Il limite ecologico. 14 marzo a Parigi: i Gilets Jaunes e il contagio
Il 14 marzo era atteso. Era la data con cui i Gilets Jaunes e gli altri movimenti ambientalisti, femministi, in sciopero per le pensioni, la riforma dell’università, contro le violenze della polizia, per le lotte sociali etc., avrebbero festeggiato un anno dalla discesa sugli Champs Élysées dello scorso 16 marzo 2019 (Atto 18), tornando in una zona interdetta dalla polizia. Fra gli altri, anche se impossibili da citare tutti : Action Antifasciste Paris-Banlieue, Mouvement Inter Luttes Indépendant, Cerveaux non disponibles, CLAQ – Comité de Libération et d’Autonomie Queer, ACTA, Action Écolo, etc..
Il tempo
Il 14 marzo era atteso. Il tempo dell’attesa bascula da qualche mese nella regione europea. Con differenziali geografici importanti, dall’espansione della pandemia COVID-19, la scansione del tempo che siamo soliti conoscere ha cominciato una silente metamorfosi; il tempo che conosciamo, ha subito strattoni, accelerate, e alla fine arresti improvvisi, una metamorfosi sotto pelle che nessuno si aspettava.
Sono noti i termini di riferimento della pandemia di Coronavirus, scoppiata a Wuhan a fine dicembre 2019. Con lo stesso movimento con cui in Italia è stato possibile osservare il cambiamento delle politiche e la percezione dei fenomeni, così anche la Francia, in ritardo di qualche settimana, percorre movimenti analoghi di amministrazione della crisi e coscienza della stessa. Da un’iniziale sospetto dell’opinione pubblica francese verso la gestione del fenomeno da parte degli italiani, anche nella République si è saltati da uno stadio di gravità del contagio al successivo, culminato col discorso di Emmanuel Macron, il più seguito nella storia degli interventi presidenziali alla televisione.
Giovedì 12 marzo la massima carica dell’Eliseo ha disposto un parziale arresto della vita: chiusura di scuole di ogni ordine e grado; mentre restavano in stato di business as usual circolazione dei trasporti, l’apertura di negozi e bar e, soprattutto, il regolare svolgimento delle elezioni municipali previste per domenica 15 marzo. In maniera vaga ha disposto il contenimento dei rassemblement (assembramenti), mentre ha annunciato una misura di chômage partiel (disoccupazione parziale) per chi rimarrà a casa da lavoro in questo periodo, come la possibilità di alternare le giornate di lavoro per quei genitori che dovranno badare ai figli a casa da scuola. Anche la tregua invernale relativa agli sgomberi è stata prolungata di due mesi.
La maggior parte di queste misure saranno ratificate tramite decreto del primo ministro francese Eduard Philippe solo due giorni dopo: nella sera del 14 marzo è stata disposta la chiusura di tutti i luoghi pubblici “non indispensabili” come bar, ristoranti, caffè, cinema, discoteche; viene interdetta la possibilità di raggrupparsi in più di 100; rimangono aperti supermercati, farmacie, banche, tabaccai; viene disposto l’ invito a sviluppare forme di “telelavoro”. Le elezioni municipali di domenica 15 vengono tuttavia ancora mantenute.
Il comprensibile intensificarsi del ritmo nei media francesi rispetto al “fenomeno Coronavirus” ha iniziato a porre diversi problemi anche alla legittimità della manifestazione del 14 marzo. Nei social network comparivano sincrone ipotesi opposte: “è meno grave di quello che sembra, andiamo a Parigi”, “È molto più grave di quello che dicono, non andiamo a Parigi”. Ma alla presa in carico ufficiale da parte del governo hanno fatto seguito diversi comunicati di rinuncia all’ “Acte 70 – 1 an de l’Ultimatum des Gilets Jaunes”. In particolare sono state annullate la “marcia contro le violenze poliziesche e contro la repressione” e la “marcia ecologista”. Ci sembra interessante, in questo quadro, la presa di posizione di ACTA: inizialmente sigla promotrice della giornata, ha prodotto alla sua vigilia un’interessante riflessione sul significato di difesa popolare di fronte al duplice attacco del virus e delle classi padronali. D’altronde, il tenore tenuto da Macron nel suo discorso e il contenuto delle misure economiche annunciate, che per usare un eufemismo potremmo definire come altamente espansive rispetto a quelle finora intraprese dall’Italia, indicano un contesto chiaro: un anno di lotte sociali potenti e diversificate in opposizione alle sue politiche di devastazione sociale rappresentano ormai un’invariante che non è possibile ignorare; anche in tempo di crisi sanitaria. Macron ha il fiato sul collo e l’energia espressa dai movimenti sociali ha determinato, almeno in parte, l’atteggiamento degli apparati di potere francesi rispetto alla gestione politica dell’epidemia. è necessario partire da tale considerazione per comprendere ciò che sta avvenendo oltralpe, in generale, e il dibattito interno al movimento, in particolare.
“On est là” (Même si Macron ne veut pas..)
