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Il Governo dei Soviet

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Dopo la presa del Palazzo d’Inverno e l’arresto dei ministri del Governo Provvisorio (ad eccezione di Kerenskij, che riuscì a fuggire per cercare rinforzi nelle caserme lontane dalla capitale), gli scontri tra rivoluzionari e forze governative continuarono in diverse città della Russia, tra le quali Mosca, dove i bolscevichi risultarono vittoriosi solo il 2 novembre, riuscendo così ad ottenere il controllo dei due maggiori centri di potere del paese.

Intanto, il nuovo governo presieduto da Lenin, chiamato ufficialmente Soviet dei Commissari del Popolo, approvò il “decreto sulla terra” che nazionalizzava le grandi proprietà fondiarie dei pomeščiki (i proprietari terrieri) e ne prevedeva la suddivisione tra i contadini, e il “decreto sulla pace”, che annunciava l’avvio immediato dei colloqui di pace.

Seguirono altri importantissimi decreti che qui elenchiamo rapidamente: nazionalizzazione delle ferrovie e della flotta, gestione delle industrie affidata al controllo degli operai, tutte le banche si fusero con la Banca di Stato, il commercio estero diventò monopolio dello stato, sistema giudiziario soppiantato dai tribunali del popolo, la polizia sostituita da una milizia formata in prevalenza da operai, la Chiesa separata dallo Stato e dalla scuola, introdotto il matrimonio civile e il divorzio, la donna venne legalmente equiparata sotto ogni aspetto all’uomo, introdotta la giornata lavorativa di otto ore, cancellate la differenze di trattamento fra soldati e ufficiali. Il nuovo governo denunciò anche tutti gli accordi internazionali compresi quelli segreti e sospese il rimborso dei prestiti ottenuti all’estero dal regime zarista.

Le forze controrivoluzionarie, nel frattempo, tentarono di riorganizzarsi sotto la guida del fuggiasco Kerenskij presso la Stavka, il quartier generale dell’esercito a Mogilëv. Venne creato un nuovo fittizio Governo Provvisorio, con a capo il socialista-rivoluzionario Viktor Michajlovič Černov, e il generale Krasnov si occupò di guidare circa 20.000 cosacchi ritiratisi dal fronte su Pietrogrado; molti di questi soldati abdicarono prima di arrivare alla capitale, convinti da alcuni emissari bolscevichi ad unirsi alla rivoluzione, mentre gli altri vennero sconfitti a Pulkovo e Gatčina dalla Guardia Rossa, la milizia operaia organizzata da Trotsky (presidente del soviet di Pietrogrado e ministro degli esteri). Kerenskij fu costretto a rifugiarsi in Inghilterra.

Dal 12 novembre, a rivoluzione ancora incompiuta, vennero indette le elezioni per l’Assemblea Costituente mediante una legge elettorale definita dal precedente Governo Provvisorio, alle quali si presentarono quattro liste: bolscevichi, menscevichi, Partito cadetto e socialisti rivoluzionari. Le elezioni, che si svolsero a suffragio universale, registrarono però un forte astensionismo che provocò un’esigua partecipazione alle stesse: i voti risultarono inferiori al 50% degli aventi diritto, a significare un diffuso malessere, soprattutto nelle classi popolari, rispetto ad una politica di delega delle istanze rivoluzionarie, ancora nel vivo del loro conseguimento attraverso l’insurrezione bolscevica.

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