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La contestazione della Biennale di Venezia

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Giugno 1968, a Venezia fervono i preparativi per l’inaugurazione della Biennale ma l’edizione di quell’anno è destinata ad aprirsi con grande difficoltà.

La mattina del 18 Giugno i cancelli vengono aperti per la visita d’anteprima dedicata ai critici, ma lo spettacolo che questi ultimi si trovano di fronte agli occhi è ben diverso dalle aspettative: molti padiglioni sono chiusi o vuoti e le poche opere esposte sono state voltate o gettate a terra.

Il padiglione dell’URSS ha le porte sbarrate, le vetrate di quello svedese sono state coperte con cortine nere e un cartello recita “Sotto le condizioni presenti della Biennale non vogliamo aprire la nostra esposizione”, l’ingresso a quello francese è ostruito da cartelloni e manifesti con slogan sui fatti del Maggio, mentre in quello italiano gli artisti Gastone Novelli e Lorenzo Guerrini sono intenti a rivoltare quadri, sui bordi dei quali si leggono frasi come “La Biennale è fascista”.

A nulla valgono le proteste dei critici, che sgomenti si sentono rispondere “Le opere sono mie e ne faccio quello che voglio”.

Il vento di rivolta del 1968 è arrivato anche in ambito artistico: gli espositori contestano il cosiddetto Statuto fascista della Biennale, retaggio del passato ed inadeguato e limitante rispetto alle richieste degli artisti e ad una nuova idea di Biennale che si fa strada in quei mesi.

Gli espositori dei vari paesi vogliono l’abolizione dei Gran Premi e dell’ufficio vendite, simbolo della mercificazione dell’arte, e chiedono la trasformazione della Mostra stessa in un laboratorio permanente di ricerca, di incontro, di sperimentazione cinematografica attivo tutto l’anno.

I Giardini del Castello in cui la mostra dovrebbe tenersi sono protetti da una duplice cancellata e da ingenti schieramenti di forze dell’ordine ma all’Accademia delle Belle Arti, occupata ormai da tre mesi, studenti e artisti si confrontano e si organizzano per portare la protesta oltre le pareti della Biennale.

Durante la mattinata un primo gruppo di manifestanti si dirige in corteo verso i Giardini del Castello ma viene bloccato dalla polizia prima di poter raggiungere la meta; nel pomeriggio vengono attaccati diversi musei e palazzi storici (Ca’ Pesaro, Ca’ Rezzonico, Palazzo Ducale, la Galleria d’Arte Moderna) nel tentativo di occuparli ma tutti i luoghi simbolo di Venezia sono presidiati da decine di agenti che si affrettano ad evacuare gli edifici e a sbarrarne gli accessi.

Il corteo si dirige allora in piazza San Marco e un gruppo di manifestanti riesce a raggiungere il pennone di centro, issando in cima una bandiera rossa; a seguito dell’azione la polizia carica violentemente il gruppo di artisti e studenti ed opera alcuni fermi.

La contestazione della Biennale prosegue nei giorni successivi: viene bloccata la serata inaugurale, 18 su 22 artisti italiani ritirano le proprie opere, spagnoli e scandinavi protestano contro le cariche della polizia.

La data prevista per l’inaugurazione, il 21 giugno, viene rispettata ma in modo del tutto formale, dal momento che si apre ai visitatori una Biennale ormai ridotta all’osso.

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