Il 14 marzo era atteso, ma il senso di quello a cui si stava partecipando, diventava d’ufficio incerto. A partire dalla mattina un concentramento autorizzato a Montparnasse partiva in corteo. Contemporaneamente un corteo scendeva in manif sauvage da Place des Fêtes, raccoglieva un giovanissimo presidio di ambientalisti (désobéissance ecolo paris) al parco di Buttes-Chaumont, e si dirigeva spedito verso il centro commerciale di Les Halles presso cui sono state effettuate manifestazioni di disturbo. L’obiettivo non autorizzato, ma promosso nei mesi precedenti, di ritrovarsi sugli Champs Elysées, veniva velocemente abbandonato, per insufficienza di manifestanti, oltre che per il controllo poliziesco invalicabile della zona, come del resto era stato previsto. Tutti i gruppi convergevano verso la manif declarée a direzione Bercy.
Si è così svolta una manifestazione che, come previsto, è stata tutto il tempo “nassata”: circondata da capo a coda, da un lato all’altro, letteralmente scortata, contenuta, con la possibilità di entrarvi ma il divieto di uscirvi una volta entrati. Malgrado il dispositivo repressivo, che rendeva il senso di una certa sproporzione tra manifestanti e forze dell’ordine, i GJ e gli altri manifestanti sono rimasti facendo proseguire la manifestazione. Si sono registrati ripetuti scontri con la polizia, contenuti con lacrimogeni, nonché cariche e rincorse dentro il corteo da parte dei voltigeurs (famigerato corpo di agenti motorizzati e estremamente violenti reintrodotti dopo la Loi Travail) e BAC, in una dinamica, bisogna sottolinearlo, di completa chiusura dell’intero corteo fra cordoni di agenti che ne impedivano l’uscita. Per quanto ha potuto, il corteo ha provato a sfondare il dispositivo poliziesco, pagandone alla fine in termini di feriti e arresti con 79 fermi. A tal proposito la piattaforma Cerveaux non Disponibles ha così commentato: “naturalmente non è stato il 14 marzo che molti aspettavano. Ma la situazione totalmente senza precedenti che stiamo vivendo non può che avere un forte impatto su questo evento. Il fatto che sia avvenuto ancora, e che i presenti siano stati così coraggiosi, non deve essere ignorato. Ancora una volta, grazie ai GJ che, nonostante tutto, hanno creduto in questo giorno, in questo movimento”.
L’epidemia non si vede: il capro espiatorio ?
Una pioggia di critiche ha colpito il corteo che è stato mantenuto e i gruppi che vi hanno partecipato nonostante il divieto di riunirsi per evitare forme di trasmissione del virus. I partecipanti, per lo più originari della provincia, sono stati accusati di diffondere incoscientemente il contagio nella capitale. Una critica che potrebbe essere giusta, ovvia, sensata e ragionevole se forse arrivasse al seguito di una metropoli che si è fermata e ha preso delle misure sanitarie preventive. Nota bene: mentre si svolgeva la manifestazione l’aggravamento delle misure annunciate da Eduard Philippe non era ancora stato diffuso, ed è arrivato solo in serata tarda; al momento della manifestazione le uniche disposizioni impartite riguardavano la chiusura di scuole e università, unito a un generale appello al civismo e alla responsabilità. Nelle medesime ore in cui il corteo dei Gilets Jaunes sfilava nella capitale della République, decine di migliaia di persone continuavano a prendere le stesse metro, continuano ad affollare gli stessi centri commerciali e si sarebbero all’indomani concentrate nelle sedi elettorali per le votazioni. Si parla di spostamenti massivi dentro il centro città, e spostamenti, e dunque potenziali contagi, tra il centro e i 100 km di periferie che la contengono. Dunque è vero, ma altresì esageratamente pretestuoso, puntare il dito contro l’unico rassemblement che con la sua composizione mette a critica da oltre un anno i limiti di questo sistema. A partire proprio dalla questione dello smantellamento dei servizi pubblici di base e dell’accesso alla sanità.
Percepire il limite ecologico: la paura
Il COVID-19 non era prevedibile in quanto tale, ma i limiti ecologici della crescita sono stati certificati da un team di uomini d’affari, non propriamente anti-capitalisti, dagli anni ’70 (“Rapporto sui limiti dello sviluppo” Club di Roma). Sono “attesi” da almeno 50 anni collassi dei sistemi ecologici, e dunque crisi e riorganizzazioni dei sistemi sociali, per la comprovata impossibilità da parte del pianeta di riequilibrare i sistemi ad un ritmo pari al quale vengono perturbati. Le epidemie sono uno degli aspetti nei confronti di cui climatologi, sotto sindrome di Cassandra, provano ad allertarci da decenni.
I supermercati svaligiati sabato sera dopo il discorso di Eduard Philippe, i dubbi che sia “solo un’ influenza”, il senso di solitudine per una quarantena a venire in una città assemblata, o smembrata, a colpi di studio (monolocali parigini), la percezione generalizzata di una metropoli euforica che si sveglia di colpo nei panni di una città fragile sono solo alcuni degli aspetti che vengono a galla da questo inaspettato arresto della vita. Forse le prossime settimane e i mesi a venire ci mostreranno se la crisi in corso sarà ricevuta dalla popolazione come sintomo di un sistema da mettere a critica, o con un sentimento abbandonico di catastrofismo.
I Gilets Jaunes insegnano da un anno e mezzo da quale lato tirare la corda.
(Sull’esplosione di paura in seguito al contagio: Anna Simone: https://studiquestionecriminale.wordpress.com/2020/03/14/covid-19-il-soggetto-imprevisto-rovesci-simbolici-emozioni-vita-quotidiana/?fbclid=IwAR2eyyDgnk1MWL77dfS4qRx7OK0fI2EA5R5dLirYyuBQDuO260IkumSEil8 ).
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