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La nascita di Radio Sherwood

4 agosto 1976

Nel 1976 i Cpv iniziano a riflettere sulla necessità di dotarsi e rafforzare gli strumenti di informazione utili per coprire in maniera efficace i territori d’intervento che mano a mano si stanno ampliando seguendo il radicamento delle iniziative e delle lotte proposte, in particolare con il rapidissimo sviluppo della nostra presenza attraverso l’Interfacoltà all’università di Padova.

In contemporanea stanno nascendo le prime radio libere che trasmetteranno in fm su aree ristrette del territorio nazionale, in particolare vuoi per la potenza tecnica di trasmissione ridotta, vuoi per curare da vicino e meglio il proprio bacino di riferimento, le nuove radio coprono singole città o al massimo le zone immediatamente limitrofe.

È in questo clima che il compagno Emilio Vesce, che conoscevamo per la comune militanza in Potere operaio e che da sempre aveva una sua particolare attenzione verso la categoria dell’informazione, mette in piedi in vicolo Pontecorvo 1, a Padova, Radio Sherwood. Radio di movimento, cioè una radio di area, senza riferimenti partitici se non quelli delle lotte sociali, quindi un esperimento di radio aperta, attraversabile senza pregiudizi con cui scontrarsi.

Emilio è cosciente che la fase dello scontro sociale che si va delineando richiede una autonomia narrativa, di parte, priva dei condizionamenti e mediazioni che l’accesso ai canali di comunicazione tradizionalmente e occasionalmente offerti dal mercato permette ai movimenti sociali.

Ad analoga riflessione approdiamo anche noi dei Collettivi. Emilio si trova ad affrontare due ordini di problemi (il primo di carattere economico in quanto una struttura fissa, fortemente energivora come una radio, è talmente dispendiosa che la ristretta cerchia dei fondatori non può sostenerne la spesa e dall’altro che il processo di egemonia politica portato avanti dai Collettivi politici oggettivamente fa sì che nell’area padovana i cosiddetti movimenti vi facciano riferimento diretto, perché ne fanno parte come Gruppi sociali, Coordinamenti operai, ecc., o indiretto perché partecipi delle dinamiche di lotta territoriale da questi promosse) e si rende conto che una soluzione può trovarsi nel confronto diretto con i Collettivi per trovare una gestione comune dello strumento e quindi anche del suo progetto Radio.

La proposta di Emilio cade a fagiolo poiché come Collettivi siamo consapevoli che l’informazione sul progetto e la sua penetrazione e permanenza nei territori della provincia padovana non può più essere affidata al solo «volantino», che fino a quel momento storico costituiva lo strumento principe della comunicazione e dell’intervento politico.

Era maturata la necessità di avere strumenti più agili, pervasivi, che annullassero le distanze

temporali e chilometriche tra la fonte dell’informazione e i soggetti destinatari della stessa.

Togliere le barriere, fare sì che i soggetti in lotta gestissero e ricevessero direttamente le loro informazioni, e quale strumento poteva svolgere questo ruolo se non una Radio autonoma?”

“L’incontro tra Emilio e la struttura organizzata dei Collettivi, in pieno dispiegamento territoriale, dà origine alla Radio Sherwood che tutti noi conosceremo nei decenni a seguire.

Con l’accesso allo strumento radio i Collettivi affinano sensibilità che già avevano raccolto nei luoghi d’intervento cittadino, ad esempio si capisce che informazione, cultura, socialità costituiscono un amalgama inscindibile e necessario a sviluppare quel soggetto proletario nascente che di lì a poco denomineremo come operaio sociale e che costituirà il soggetto della possibile rottura degli equilibri padronali e statali incardinati nell’ideologia lavorista.

Con Emilio, che manterrà sempre la sua indipendenza di pensiero restando un grande militante del movimento comunista veneto senza mai entrare nell’organico dei Collettivi, sviluppiamo un confronto reale a tutto campo. Con Emilio realizziamo una redazione stabile della radio, che impara ad affrontare in maniera professionale il confezionamento delle rassegne stampa, dei radiogiornali, delle inchieste speciali, delle dirette.

