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Appello alla solidarietà dopo gli arresti di Rimini del 9 aprile

Quel giorno in piazza abbiamo cercato di esserci anche noi per portare il nostro contributo a chi era lì per respingere ciò che la Lega Nord e il suo leaderino col tablet rappresentano. Infatti la parte più numerosa della piazza era costituita da chi voleva contestare Salvini e si trovava al dì fuori dello schieramento di celere che proteggeva il comizio.
L’apparato poliziesco messo in campo per l’occasione a difesa di Salvini e del suo stuolo di leccapiedi in camicia nera/verde era notevole: centinaia di poliziotti schierati agli ingressi della piazza e un massiccio cordone circondava l’intero palcoscenico, confinando in un ristretto spazio il triste spettacolo della propaganda leghista.

La piazza, apparentemente piena di simpatizzanti salviniani, era in realtà gremita di forze dell’ordine e di un gruppo di manifestanti concentratisi lì dalle prime ore per contestare la presenza in città di un personaggio che non fa che passare da un talk show all’altro come da una città all’altra, propagandando razzismo, odio verso le classi più deboli e la legalità ipocrita di chi si arricchisce alle spalle del popolo che pretende rappresentare, tra mega appalti, tangenti e intrallazzi di palazzo.

Quando siamo entrati in Piazza Tre Martiri, la polizia ha cercato di impedircelo con uno scomposto uso della forza, caricando a freddo, due di noi, Maggio e Gianlu, sono stati fermati, pestati e ammanettati e sono stati portati in questura senza ricevere le necessarie medicazioni sul posto e senza poter parlare con un avvocato.
Un determinato presidio si è poi spostato sotto la questura locale pretendendo la libertà dei compagni.
Ricondotti alle loro abitazioni agli arresti domiciliari, hanno subìto il processo per direttissima il lunedì successivo, dove ad alcuni compagni è stato inoltre impedito di entrare in tribunale anche solo per parlare con l’avvocato.

Ora sono liberi con obbligo di firma, in attesa del processo che si svolgerà il 26 maggio.
I giornali, da subito, non hanno perso l’occasione di sbattere i “mostri” in prima pagina, immaginando una guerriglia che non ha mai avuto luogo e proponendo per l’occasione racconti sensazionalistici e foto di repertorio relative a fantomatici sequestri di bastoni, cose completamente estranee alla giornata in questione. La narrazione mediatica ha puntato i riflettori sul presunto ferimento di due poliziotti intervenuti, omettendo il racconto della violenza subita dalle persone intenzionate semplicemente ad entrare in piazza e, naturalmente, non considerando degni di fare notizia gli abusi commessi da polizia e carabinieri e il trattamento riservato ai fermati: in piazza manganellate e arresti, in questura intimidazioni e soprusi, laddove l’invito a perdere la memoria sull’episodio andava di pari passo con i giochetti per impedire ai due di contattare e vedere anche solo un avvocato.

Questo per i giornalai, i parolai e gli indignati da tastiera non conta. Per noi conta nella misura in cui ci conferma che il nemico ha dismesso da tempo ogni forma di mediazione e che l’unico spazio di confronto
possibile è quello determinato dai rapporti di forza. Ma questo lo sapevamo già da tempo.
Infatti occorre dire necessariamente che questa giornata di lotta si inserisce in un ampio contesto di mobilitazioni antifasciste nel territorio riminese e in quelli circostanti, ed è solo grazie alla caparbietà e alla generosità di queste che fascisti e leghisti qui non hanno sede, ed è per lo stesso motivo che i questurini si affannano così tanto ad aiutarli.

In questa storia non ci sono vittime, si è trattato della normale amministrazione del potere ai tempi dell’austerity e del governo europeo, per quanto ne possano pensare le sincere anime democratiche. Quello descritto non è altro che un frammento di uno scontro continuo, diffuso e generalizzato, tra chi aspira a una vita degna e chi si affanna a scaricare sul più debole la propria frustrazione o speculazione, tra chi produce miseria schiacciando il dissenso e chi rivendica la possibilità di una vita piena e libera in una società giusta. C’è chi fa la guerra ai poveri e chi la guerra alla povertà, c’è chi fomenta la guerra tra gli ultimi e chi dichiara guerra alla guerra.

Perché non è concesso contestare liberamente un comizio o una manifestazione razzista e fascista ci è ben chiaro: non si possono rovinare le passerelle elettorali, fino a prova contraria le elezioni “democratiche” sono uno dei principali strumenti politici per il mantenimento dell’ordine capitalista.
In questa storia c’è però un ulteriore linea di confine tra noi e loro: l’amore dei compagni e delle compagne, la comunità umana in cui siamo immersi e di cui ci nutriamo, la rete delle relazioni che abbiamo saputo tessere nelle strade delle città che viviamo. Per questo ci sentiamo vivi e forti anche con le manette ai polsi, anche nelle celle della questura e nelle aule dei tribunali. I colpi che subiamo e le trafile giudiziarie che attraversiamo non sono un fatto solamente nostro ma di chiunque si senta complice e solidale nella lotta di classe che è anche lotta al razzismo e ai suoi leader da strapazzo. Non abbiamo paura, non ne abbiamo mai avuta, non inizieremo ad averne adesso.

A tutti coloro che sono stati e saranno presenti con la loro forza e solidarietà mandiamo il nostro abbraccio fraterno. Ai forcaioli, ai giustizialisti, a fascisti e leghisti che già si sfregavano le mani beh…che le loro passioni tristi restino pure insoddisfatte. A chi non c’era…a volte la pochezza umana precede persino quella politica.

Martedì 26 maggio 2016 appuntamento davanti al Tribunale di Rimini per portare solidarietà durante l’udienza del processo.

Per sostenere le spese legali qui di seguito i riferimenti del C.C.
IT53L076010513824125254 1255
CAUSALE: Donazione spese legali

Con ardore,
imputati e solidali antifascisti di Rimini, Pesaro e Urbino

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