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SPECIALE BANLIEUE “I quartieri sono i grandi dimenticati”

Vi proproniamo in questa terza puntata dello Speciale Banlieue una chiacchierata con Nadia, militante dei quartieri popolari di Parigi, che ci offre un ulteriore punto di vista sul quadro politico e sociale in cui si sono mosse le rivolte.

Qui la raccolta degli articoli dello Speciale Banlieue

Chi ha partecipato alle rivolte e qual’è la ripartizione geografica? Quali le premesse?

Parto dal fondo: ricordiamo che l’anno scorso, più o meno nello stesso periodo, ci sono stati 23 morti per rifiuto di ottemperare ai controlli, ed è già qualcosa di classificabile come stato omicida. Già era stato qualcosa che aveva scosso la popolazione francese. Per quanto riguarda la ripartizione geografica, sono i quartieri popolari a partecipare ma non solo, ci sono città come Montargis che è stata teatro di scontri. Per la maggior parte sono giovani uomini a partecipare, molto raramente ci sono ragazze, non sono specificatamente giovani dei quartieri perché abbiamo visto dei video in cui vi erano franco-francesi a partecipare, cosa che non è molto diffusa sui media da parte del potere. Ciò presuppone anche che il fatto di mettere queste immagini sulle rivolte in loop permette di dimenticare che c’è stato un ragazzino di 17 anni che è morto, ed è ciò che permette di “legittimare” il discorso di chi dice che “se l’è cercata”. Quello che è inquientante è la raccolta fondi.. che ormai arriva a più di un milione di euro e che rappresenta davvero il “premio”, il “riconoscimento”: ora anche la polizia in moto lancia un’ulteriore raccolta fondi. Possiamo parlare del premio a un atto criminale.

Cosa è cambiato dal 2005?

Intanto la diffusione geografica perché abbiamo visto il coinvolgimento sia della banlieue parigina ma anche di altre città e zone in provincia, ad esempio Montargis, nonostante siano città piuttosto calme normalmente. In alcuni casi la sinistra cerca di allearsi con dei collettivi dell’ambito “Verità e giustizia”, per fare delle marce. Ma sull’atteggiamento della sinistra istituzionale, si può dire che c’è l’intenzione di fare fronte comune, c’è una volontà di fare giustizia o di trovare giustizia, ma c’è anche la volontà di inserirsi in quanto sta accadendo per creare una base per le prossime elezioni.

Credi che sia possibile un’allenza tra i ribelli della banlieue ed i movimenti sociali “bianchi”?

Penso che il governo abbia una paura rara che la sinistra (radicale), i GJ e i quartieri si uniscano in un movimento organizzato. E hanno paura perché tutta la serie di leggi antisociali, liberticide, hanno già fatto il loro e quindi c’è paura di una guerra civile. Gli appelli alla calma dei sindaci sono un modo di delegittimare il fatto di chiedere giustizia e dall’altro lato di legittimare il fatto che si stia parlando di un’orda di selvaggi, quindi “è normale che il poliziotto abbia sparato…” è un’atmosfera abbastanza nauseabonda. Il problema che è emerso nei quartieri è che la gente non ne può più degli “emeutiers”, gli abitanti stessi si sentono insicuri, ci sono state una serie di marce come a Aulnay organizzate dagli abitanti per chiedere che gli scontri cessino, perché gli abitanti stessi si sentono in pericolo.

In ogni caso i quartieri sono i grandi dimenticati. Perché per esempio in relazione alla riforma delle pensioni, il tasso di disoccupazione nei quartieri è del 80% quindi la pensione non è una cosa che riguarda tutti, anzi, è tutto problematico. Sono dei territori che alla base sono stati lasciati all’abbandono, e le sole risposte sono risposte repressive. Le rivolte permettono allo Stato di mettere in campo un arsenale liberticida, a maggior ragione che tra non molto tempo ci saranno i Giochi Olimpici, e questo permette di confermare un arsenale per la sicurezza, perché per i giochi c’è una somma di denaro incredibile in ballo e ogni paese che partecipa vuole avere un ritorno in termini di investimenti, dunque lo Stato farà di tutto per non perdere l’occasione e garantire la tenuta dei Giochi Olimpici. Se i quartieri e i GJ possono allearsi, direi di sì… Abbiamo visto con l’instaurazione del primo mandato di Macron come la disobbedienza civile si sia diffusa, tramite i GJ, al loro interno non c’erano necessariamente solo franco-francesi ma vi erano anche persone dei quartieri che lavorano. Per quanto riguarda la riforma delle pensioni, anche se la maggioranza nei quartieri ha aiuti statali, c’è anche chi lavora e quindi alcuni erano presenti.

Tornando all’omicidio di Nahel: c’è stato un atto d’accusa nei confronti del poliziotto responsabile. Come leggi questo fatto nel quadro della risposta dello Stato?

Penso che per quanto riguarda l’affare di Nahel hanno messo in stato di fermo il poliziotto per fare tacere l’opinione pubblica. Ma ritengo che ciò che succederà andrà in questa direzione: ho saputo che c’è stata anche una denuncia per Nahel, morto, quindi ciò che si presuppone è che il poliziotto venga rilasciato, come nella maggior parte di questi casi verrà promosso e spostato in un’altra città così come il processo, se ci sarà verrà delocalizzato, per evitare che ci siano degli scontri.

In ogni caso, il fatto che ci sia un’indagine aperta su Nahel per rifiuto di ottemperare, lascia presagire che ci sarà un risvolto non in favore della famiglia. Le indagini sono portate avanti dall’IGPN (Ispezione Generale della Polizia Nazionale) quindi sarebbe auspicabile che almeno fosse portata avanti da un organo non coinvolto, mentre ogni volta funziona in questo modo (la polizia della polizia fa le indagini in questi casi e il poliziotto viene sempre rilasciato senza condanna, ndr) nonostante noi chiediamo da anni che in questi casi le indagini non vengano fatte dall’IGPN perché il risultato è che ne uscirà promosso e delocalizzato.

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