Inizialmente la redazione si baserà sulle capacità professionali di Emilio, io e Barbara come apprendisti in appoggio e referenti nel confronto politico; redazione che via via nel tempo si arricchirà di compagni molto più capaci di noi (Sandro, Davide, Arnaldo, Stefano, Chicco, Franca, Vilma, Gianni…). Si formalizza pure una redazione musicale di giovani compagni di movimento veramente competenti e appassionati (Amedeo, Juliano, Cesare, Pachete, Diego…). Si amplia e struttura il palinsesto dei programmi per coprire sempre di più e meglio le 24 ore di trasmissione quotidiane.

Insieme riprogettiamo materialmente la radio, con un processo di autocostruzione, realizzando i nuovi studi di registrazione e trasmissione a misura delle nuove redazioni, giornalistica e musicale, potenziando i trasmettitori delle alte frequenze e innalzando una altissima antenna per allargare il campo di ricezione radio. In quella fase tanti giovani compagni imparano a darci una mano (Peter … e più tardi Gianni detto Falcao).

Radio Sherwood si connota rapidamente come organo di informazione dei movimenti sociali in simbiosi con la strategia e direzione dei Cpv, Emilio ne resta il direttore in stretto rapporto politico con i Collettivi fino agli arresti del 7 aprile 1979.

Radio Sherwood rappresenta nell’economia politica dei Collettivi uno strumento fondamentale di penetrazione sociale nella città; attraverso la rottura delle barriere temporali e spaziali, le notizie sulle lotte, nel medesimo momento in cui accadono, raggiungono studenti, lavoratori, le persone a casa o in auto. La notizia travalica l’ambito ristretto del soggetto in lotta che la origina e diventa comune conoscenza diffusa sul territorio cittadino dando la possibilità a tanti di identificarsi con il problema trattato e toccare con mano l’esistenza di possibili soluzioni praticabili anche nella propria situazione. Radio Sherwood diffonde conoscenza e autorganizzazione, la semplice introduzione del «microfono aperto» voluta da Emilio, cioè aprire la linea telefonica agli ascoltatori senza filtri produceva coinvolgimento diretto, da soggetto passivo della notizia l’interlocutore diventava attore diretto, protagonista della notizia, un vero rovesciamento di paradigma.

Innovazioni che per i movimenti aprivano nuove praterie da attraversare.

Questa capacità dialettica, movimenti/organizzazione costituirà la particolarità di Radio Sherwood anche all’interno del panorama delle radio di movimento in Italia, l’impossibilità di appiattirne il posizionamento sulla categoria organizzazione a mio parere sarà l’elemento che la preserverà da ogni criminalizzazione delle inchieste giudiziarie e in una certa misura ne garantirà la vitalità per tutto il successivo quarantennio.

In questo quadro si capisce l’attenzione dei Collettivi anche per le politiche culturali proposte in ambiente universitario e la «scalata» alla direzione del Centro universitario cinematografico che gestiva la programmazione cinematografica per gli studenti di Padova, Cinema Uno, presso il Teatro Ruzzate. Per un paio di anni, in questo spazio di autonomia strappato al controllo dell’università, con regolari elezioni, svolgerò il ruolo di direttore di Cinema Uno con l’aiuto sostanziale di tanti compagni del movimento (Bruno V., Carlo M.) che pur non militando nei Collettivi ne riconoscevano la giustezza di intervento e avevano la possibilità di esprimere le loro capacità, concretizzando le loro passioni al servizio di un processo divenuto comunitario.

Se la Radio rappresenta la palestra d’inizio in cui i Collettivi esperimentano e si impossessano dei nuovi strumenti di informazione, la crescita tumultuosa del progetto dei Collettivi, dal ’76 al tutto il ’78, determina l’esigenza di dare all’informazione una struttura più organica su tutto il territorio veneto, si dà forma a un nuovo ambito organizzativo: Il Centro di comunicazione comunista veneto. Nell’ottobre del ’78 esce il primo numero di «Autonomia», settimanale comunista dei Cpv. 

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