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La notte dei fuochi

3 gennaio 1978

Nella notte del 3 gennaio 1978 a Padova furono compiuti 11 attentati contro sezioni della DC e caserme dei carabinieri.

Questa serie di azioni furono rivendicate da parte “dell’Organizzazione Operaia per il Comunismo”. Questo evento non fu un’occasione singolare senza alcuna valenza politica e privo di alcuno radicamento, ma bensì fu parte di una pratica diffusa e articolata, con una forte caratteristica politica.

Le “notti dei fuochi”, così vennero denominate queste azioni multiple, massive, proiettate verso le controparti politiche dislocate diffusamente, furono una pratica di “controllo del territorio”. Una dimostrazione simbolica del potere di fuoco delle masse e una messa in campo reale del contropotere verso le istituzioni politiche, poliziesche, industriali e istituzionali.

Il grande carattere di questa pratica e della sua attuazione fu la profonda analisi che la sostenne. Alla radice di questo modus operandi stavano due critiche ad applicazioni di interpretazioni obsolete ed arretrate del marxismo, critiche entrambe portate ai partiti combattenti.

Da un lato infatti si notava come con l’innovazione del capitalismo, le sedi del potere dominante non erano più concentrate in un unico luogo fisico, né erano più identificabili in un’unica struttura omogenea, ma iniziavano a divenire diffuse nel territorio, legate con lo stesso e molto poco omogenee.

In sostanza con questa diffusione di controllo e disciplinamento e contemporaneamente di lavoro e mansioni la soggettività rivoluzionaria non poteva più dirigere il proprio attacco verso un ipotetico palazzo d’inverno, alla cui conquista sarebbe succeduta la messa in pratica della rivoluzione, ma doveva portare un attacco diffuso e radicato, produttore di un contropotere immediato sul territorio e di un’autogestione di esso.

Dall’altro i partiti combattenti muovevano le proprie azioni in clandestinità, senza una reale massificazione e in modo separato dal movimento e dal, ritornandoci, territorio. Invece questa pratica si correlava ed era interamente immersa nel movimento, era massiva e materialmente non andava a colpire il singolo individuo o la singola figura, ma l’intero meccanismo di controllo, le sue sedi ed i luoghi della produzione.

Furono moltissime le “notti dei fuochi” che si susseguirono negli anni ’70, tra queste ne ricordiamo alcune seguenti a quella su descritta come il 31 gennaio 1978 giornata in cui il sostituto procuratore di Padova Pietro Calogero chiede il rinvio a giudizio di 35 militanti di Autonomia Operaia, il 13 aprile 1978, il 12 luglio 1978, il 18 dicembre, l’8 aprile 1979 a seguito della famosa retata basata sul teorema Calogero atto a reprimere l’area autonoma che portò agli arresti di decine di militanti, in quella sera furono attaccate una ventina di caserme dei Carabinieri, il 30 aprile 1979 e il 3 dicembre dello stesso anno.

La capacità di contropotere espressa nelle notti dei fuochi fu enorme e dimostrò una moderna e potente alternativa rivoluzionaria al vecchio e logoro partito combattente contemporaneamente ad un antagonismo reale, diffuso e radicato.

 

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