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Tav, velocità, virus

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Se c’è qualcosa che abbiamo sentito gridare fino alla noia in questi anni è che il Tav Torino – Lione serve a far circolare più velocemente (di circa una mezz’ora) persone e/o merci (a seconda di chi ne parla).

Ci è stato detto che una maggiore velocità è necessaria per essere competitivi nel mercato internazionale, in barba ad ecosistemi, alla salute delle comunità locali, agli effetti sociali dell’alta velocità.

Oggi ci troviamo all’interno di una crisi, quella provocata dal virus Covid19, che si è sviluppata a delle velocità mai viste prima, portando il contagio in gran parte del globo. Il Coronavirus ha viaggiato nei corpi di manager, amministratori delegati, e purtroppo turisti, lavoratori della logistica e del trasporti. In pochissimo tempo questa crisi ha dimostrato tutto il rovescio della iperconnessione su cui si basa il nostro modello di sviluppo.

Non solo, il virus ha interrotto le catene del valore per cui uno specchietto prodotto in Lombardia viene assemblato a una carrozzeria fatta in Brasile e ad un motore tedesco. Ha insomma dimostrato tutta la fragilità di questo sistema di produzione che esternalizza e scorpora in mille parti il lavoro operaio. Naturalmente poco importa se oggi si fermano le produzioni della componentistica per auto, ma ben diverso è l’impatto di queste esternalizzazioni se si parla di respiratori, mascherine, dispositivi protettivi, reagenti, tamponi di cui c’è continua e drammatica carenza. Questa crisi fa emergere tutte le contraddizioni del libero mercato e delle sue leggi che non si basano su cosa è necessario produrre, dove è necessario farlo e quando, ma solo sulla regola del profitto. Allo stesso modo la folle circolazione con cui vengono rimbalzate le merci e le persone all’interno di questo sistema è ciò che le valorizza, che ne aumenta il prezzo e i profitti per i capitani d’impresa.

David Harvey nel suo libro “L’Enigma del Capitale” afferma che: “Nella circolazione del capitale la continuità del flusso è molto importante. Il processo non può essere interrotto senza generare perdite. Vi sono anche forti incentivi ad accelerare la velocità di circolazione. Coloro che riescono a muoversi più rapidamente di altri attraverso le varie fasi della circolazione del capitale accumulano profitti maggiori rispetto ai concorrenti. L’accelerazione permette quasi sempre di realizzare maggiori profitti, perciò le innovazioni che contribuiscono ad accelerare il processo sono molto ricercate.” Oggi vediamo i risultati di questa folle corsa alla crescita ad ogni costo. Proprio per questo gli squallidi industriali nostrani che non perdono occasione a sottolineare la strategicità (per loro) della costruzione del TAV oggi fanno pressioni al governo per continuare a tenere aperto e produrre in barba alle centinaia di migliaia di vite esposte al rischio contagio quotidianamente sui posti di lavoro.

Chi in questi anni si è opposto alla costruzione del TAV Torino – Lione lo ha fatto partendo da una chiara ragione: la nostra vita, quella della nostra valle, l’habitat delle nostre montagne, non vale il guadagno delle lobby del mattone, dei promotori della crescita ad ogni costo, dei politici e dei mafiosi. Oggi, in maniera più sibillina, stiamo sperimentando su tutto il territorio nazionale quello che in Val di Susa è chiaro da 30 anni: questo modello di sviluppo è insostenibile e va cambiato. Che si rischi il cancro per scavare un buco che forse farà viaggiare un paio di calzini, o un manager con mezz’ora di anticipo tra Torino e Lione, che si rischi di rimanere contagiati dal Coronavirus per non far perdere i profitti di qualche mese a qualche industriale, la sostanza non cambia. E’ il momento di rendersi conto del folle e mortifero sistema di sviluppo in cui siamo stati gettati dall’avidità di pochi e riprendersi la gestione delle risorse, la decisione dal basso di cosa è opportuno e necessario produrre e costruire, e di cosa non lo è.

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