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Sequestro Achille Lauro

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Il sequestro dell’Achille Lauro si consuma in due giorni, fra il 7 novembre 1985, quando un commando di quattro combattenti palestinesi sequestra la nave da crociera italiana, ed il 9 novembre, quando si arriva alla liberazione degli ostaggi.

Quando scatta il sequestro, il 7 ottobre 1985, la nave si trova al largo delle coste egiziane. La maggior parte dei passeggeri è a terra per un’escursione, ed a bordo ci sono circa 450 persone, fra passeggeri e membri dell’equipaggio. Fra quanti sono rimasti a bordo ci sono quattro combattenti palestinesi, che attorno alle 13 prendono con le armi il controllo della nave; al processo dichiareranno che la loro intenzione era, in realtà, di compiere un attentato nel porto israeliano di Ashdod, tappa successiva del viaggio, ma di essere stati scoperti e di essere passati all’azione in anticipo.

Da subito, i quattro si dichiarano appartenenti all’Olp, e chiedono la liberazione di 52 palestinesi detenuti in Israele; ma da Tunisi Yasser Arafat nega ogni responsabilità. La verità è che il commando appartiene al Fronte per la liberazione della Palestina, un gruppo radicale che, all’interno dell’Olp, si oppone alla linea di Arafat.

Il governo italiano, guidato da Bettino Craxi con Giulio Andreotti ministro degli esteri, decide di puntare sulla presa di distanze di Arafat dall’azione e chiede la collaborazione del presidente palestinese. Arafat invia due mediatori, e uno di questi è proprio Abu Abbas. Con il loro arrivo, la situazione prende una piega favorevole: ed il 9 ottobre i dirottatori si consegnano alle autorità egiziane salendo a bordo di una motovedetta. L’Achille Lauro può così’ dirigersi verso Port Said, dove attracca il 10 ottobre.

Ma con la fine del sequestro arrivava la conferma che l’azione non era stata senza vittime: Leon Klinghoffer, ebreo, cittadino americano, costretto su una sedia a rotelle, era stato ucciso e gettato in mare l’8 ottobre.

Gli accordi presi per la liberazione degli ostaggi prevedono che i quattro responsabili del sequestro siano portati in un paese arabo di loro scelta. Nella notta fra il 10 e l’11 ottobre, un aereo egiziano decolla per portarli a Tunisi; con loro ci sono anche i mediatori dell’Olp, compreso Abu Abbas. Ma a questo punto scatta l’azione degli Stati Uniti: l’aereo egiziano viene intercettato dall’aviazione degli Stati Uniti e costretto ad atterrare nella base Nato di Sigonella, dopo che il presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, ha ottenuto da Craxi l’autorizzazione all’atterraggio. Ma una volta che l’aereo si trova in territorio italiano, il governo di Roma rivendica la gestione della situazione, e non permette alle forze degli Stati Uniti di prendere in consegna i combattenti ed i mediatori dell’Olp. L’aereo viene circondato da militari italiani che impediscono agli americani di avvicinarsi.

A Reagan, che ne chiede la consegna per farli processare in America, Craxi risponde che sono colpevoli di reati commessi in acque internazionali su una nave italiana, e che quindi la competenza è della magistratura italiana. I combattenti vengono portati nel carcere di Siracusa. Negli anni successivi saranno processati e condannati.

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