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Morte di Lenin

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Il 21 Gennaio ricorre l’anniversario della scomparsa, avvenuta nel 1924, di una delle figure rivoluzionarie più importanti e diffuse nell’immaginario storico e collettivo: quella di Vladimir Ilyich Ulyanov, noto con lo pseudonimo di Lenin.

Nato il 22 Aprile del 1870, Lenin trascorre i primi anni della sua vita nel clima di oppressione e arretratezza dello zarismo e arriva a conoscere molto presto la repressione che si abbatte sui primi focolai di rivolta che divampano nella Russia di quegli anni: i fratelli Anna e Aleksandr vengono arrestati nel Marzo del 1887 con l’accusa di cospirazione contro lo zar Alessandro III, mentre Lenin viene fermato e allontanato dalla città assieme ad altri studenti nel Dicembre dello stesso anno per aver occupato l’Università di Kazan.
Negli anni successivi comincia ad accostarsi alle letture marxiste e prosegue gli studi in legge, laureandosi nel 1891; un paio di anni dopo si trasferisce a San Pietroburgo, dove inizia l’attività politica nel POSDR, il Partito Operaio Socialdemocratico Russo.
In questi anni si collocano le prime produzioni scritte, tra cui il noto “Che fare?” del 1902, in cui Lenin introduce la figura del “rivoluzionario di professione” come avanguardia capace di guidare il movimento verso la rivoluzione.
Le sommosse del 1905 infliggono un primo duro colpo al secolare potere zarista e preparano il terreno per lo scontro finale del 1917; nel frattempo la prima guerra mondiale acuisce le condizioni di miseria in cui versa la Russia e offre a Lenin nuovi spunti di riflessione, esposti in “Il socialismo e la guerra” (1915).
Venuto a conoscenza delle rivolte di Febbraio del 1917, Lenin, che si trovava in Svizzera da qualche anno, si affretta a tornare a Pietrogrado, dove il 3 Aprile viene accolto da una folla esultante; il giorno successivo rende note le famose “Tesi di Aprile”, che diventano il programma d’azione per i bolscevichi.
In 10 punti Lenin si esprime infatti in merito alle questioni più impellenti che il partito dovrà affrontare, tra cui uscire dalla guerra contro la Germania in quanto “rimane incontestabilmente una guerra imperialistica di brigantaggio, in forza del carattere capitalistico di questo governo. Il proletariato cosciente può dare il suo consenso ad una guerra rivoluzionaria che giustifichi realmente il difensismo rivoluzionario solo alle seguenti condizioni: a) passaggio del potere al proletariato e agli strati più poveri dei contadini che si schierano dalla sua parte; b) rinuncia effettiva, e non verbale, a qualsiasi annessione; c) rottura completa ed effettiva con tutti gli interessi del capitale”.
Fra gli altri punti salienti si legge la necessità di smascherare il volto capitalistico del governo provvisorio, di estendere la popolarità e l’influenza del Partito tra i Soviet, che dovranno diventare l’organo di direzione politica (“Niente repubblica parlamentare – ritornare ad essa dopo i Soviet dei deputati operai sarebbe un passo indietro”), soppressione di polizia ed esercito, confisca delle grandi proprietà terriere e istituzione di un’unica Banca Nazionale.
Inizialmente le tesi di Lenin disorientarono molti dei suoi compagni di Partito, ancora ancorati all’idea che per il momento bastasse accontentarsi della rivoluzione borghese e convinti che il passaggio alla rivoluzione socialista fosse ancora prematuro.
Ma nei mesi successivi la maggioranza si rovescia a suo favore e la presa del Palazzo d’Inverno il 25 Ottobre segna la vittoria definitiva dei bolscevichi e l’inizio del lungo impegno di Lenin nel Partito.
Nonostante la malattia che comincia a colpirlo dal 1921, Lenin prosegue l’attività politica e la produzione scritta fino alla fine; ad oggi, la sua figura è sopravvissuta ai decenni e ha rappresentato un modello e un esempio per molti altri leader rivoluzionari e per le lotte degli anni successivi.

“Non giocare mai con l’insurrezione. Ma quando la si inizia, mettersi bene in testa che bisogna andare sino in fondo”

Guarda “Lenin’s Funeral – Moscow (1924)”:

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