InfoAut
Immagine di copertina per il post

ENI: il massacro in Yemen non ferma il cane a sei zampe.

||||

Negli stessi giorni in cui il Parlamento chiedeva al Governo la proroga della sospensione dell’esportazione di alcuni sistemi d’arma ad Arabia saudita ed Emirati Arabi Uniti per i crimini commessi in Yemen, il colosso energetico ENI – controllato in parte dallo Stato italiano – decideva di espandere la propria presenza in territorio emiratino. A fine dicembre l’azienda italiana ha firmato infatti un contratto per l’acquisizione di una quota del 70% della concessione nel Blocco esplorativo 3, situato nell’offshore nord-occidentale di Abu Dhabi. L’accordo di concessione è stato firmato dal ministro dell’Industria degli Emirati Arabi nonché amministratore delegato dell’Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC) Sultan Ahmed Al Jaber, dall’Ad di ENI Claudio Descalzi e da Phongsthorn Thavisin, general manager della società petrolifera thailandese PTT Exploration and Production Public Company Limited (PTTEP), anch’essa parte del consorzio con una quota di minoranza. 

Il Blocco esplorativo 3 rappresenta l’area più grande assegnata nell’ultimo anno dalla compagnia nazionale petrolifera emiratina e copre una superficie di circa 11.660 chilometri quadrati. La fase esplorativa avrà una durata massima di nove anni, mentre i termini della concessione saranno estesi per 35 anni dall’inizio della fase esplorativa; in caso di esito positivo, per le fasi di sviluppo e produzione l’ADNOC avrà un’opzione per detenere una quota del 60%. La nuova licenza si trova in prossimità di altri grandi giacimenti, tra cui le concessioni offshore dei Blocchi esplorativi 1 e 2 che l’holding italiana ha ottenuto dopo il bando concessione di ADNOC del maggio 2019.

“La concessione è molto importante non solo sotto il profilo economico-commerciale, ma anche per quello che riguarda le relazioni tra Italia ed Emirati”, ha dichiarato l’amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi. “Essa rappresenta un ulteriore importante passo verso la realizzazione della strategia per rendere ENI protagonista nel settore dell’oil and gas ad Abu Dhabi, regione leader nel settore, contribuendo ad aggiungere ulteriori risorse e a sfruttare tutte le potenziali sinergie con i giacimenti circostanti”.

Ampia soddisfazione per l’accordo italo-emiratino è stata espressa dal ministro Sultan Al Jaber. “Questa concessione rafforza ulteriormente la partnership tra ADNOC ed ENI”, ha dichiarato Al Jaber. “Ciò conferma ancora una volta il nostro approccio mirato alle partnership ad alto valore aggiunto che contribuisce alla giusta combinazione di capitale, tecnologia, capacità e accesso al mercato per accelerare lo sviluppo delle risorse di idrocarburi di Abu Dhabi. Nonostante le condizioni di mercato instabili (…) continuiamo ad accogliere i partner che condividono la nostra visione per liberare valore dalle nostre risorse di idrocarburi in modo sostenibile e con reciproco vantaggio, mentre portiamo avanti la nostra strategia verso il 2030”.

ENI opera negli Emirati Arabi Uniti dal marzo 2018 quando firmò un accordo per l’acquisto di due concessioni, la prima con una quota del 5% nel giacimento a petrolio di Lower Zakum a 84 km a nord-ovest di Abu Dhabi, la seconda del 10% nel campo sottomarino a olio, condensati e gas di Umm Shaif e Nasr, a circa 135 chilometri dalla costa di Abu Dhabi e un target di produzione di 460mila barili al giorno. A presenziare alla firma dell’accordo tra l’Ad Claudio Descalzi e l’ente petrolifero emiratino, il principe ereditario di Abu Dhabi Mohamed bin Zayed Al Nahyan e l’allora primo ministro italiano Paolo Gentiloni, a riprova della rilevanza politico-economica riservata dai due governi all’evento. Coincidenza vuole che negli stessi mesi si registrava l’ennesima escalation del conflitto nel vicino Yemen con il sempre più diretto coinvolgimento delle forze armate emiratine.

