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Azione di Giovanni Pesce e della G.A.P. contro Cesare Cesarini

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Tra le azioni che i G.A.P. (Gruppi di Azione Patriottica) portarono avanti tra Milano e Torino nella lotta di Liberazione si ricorda in particolar modo l’esecuzione di Cesare Cesarini, tenente colonnello della Muti e capo dell’ufficio personale nella fabbrica Aeroplani Caproni di Taliedo, ritenuto responsabile della deportazione di 63 tra operai, impiegati e tecnici dello stabilimento.

Protagonista dell’azione fu il partigiano Giovanni Pesce, comandante “Visone”, che di Cesarini ricorda: “Ha fatto deportare centinaia di operai e di tecnici, quasi tutti ad Auschwitz, ha fatto imprigionare e fucilare compagni e amici.” Ricorda ancora Pesce nel suo libro “Senza tregua – La guerra dei Gap” (Ed. Feltrinelli, 1973): “Le azioni incessanti dei gappisti agevolano le agitazioni degli operai. In questo clima, il 28 marzo, scendono in sciopero i lavoratori di oltre cento fabbriche milanesi. La parola d’ordine è “Basta con la guerra, via i tedeschi, morte ai fascisti”.

https://www.ildeposito.org/canti/la-gap

La G.A.P. quand’è che arriva

non manda lettere né bigliettin

e non bussa giù alla porta

sei già persona morta

che il popolo ti ha condannà.

L’ingegner della Caproni

l’8 di Marzo arriva in tassì

tornava con due della Muti

sue guardie personali

e noi lo si va a giustiziar.

Quel traditor d’accordo con i tedeschi stava

a smantellar la fabbrica, le macchine spediva

tutte in Germania dai Krupp.

E per salvar le macchine

han fatto sciopero general

il capo reparto Trezzini

e altri sette operai

li han messi a San Vittore.

È stato l’ingegnere

a fare la spia ma la pagherà

ci tiene tutti sott’occhio

il povero Trezzini

e gli altri li han fucilà.

Adesso tocca a lui, la GAP lo aspetta sotto

sotto ad un semaforo che segna proprio rosso

e addosso si mette a sparar.

Pesce Giovanni spara però prima gli grida:

“È in nome del mio popolo ingegnere che ti ammazzo

con le tue guardie d’onor!”

In fabbrica fanno retate

torturano gente non parla nessun

e trenta operai deportati

li chiudono nei vagoni

piombati diretti a Dachau.

“E il 23 di aprile i tedeschi

vanno a minare la fabbrica,

vogliono farla saltare

prima di ritirarsi piuttosto

che lasciarla in mano ai liberatori…”

Ma gli operai sparano,

difendono la fabbrica

e salvano le macchine che sono il loro pane

e molti si fanno ammazzar.

Adesso siamo liberi,

nella fabbrica torna il padron,

arriva un altro ingegnere

stavolta però è partigiano:

Brigata Battisti, Partito d’Azion.

Ma ecco al primo sciopero

c’è un gran licenziamento

è stato l’ingegnere a cacciare

via quei rossi

che la fabbrica avevan salvà.

‘Sta guerra di liberazione

domando di cosa ci ha liberà:

ingegnere padroni e capi

son tutti democratici

ma noi ci han licenziato

addosso ci hanno sparato

in galera ci hanno sbattuto

ma allora per noi operai

la liberazione l’è ancora da far…

Guarda “Senza tregua – Intervista a Giovanni Pesce – 1“:

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