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L’arresto di Amos Spiazzi

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Il 13 Gennaio del 1974 il generale Amos Spiazzi venne arrestato per associazione sovversiva nel corso dell’inchiesta sul cosiddetto “Golpe Borghese”.
L’abitazione del generale era stata perquisita la mattina precedente su indicazione del procuratore di Padova e al sequestro di tutte le armi rinvenute era seguita la richiesta di fermo; Spiazzi era infatti sospettato di aver fatto da tramite nella distribuzione di armi dall’esercito a settori dei servizi segreti e gruppi eversivi di estrema destra.
Le indagini sul tentativo di colpo di Stato si erano in realtà aperte già dalle fine del 1970 ed avevano portato all’arresto di diversi altri personaggi, tutti appartenenti all’area dell’estrema destra e molti dei quali facenti parte di forze di polizia o dell’esercito.
Il golpe Borghese (dal nome di Junio Valerio Borghese, militare italiano già sostenitore della Repubblica di Salò e successivamente a capo di diversi gruppi armati legati ad Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale) fu un tentativo di colpo di Stato messo in atto nella notte tra il 7 e l’8 Dicembre del 1970.
Il piano, progettato nei dettagli da diverso tempo, prevedeva l’occupazione dei Ministeri dell’Interno e della Difesa e di sedi televisive e giornalistiche, oltre alla deportazione di alcuni parlamentari.
Nelle intenzioni dei golpisti c’erano probabilmente anche il rapimento di Giuseppe Saragat, allora capo dello Stato, e l’assassinio del capo della polizia Angelo Vicari.
Il golpe avrebbe dovuto essere guidato da diversi gruppi clandestini (in primo luogo quello neofascista conosciuto come “La rosa dei venti”) in collaborazione con reparti delle forze armate.
L’attenzione per i dettagli che aveva accompagnato la preparazione del piano è testimoniata tra le altre cose dal ritrovamento in casa di Borghese di un foglietto con su scritto il proclama che i golpisti avrebbero dovuto leggere dalla sede occupata della RAI a cose fatte:
« Italiani, l’auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di stato ha avuto luogo. La formula politica che per un venticinquennio ci ha governato, ha portato l’Italia sull’orlo dello sfacelo economico e morale, ha cessato di esistere. Nelle prossime ore con successivi bollettini, vi verranno indicati i provvedimenti più immediati e idonei a fronteggiare gli attuali squilibri della Nazione.
Le Forze Armate, le Forze dell’Ordine, gli uomini più competenti e rappresentativi della Nazione sono con noi; mentre, dall’altro canto, possiamo assicurarvi che gli avversari più pericolosi, quelli, per intendersi, che volevano asservire la patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi. Italiani, lo Stato che insieme creeremo, sarà un’Italia senza aggettivi né colori politici. Essa avrà una sola bandiera: il nostro glorioso Tricolore! Soldati di Terra, di Mare e dell’Aria, Forze dell’Ordine, a voi affidiamo la difesa della Patria e il ristabilimento dell’ordine interno. Non saranno promulgate leggi speciali né verranno istituiti tribunali speciali; vi chiediamo solo di far rispettare le leggi vigenti. Da questo momento, nessuno potrà impunemente deridervi, offendervi, ferirvi nello spirito e nel corpo, uccidervi.
Nel riconsegnare nelle vostre mani il glorioso Tricolore vi invitiamo a gridare il nostro prorompente inno d’amore: Italia! Italia! Viva l’Italia!».
Tra il 7 e l’8 Gennaio a Roma si concentrarono diverse centinaia di congiurati e lo stesso avvenne, in forma ridotta, in altre città italiane; quando il golpe era ormai entrato in fase attuativa, però, Borghese ne ordinò improvvisamente l’annullamento.
Le ragioni di tale contrordine non sono ad oggi ancora del tutto chiare: stando alla testimonianza del generale Spiazzi il colpo di Stato, in realtà fittizio, avrebbe dovuto essere represso immediatamente dalle forze governative tramite il piano “Esigenza triangolo”; la notizia del golpe sventato avrebbe poi permesso al governo democristiano di emanare leggi speciali creando allarmismi sull’emergenza sicurezza in Italia.
Borghese, avvertito o resosi conto della trappola, avrebbe dato il contrordine in tempo.
Secondo un’altra versione, invece, il piano sarebbe stato annullato in seguito ad un aspro dibattito interno tra chi premeva per un’immediata presa del potere e chi invece auspicava una gestione più graduale della faccenda.
Le indagini proseguirono a rilento e il processo per i 68 imputati si aprì solo nel 1977; tra depistaggi e circostanze mai chiarite la vicenda giuridica si è conclusa nel 1984 con un’assoluzione complessiva e la sconcertante spiegazione della Corte d’appello secondo cui “il fatto non sussiste” e tutto ciò che era successo si riduceva ad “un conciliabolo di 4 o 5 sessantenni”.
Al di là dell’esito del processo, ciò che è emerso con chiarezza negli anni è la matrice reazionaria del progetto, nonché il coinvolgimento e l’appoggio di logge massoniche e dei servizi segreti; non va dimenticato, infine, che il fallito colpo di Stato sembra aver avuto una dimensione internazionale, che vedeva ambasciatori e politici statunitensi a conoscenza del piano e pronti ad appoggiare l’eventuale regime.

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pubblicato il in Storia di Classedi redazioneTag correlati:

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