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I funerali di Mario Lupo

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Il 28 Agosto del 1972, a Parma, decine di migliaia di persone sfilano per le vie della città per i funerali di Mariano Lupo, militante di Lotta Continua ucciso pochi giorni prima da un gruppuscolo di neofascisti. La città è paralizzata dallo sciopero generale indetto dai sindacati. Il corteo si dirige verso la camera ardente, che è stata allestita nel palazzo comunale, poi attraversa l’Oltretorrente. A tenere l’orazione funebre sono i comandati partigiani Giacomo Ferrari e Gino Vermicelli, entrambi combattenti sulle barricate del ’22.

Mariano, che tutti chiamavano Mario, era nato in provincia di Agrigento nel 1952 ed emigrato nel 1969 a Parma con tutta la famiglia, dove aveva iniziato a lavorare come manovale e a maturare l’adesione a Lotta Continua. Sono le 22:30 del 25 agosto 1972 quando, di fronte al cinema Roma di viale Tanara, Mariano Lupo, che si trova assieme ad Alfonso Piazza, viene avvicinato da una dozzina di fascisti che cominciano ad aggredirlo e a provocarlo. Il primo ad essere colpito è Piazza, Mario interviene per difendere l’amico ma viene stroncato da una pugnalata al cuore.

Gli aggressori sono Edgardo Bonazza, Andrea Ringozzi e Luigi Saporito, tutti appartenenti al MSI e già resisi noti per altre azioni squadriste. Non è infatti la prima volta che a Parma i fascisti tentano di rialzare la testa ma la loro presenza trova puntualmente la risposta della città, decisa a non lasciare loro alcuna agibilità; solo un anno prima, al pestaggio di tre operai da parte di 10 fascisti erano seguite diverse ore di scontri tra i manifestanti antifascisti e la polizia schierata a difesa della sede del MSI.

Dopo l’omicidio la reazione è immediata: migliaia di persone iniziano a radunarsi in piazza, la rabbia è grande e nelle strade ci sono tutti, dai reduci delle barricate del ’22 agli studenti medi. I giornali e la questura cercano di sminuire l’accaduto, tentando di ricondurre le ragioni dell’omicidio a motivazioni personali (“una rissa per questioni di donne”) ma la tesi viene immediatamente smentita dalle inchieste di Lotta Continua e del Manifesto che riescono anche a dimostrare il legame tra gli aggressori e il Movimento Sociale.

Due giorni dopo un grosso corteo si dirige verso la sede del MSI presidiata dalla polizia, che il questore fa però ritirare non appena si rende conto che i celerini non sono in grado di respingere il corteo, numeroso e determinato a vendicare la morte di Mario. La sede viene espugnata e distrutta, dalle finestre volano i mobili, vengono bruciate le bandiere, i manifesti di Mussolini e i volantini.

Il giorno successivo, ai funerali, la rabbia non si è spenta e tante persone sono accorse da tutta Italia per ricordare il giovane compagno.

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