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L’autunno di lotta degli studenti pisani

In questi mesi i collettivi delle scuole pisane si stanno mobilitando per affrontare le gravi problematiche che quotidianamente vivono all’interno dei propri istituti. A partire dal 10 ottobre, giornata di mobilitazione del mondo della formazione, la capacità di organizzazione è cresciuta. Oltre 500 studenti sono stati protagonisti di un corteo cittadino che è andato a denunciare il caro trasporti, il caro libri e la riforma della buona scuola. Il 16 ottobre un folto gruppo di studenti ha partecipato allo sciopero sociale che è terminato all’aeroporto pisano portando così la solidarietà degli studenti ai lavoratori in lotta della GB ma soprattutto ha contrastato concretamente il nuovo modello di sviluppo del mondo del lavoro che vede gli studenti nell’immediato futuro sempre più precari come i lavoratori dell’autonoleggio dell’aeroporto appunto. Il 14 novembre infine un centinaio di studenti scesi in corteo hanno deciso di iniziare a chiedere conto della situazione drammatica delle strutture scolastiche pisane che in un articolo di lega ambiente si classificano ai primi posti in tutta Italia tra le scuole più fatiscenti e tossiche per la massiccia presenza di amianto ed altri elementi nocivi alla salute di chi vive quei luoghi quotidianamente.

In queste tre date dell’autunno di lotte pisano si è iniziato a mettere a valore il lavoro quotidiano che i collettivi di tutte le scuole stanno portando avanti. Infatti gli studenti che sono scesi in piazza hanno costruito una piattaforma sulla quale stanno iniziando a sperimentare dei percorsi di lotta che abbiano la capacità di incidere sui livelli politici e decisionali della governance cittadina. Lo spazio politico che il corteo del 14 novembre ha aperto resistendo alle manganellate della celere sotto il portone chiuso della provincia, ha portato decine di studenti di tutti i collettivi di tante scuole a porre alcune questioni alle istituzioni: 1) l’intollerabile presenza di amianto nelle scuole, le strutture sempre più degradate e fatiscenti (buchi nei muri, crepe nelle colonne, infiltrazioni di acqua ovunque e impianti non a norma); 2) la mancanza di materiali e attrezzature nei laboratori. Le istituzioni come sempre hanno negato qualsiasi tipo di responsabilità, nascondendosi dietro la solita retorica, sempre più fragile, della mancanza di risorse economiche e allo stesso tempo hanno provato ad abbindolare gli studenti in lotta con qualche debole promessa.

Il dato importante di cui tenere conto però è che a fronte delle prese in giro e delle continue speculazioni che le istituzioni fanno nei nostri confronti, c’è un’organizzazione della rabbia e della frustrazione che avanza. La situazione inizia a diventare insostenibile per tante e tanti studenti che iniziano a rifiutare la logica dei sacrifici in nome di una crisi che vede le proprie famiglie schiacciate dalle tasse e i propri diritti venire meno a causa del “mangia mangia” che l’amministrazione cittadina porta avanti a suon di progetti inutili e milionari. L’insofferenza si organizza in risposta al disciplinamento selvaggio che presidi, professori e bidelli esercitano nei confronti degli studenti che vivono la scuola sempre più come una fabbrica, nel senso che qualsiasi altra attività che non sia esclusivamente didattica è repressa in maniera violenta, mettendo gli studenti in una posizione di completa subalternità tramite il ricatto e la paura.

Per questo il progetto che si sta dando a Pisa sulla questione dell’edilizia scolastica e dei laboratori è il frutto di una serie di iniziative che i collettivi negli ultimi mesi stanno mettendo in campo, soprattutto a partire dalla riappropriazione degli spazi vuoti all’interno della scuola dove svolgere attività slegate dal sistema scuola, ovvero assemblee, aperitivi e momenti ludici e aggregativi che stanno stimolando nella coscienza di tanti studenti la volontà di riappropriarsi di un’autonomia decisionale per uscire dal torpore in cui sono costretti.

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