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Malcom X

18 gennaio 1965

Il 18 gennaio 1965 la Young Socialist Alliance, gruppo giovanile trotskista del Partito Socialista dei Lavoratori (SWP), intervistò Malcolm X, leader della Muslim Mosque Inc. e noto attivista a favore dei diritti e dell’autodeterminazione degli afroamericani e dei diritti umani in generale.

L’intervista, rilasciata a Jack Barnes e a Barry Sheppard appena un mese prima della morte del giovane leader afroamericano, fu lievemente rielaborata e accorciata su approvazione dello stesso Malcolm X e pubblicata nel numero di marzo-aprile della rivista “Young Socialist”.

Quanto emerge dalle dichiarazioni rilasciate a Barnes e Sheppard è il profilo di un uomo profondamente convinto della lotta e degli ideali che propugna, anche se la vera forza di queste parole si trova nella lucidità con cui Malcolm X rielabora e approfondisce gli aspetti più radicali della sua filosofia. Nella primavera del 1963 infatti egli si era pubblicamente distaccato dalla Nation Of Islam (NOI), la “setta islamica militante” la cui tesi centrale era quella secondo cui la maggior parte degli schiavi africani erano stati musulmani prima di venire catturati e che quindi i neri avrebbero dovuto riconvertirsi all’Islam, creando una nazione nera separata all’interno degli Stati Uniti (secondo l’ideologia del nazionalismo nero). La Muslim Mosque Inc. invece, nata nel 1963,  abbandonò il presupposto religioso come elemento di coesione per il popolo nero impegnandosi in quelle battaglie civili, civiche e politiche che la NOI poneva in secondo piano. Nel frattempo Malcolm X si convertì all’islamismo ortodosso e nel 1964 partì per un viaggio che lo condusse in Egitto e poi a Jeddah, in Arabia Saudita, con destinazione finale La Mecca, luogo in cui arrivò per la prima volta a concepire l’Islam come una religione capace di abbattere qualsiasi barriera razziale, abbandonando definitivamente la tesi del nazionalismo nero per abbracciare la battaglia a favore dei diritti civili.

Insieme a A. Peter Bailey e altri, Malcolm fondò il distaccamento statunitense della Organizzazione per l’Unità Afro-americana (OAAU) Ispirandosi alla Organizzazione per l’Unità Africana (OAU), che aveva come scopo quello di utilizzare ogni mezzo necessario per creare una società in cui 22 milioni di afroamericani fossero riconosciuti e rispettati come esseri umani.

L’intervista del 18 gennaio, dunque, si colloca in un periodo di trasformazioni profonde nel pensiero del trentanovenne leader afroamericano, in bilico tra la folgorazione religiosa e lo spirito internazionalista che aveva caratterizzato molti leader rivoluzionari negli anni precedenti (basti pensare all’intensa attività che aveva svolto Che Guevara nei suoi viaggi in Africa e sud America), a dimostrazione di un ampliamento di vedute che superava i confini degli Stati Uniti e  faceva di Malcolm X un uomo capace di riconoscere i crimini dell’imperialismo americano nella guerra del Vietnam e nello sfruttamento dei popoli oppressi dell’Africa. La sua analisi politica infatti è lungi dal potersi ridurre alla semplice rivendicazione di alcuni diritti fondamentali e inalienabili: a differenza di altri leader afroamericani, cui Martin Luther King era l’esponente di maggior spicco, Malcolm X era conscio del fatto che la semplice protesta non poteva sostituire un sistema politico e culturale che diffondeva razzismo e violenza di classe fin dalla sua fondazione (anche per questo criticò aspramente la Marcia su Washington dicendo che non trovava nulla di eccitante in una dimostrazione “fatta da bianchi davanti alla statua di un presidente morto da cento anni e al quale, quando era vivo, noi non piacevamo” ) e nel quale non ci si poteva affidare tanto al Partito repubblicano quanto a quello democratico, indicato, anzi, come il bacino di raccolta dei maggiori esponenti del razzismo negli Usa. La disillusione e la cruda analisi sociale effettuata da Malcolm X fecero anche in modo che, in seguito all’assassinio di John F. Kennedy,  egli commentasse piuttosto freddamente che la violenza che i Kennedy non erano riusciti a fermare gli si era “ritorta contro”, aggiungendo che questo genere di cose non lo intristiva ma lo rendeva felice, dimostrando ancor più di essere distante dalle posizioni nonviolente di una parte del movimento afroamericano. Quando Barnes e Sheppard gli domandarono come mai si facesse sostenitore della violenza, egli rispose piuttosto laconicamente che “A ognuno piacerebbe raggiungere il suo obiettivo pacificamente(…). Non ho mai sentito di qualcuno andare dal Ku Klux Klan per insegnar loro la nonviolenza, o dalla Birch Society o da altri elementi di destra. La nonviolenza è predicata solamente agli americani neri, e non procedo con chiunque voglia insegnare la nonviolenza alla nostra gente, finché al contempo qualcuno non insegni al nostro nemico a essere nonviolento. Penso che dovremmo difenderci con ogni mezzo necessario quando siamo attaccati dai razzisti”.

Guarda “Malcolm X: Violenza e Movimento Nero (sub ita – pt. 1)“:

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