Per ottenere lo sfruttamento per 40 anni dei giacimenti di Lower Zakum, Umm Shaif e Nasr, l’ENI ha sborsato 875 milioni di dollari reinvestendo i ricavi di una contemporanea triangolazione con Mubadala Petroleum, la società petrolifera del fondo sovrano emiratino Mubadala, la stessa che controlla il complesso militare-industriale nazionale e che ha acquisito in Italia Piaggio Aereo Industries per dotare l’emirato di droni da guerra. ENI ha aveva ceduto al gruppo Mubadala il 10% della concessione offshore di Shorouk in Egitto per il giacimento a gas di Zohr, il più grande del Mediterraneo, incassando 934 milioni di dollari. Il 12 novembre 2018, l’ENI aveva poi ulteriormente rafforzato le relazioni d’affari con la cassaforte finanziaria del regime di Abu Dhabi: il presidente di Mubadala Petroleum, Musabbeh Al Kaabi, e l’amministratore delegato Claudio Descalzi sottoscrivevano infatti un accordo per la cessione da parte di ENI del 20% della concessione del blocco esplorativo a gas di Nour situato nel bacino del Delta del Nilo orientale, a circa 50 km dalla costa egiziana.

Negli Emirati Arabi Uniti il colosso energetico italiano opera inoltre nella concessione di Ghasha, la maggiore area estrattiva offshore di gas e per la quale l’ENI sta negoziando con l’Abu Dhabi National Oil Company l’acquisizione di una quota dell 25%. La concessione di Ghasha è stata ottenuta nel novembre 2018 e ha una durata anch’essa di 40 anni; consiste nei giacimenti di Hail, Ghasha, Dalma e in altri campi offshore situati nella regione di Al Dhafra da cui si prevede di estrarre più di 1,5 miliardi di piedi cubi di gas e 120.000 barili al giorno di olio e condensati. Sempre in ambito esplorativo/estrattivo, l’ENI opera nel giacimento petrolifero offshore di Ras Al Khaimah in un’area di 2.412 km2 ottenuta in concessione dall’omonimo emirato nell’aprile 2019 e in quello onshore (gas e condensati) di Mahani, grazie alla costituzione nel gennaio 2020 di una joint venture paritaria con la società petrolifera di Stato SNOC dell’Emirato di Sharjah.

L’holding italiana detiene inoltre una quota del 25% di ADNOC Refining, società di raffinazione della compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi, titolare delle raffinerie situate a Ruwais ed Abu Dhabi, con una capacità produttiva di oltre 922 mila barili al giorno di greggio. Il complesso di Ruwais, in particolare, è il quarto al mondo come dimensione ed è oggetto di ulteriore espansione e integrazione al fine di sviluppare il più grande sito di raffinazione e petrolchimica a livello mondiale. Per l’operazione di acquisizione di un quarto di questi impianti, l’ENI ha sborsato 3,24 miliardi di dollari circa con l’accordo firmato il 27 gennaio 2019 alla presenza dello Sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan, Principe della Corona di Abu Dhabi e Vicecomandante Supremo delle forze armate degli Emirati Arabi, e il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte. Con ADNOC e la società austriaca OMV, l’azienda italiana ha poi costituito una nuova joint venture per la commercializzazione dei prodotti petroliferi raffinati.

Meno di un anno fa il ministro e amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Company, Sultan Ahmed Al Jaber, e l’Ad di ENI Claudio Descalzi hanno anche firmato un memorandum d’intesa per lo sviluppo congiunto di iniziative di ricerca “mirate alla realizzazione di soluzioni tecnologiche avanzate per la riduzione, cattura, utilizzo o confinamento in giacimenti delle emissioni di CO2”.

La santa alleanza Italia-Emirati fatta sino ad oggi di armi, gas e petrolio potrà così tingersi di green e divenire, forse, più sostenibile…

(Articolo di Antonio Mazzeo pubblicato in Africa ExPress il 3 gennaio 2021)

Da: https://radioblackout.org/

 

Ne abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, insegnante, antimilitarista, blogger

Ascolta la diretta: https://radioblackout.org/2021/01/eni-il-massacro-in-yemen-non-ferma-il-cane-a-sei-zampe/

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

enioffshoreyemen

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Zoo umani, esposizione di teschi, la frusta: capire la rivolta dei Kanak

In Palestina, come in Nuova Caledonia e in altri conflitti coloniali, quando i colonizzati si ribellano, i colonizzatori cancellano la storia e cercano di far dimenticare i loro crimini.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il famoso storico Pappé fermato e interrogato dall’FBI negli USA

L’Impero egemone in caduta libera, insieme allo stato paria e genocida israeliano ormai sono impazziti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Broadcast 4 Palestine.

Speciale Info in diretta da Palazzo Nuovo occupato.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

76 anni di Nakba: una Storia di colonialismo di insediamento

Sono passati 76 anni dalla Nakba, il disastro della nascita di Israele, il 15 maggio 1948, sul territorio dei nativi palestinesi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: la polizia ha effettuato varie perquisizioni ai locali e alle mense delle organizzazioni sociali

Lunedì mattina, agenti della Polizia Federale hanno perquisito i locali e le mense popolari del Polo Obrero, si sono recati anche nel domicilio di uno dei dirigenti del FOL e hanno effettuato una perquisizione del locale di questa organizzazione nel quartiere di Congreso.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Rafah: le trattative tra Israele e Hamas e il sostegno (apparentemente) in bilico degli Stati Uniti.

