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L’assalto al treno e la Resistenza novarese

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L’estate 1944 è nel Nord Italia una stagione di grandi offensive partigiane, è la stagione delle zone libere, della controffensiva e dell’intensificarsi dell’operazione di guerriglia.

Nella città di Novara numerosissime sono le azioni di sabotaggio che si susseguono, notte dopo notte, e che esasperano sempre più gli occupanti tedeschi ed i loro scagnozzi repubblichini.

La sera del 17 agosto, alle 23.15, una cinquantina di partigiani al comando del comandante Jean Taglioretti, del distaccamento Renato Topini della Brigata Osella, intraprendono un’azione di sabotaggio, partendo dalla stazione di Romagnano Sesia. Gli antifascisti, messo fuori uso l’impianto telegrafico della stazione, salgono sul treno 1302, composto dalla locomotiva e due vagoni, e si dirigono verso Novara.

Ad ogni stazione del percorso bloccano il telegrafo, lasciando un piantone di guardia, con l’intenzione di recuperarlo al ritorno.

Il treno giunge alla stazione di Novara alle 00.40, dove è in corso lo sgombero a causa di un allarme aereo: con il favore delle tenebre, i partigiani irrompono negli uffici ferroviari, e dopo un breve conflitto a fuoco immobilizzano tredici uomini del personale e un vigile del fuoco, e prelevano sei repubblichini e un sottufficiale tedesco.

In pochi minuti i partigiani caricano i prigionieri sul treno e ripartono verso Ghemme, dove però, a causa del grande trambusto dovuto a un rastrellamento delle Fiamme Nere avvenuto quella stessa mattina, gli ostaggi riescono tutti a fuggire e a fare ritorno ai propri Comandi.

I partigiani, trovato rifugio in alcuni magazzini degli attrezzi agricoli tra le vigne di Ghemme, vengono svegliati la mattina dopo da un accerchiamento di tedeschi e intrapreso un conflitto a fuoco, riescono a fuggire, ma tre garibaldini restano a terra.

Una settimana dopo, il 24 agosto, viene messa in atto una nuova operazione di sabotaggio, denominata “i due ponti”, con cui i partigiani intendono bloccare i movimenti dei treni blindati nemici sulla direttiva Omegna-Varallo Sesia- Novara. Il compito dei sessanta garibaldini è difficile, ma viene espletato con successo: i due ponti e la strategica cabina di smistamento saltano senza provocare vittime.

La reazione delle forze nazifasciste non si farà attendere: alcuni giorni dopo, un rastrellamento interesserà tutta la zona fino a Romagnano Sesia.

Tredici giovani disertori, che avevano ignorato l’ordine di arruolarsi nelle fila di Salò, che da alcuni giorni erano prigionieri nelle Carceri di Novara al Castello, faranno da capro espiatorio per la ritorsione fascista.

La mattina del 26 agosto i tredici vengono portati nel comune di Vignale e fucilati davanti alla popolazione, costretta a presenziare all’eccidio.

Le vittime, quasi tutte diciottenni, sono: Giovanni e Natale Diotti, Fausto Gatti, Renato Crestanini, Erminio Sala, Secondo Passera, Iginio Mancini, Orione e Spartaco Berto, Antonio Denti, Pietro Molinari, Giuseppe Schiorlini e Angelo Saini.

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