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Egitto, giornalisti e lavoratori sotto attacco

 

I Fratelli musulmani, nuovi dominatori della scena politica egiziana, mettono le mani sui media e attaccano i diritti dei lavoratori. E’ questo l’ultimo preoccupante sviluppo che aggrava i timori di chi ha fatto la rivoluzione contro Hosni Mubarak reclamando lavoro, diritti e libertà.
In una settimana si sono registrani almeno tre gravi attacchi alla libertà di stampa. Il quotidiano al-Akhbar non pubblicherà più gli editoriali dei giornalist Ibrahim Abdel Meguid e Youssef el-Qaeed critici delle politiche degli islamisti. Una settimana fa le forze dell’ordine hanno fatto irruzione nella sede di al-Dostour, confiscando le ultime pubblicazioni del giornale e la magistratura ha avviato un’inchiesta contro il quotidiano, vicino al partito al-Wafd, per insulti al presidente. Di pochi giorni fa è invece il provvedimento di chiusura della tv satellitare al-Faraeen.
Il ministro dell’informazione Hani Mahmoud, in quota al partito Libertà e giustizia (braccio politico dei Fratelli musulmani) ha difeso i provvedimenti puntando sulla distinzione tra libertà d’informazione e incitamento alla violenza. 
Con gli attacchi alla libertà di stampa il governo egiziano tenta inoltre di mettere le mani sull’intero sistema di media pubblici, quotidiani e agenzie. Abdel Naser Salama è stato nominato nuovo direttore del più antico quotidiano egiziano, Al-Ahram, mentre Mohmmed Hassan Al-Banna dirigerà il quotidiano Akhbar al-Youm. Cambi ai vertici anche dell’agenzia di stampa Mena e di Rose al-Yousef. E così, Mohammed Morsy, dopo aver nominato i nuovi vertici del Consiglio supremo delle forze armate e cancellato la dichiarazione costituzionale aggiuntiva, prepara la scalata islamista alla stampa egiziana con non poche conseguenze sulla libertà di espressione.
Intanto i lavoratori egiziani continuano a lottare per i loro diritti. Contro di essi il ministro del lavoro e dell’immigrazione, Khaled al-Azhary, ha istituito un osservatorio nazionale sugli scioperi in dieci città egiziane, tra cui il Cairo e Alessandria, per «favorire la concertazione e la soluzione pacifica delle controversie sul lavoro». Un modo per cercare di imbavagliare la protesta operaia, in linea con il liberismo economico professato da tanti esponenti di primo piano della Fratellanza islamica. Le richieste dei lavoratori vanno da contratti regolari, migliori trattamenti salariali e la partecipazione dei lavoratori ai profitti aziendali. Il governo le vede come minacce alla libertà d’impresa.

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