fatto inedito nella storia recente dell’Algeria: a decidere, dopo decenni, non sono né i generali, né le burocrazie di partito, né I terroristi islamici, ma sono gli algerini. Boutef e i suoi pensavano di dividere il fronte della mobilitazione e spegnere, così, la scintilla della rivolta che, invece, pare divampare sempre più forte e non volersi più fermare.

La rivendicazione minima sembra essere chiara: “Se ne vadano tutti!”, “Systéme dégage!”.

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