Un approfondimento con Eliana Riva, caporedattrice di Pagine Esteri, sullo stato delle trattative in corso al momento al Cairo tra la resistenza palestinese e Israele..

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Intifada studentesca: le rivendicazioni.

Di seguito pubblichiamo alcuni contributi che provengono delle occupazioni studentesche avvenute ieri a Torino e Pisa e aggiornamenti dalle altre università italiane occupate.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il Salone del Libro viene bloccato per la sua complicità al sionismo: la vittoria della mobilitazione per la Palestina!

Sabato pomeriggio, con il coordinamento Torino per Gaza ci siamo dati appuntamento a ridosso della metro Lingotto per raggiungere il Salone del Libro.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Salone del Libro: come è fatta la vera censura

Riprendiamo il comunicato del Coordinamento cittadino Torino per Gaza su quanto accaduto ieri al Salone del Libro.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: provocazione della celere in piazza Scaravilli, ma le tende per Gaza resistono e si moltiplicano

L’”acampada” per la Palestina allestita in Piazza Scaravilli a Bologna, nell’ambito della cosiddetta “intifada degli studenti”, è stata attaccata dalla celere nella serata di venerdì 10 maggio, al termine di un corteo dimostrativo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libia: scioperi e blocchi negli impianti di gas che riforniscono l’Eni

Il 20 Febbraio 2024 i membri del gruppo libico Petroleum Facilities Guard (PFG) hanno bloccato i flussi di gas in un complesso facente capo alla “Mellitah Oil & Gas” nella città di Al-Zawiya.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’Italia al comando della nuova missione militare europea ASPIDES per proteggere Israele e il commercio di fonti fossili

E’ sempre più Risiko nell’immensa area marittima compresa tra Bab el-Mandeb, Hormuz, Mar Rosso, golfo di Aden, mar Arabico, golfo di Oman e golfo Persico

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gli Houti potrebbero, e vorrebbero, tagliare i cavi internet sottomarini del Mar Rosso?

Circolano voci secondo cui i cavi sottomarini nel Mar Rosso potrebbero essere presi di mira dagli Houthi come mossa di escalation.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il popolo ribelle che abita lo Yemen

Continuare a considerare quegli yemeniti, una minoranza che ha comunque una storia che risale all’VIII secolo, un “gruppo di fanatici ribelli” dal nome buffo sarebbe un imperdonabile errore, oltre che l’ennessima dimostrazione di una presunta arroganza eurocentrica che ha già fatto ridere (e piangere) abbastanza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Logistica di guerra: l’idea di difesa degli USA

I bombardamenti guidati da USA e Gran Bretagna in Yemen contro gli Huthi vengono spacciati dalla Nato come “difensivi”. Ma cosa difendono e per chi?

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

USA e Gran Bretagna attaccano lo Yemen. Navi, sottomarini e aerei colpiscono la capitale e le città portuali

Le forze Houthi hanno fatto sapere che i bombardamenti di Stati Uniti e Gran Bretagna hanno ucciso 5 persone e ferito altre 6. I raid sono stati 73 e hanno colpito 5 regioni dello Yemen controllate dagli Houthi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Logistica di guerra: dopo gli Houti nel Mar Rosso anche la Malesia blocca le navi israeliane

Il primo ministro malese Anwar Ibrahim ha dichiarato che il paese ha deciso di non accettare più navi battenti bandiera israeliana per attraccare nel paese. La dichiarazione afferma che Israele sta commettendo “massacri e brutalità” contro i palestinesi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Yemen: navi cargo attaccate dagli Houthi nel Mar Rosso. Navi della marina militare degli Stati Uniti convergono in zona

Sono ormai numerose le imbarcazioni commerciali in navigazione nel Mar Rosso, che vengono colpite da droni e missili lanciati dallo Yemen dai ribelli Houthi che avevano annunciato di fermare i mercantili diretti in Israele se non cessano i bombardamenti su Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Nuovo golpe militare in Africa: è la volta del Gabon. Gli affari di ENI & C.

Colpo di Stato militare in Gabon – Un gruppo di ufficiali annuncia di aver preso il potere – Deposto il presidente Ali Bongo.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Crisi climatica: ENI fa causa a ReCommon e Greenpeace per la campagna “La giusta causa”

Il colosso energetico (soprattutto fossile) Eni chiede…i danni a due realtà che da anni si battono contro il drammaticamento cambiamento climatico in corso.